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Mondiali, la Colombia sogna l’impresa a 20 anni dall’omicidio del capitano Escobar (VIDEO)

Un’autorete del difensore costò l’eliminazione da Usa 1994: fu ucciso al rientro in patria.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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La Colombia prova a voltare pagina: vent'anni dopo la tragica fine del suo capitano Andrés Escobar, i cafeteros sognano di eliminare il Brasile e volare in semifinale, per scrivere quella Storia che, a suo tempo, sperava di scrivere proprio Escobar, prima che la lunga mano della criminalità colombiano lo uccise a colpi di pistola, al rientro dal Mondiale di Usa 1994. Era, per quei tempi, una nazionale su cui speravano in molti: una rosa giovane e forte, che si credeva potesse arrivare lontano. Il Mondiale per la prima volta non si giocava in Europa o Sudamerica: si giocava negli Stati Uniti, che all'epoca masticavano ancora poco calcio. Grandi squadre, in quel Mondiale, non ce n'erano: c'era la Germania campione in carica, l'Argentina dell'ultimo Maradona, l'Italia che si era spenta quattro anni prima nella notte dei rigori di Napoli. Poi il nulla: e i colombiani ci credevano sul serio, in quella nazionale.

Del resto, i nomi erano importanti: Carlos Valderrama a centrocampo coadiuvato da Freddy Rincon, in attacco Faustino Asprilla ed Adolfo Valencia. Insomma, una signora squadra, allenata da Francisco Maturana, uno dei più grandi mister che abbia mai prodotto il calcio sudamericano. Ma non bastò: tante le pressione nel paese, la squadra arrivò coi nervi tesi. Herrera arrivò al mondiale "fresco" dell'omicidio del fratello, il portiere Higuita saltò il mondiale perché arrestato: aveva fatto da mediatore in un sequestro di persona; la squadra veniva minacciata giorno e notte, ci fu un blitz perfino in ritiro dopo la prima sconfitta contro la Romania. In questo clima surreale, la Colombia si giocava la qualificazione contro i padroni di casa degli Stati Uniti, ma venne condannata da uno sfortunato autogol del capitano Andrés Escobar. E fu la fine.

Al rientro in patria, erano  i primi di luglio, l'atmosfera era tesissima. La notte tra il 2 ed il 3 luglio 1994, Escobar usciva da una discoteca. Gli si avvicinò un uomo, che gli gridò: "Grazie per l'autogol", e gli svuotò addosso un caricatore. Nessuna speranza: il capitano della Colombia morì quella notte, ed il paese, già nel caos, ripiombò nelle sue paure più profonde. Humberto Muñoz Castro, l'uomo che gli sparò, fu arrestato tempo dopo: fu condannato a 43 anni di carcere, ma nel 2005, dopo averne scontati appena undici, è stato scarcerato. Vent'anni dopo, c'è di nuovo una Colombia che fa sognare: il paese è uscito dal clima da guerra civile di inizio Anni Novanta, e vive un sogno. Quello di battere il Brasile e volare in semifinale. Magari dedicandola al suo ex-capitano, Andrés Escobar.

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