Milan: l’ira di Berlusconi su squadra e tecnico, Inzaghi non rischia
Male, molto male. Forse uno dei punti più bassi della gestione Silvio Berlusconi. Il Milan esce a pezzi dai novanta minuti contro l'Atalanta, dopo aver dato l'ennesima dimostrazione di impotenza, confusione tattica e precaria condizione fisica. La squadra non ha un'idea di gioco, non corre, non lotta e non segna: peggio di così, il tifoso milanista non aveva mai visto. Come si conviene, sulla graticola c'è in primis l'allenatore. Filippo Inzaghi pare aver esaurito l'effetto benefico del suo arrivo. Il suo "mantra" (entusiasmo e attaccamento alla maglia) si è sciolto al sole come neve. E' durato fino a quando Honda e Menez hanno fatto i fenomeni, poi è subentrata la confusione generale che, inevitabilmente, ha coinvolto una squadra che già pecca di carattere e personalità. "Non sono mai stato tranquillo", ha dichiarato Inzaghi nel post gara di ieri. E fa bene l'allenatore milanista, anche perché l'ira di Berlusconi e Galliani sta cominciando ad arrivare a livelli di guardia. L'ad ha avuto un colloquio lungo con squadra e allenatore a Milanello, ribadendo che Inzaghi non rischia. Il cammino a San Siro (12 punti in 13 gare) è da retrocessione, i punti in più rispetto al ripudiato passato sono solo 4, il terzo posto è un miraggio. Il primo "shampoo" alla squadra, che per punizione si ritroverà a Milanello saltando il giorno di riposo, è arrivato nella giornata odierna quando l'ad rossonero ha tenuto a rapporto staff e giocatori. Le prossime due con la Lazio (campionato e Coppa Italia) potrebbero essere decisive per il futuro del progetto di "Super Pippo".
Il numero uno del Milan è andato giù pesante di fronte ll'ennesimo scivolone che sta compromettendo tutto: "Mi sento più scontento che arrabbiato, – ha spiegato il presidente Berlusconi – Capisco che non siano più i tempi in cui si vinceva a Barcellona, ma è inaccettabile perdere contro squadre con calciatori che guadagnano 5 volte meno dei nostri"
Le colpe di tecnico e dei giocatori – L'esame di coscienza tirato in ballo da tutto il Milan, dovrà principalmente cominciare dal manico: cioè, dall'allenatore. Inzaghi sembra in confusione. Sposta e cambia giocatori e moduli troppo frequentemente, insiste su uomini fuori forma e con poco qualità, pare mal consigliato (Tassotti? Maldera?). La squadra che doveva inizialmente aggredire l'avversario e imporre il proprio gioco, si è pian piano adagiata su un "modus operandi" tipico di chi deve salvarsi (mi metto dietro, difendo e riparto in contropiede). A Torino, ad esempio, il terzo attaccante (Niang) fu invitato a seguire il difensore avversario preoccupandosi più della fase difensiva che di quella offensiva, con il risultato di schiacciare verso il basso la squadra. Anche contro l'Atalanta, l'undici milanista è sembrato impaurito e nervoso, vulnerabile ad ogni ripartenza dell'avversario. Colpa del tecnico ma colpa, evidentemente, anche dei giocatori. In troppi stanno deludendo: i giovani che dovrebbero essere il futuro del Milan, quelli più esperti e quelli che non ne hanno più e che, ovviamente, faticano a garantire un certo sostegno alla squadra.
Senza soldi e senza idee – Che la società rossonera sia ormai relegata a fare un mercato da provinciale, lo sanno anche i sassi. Detto questo, però, gli errori in fase di campagna acquisti continuano a penalizzare il lavoro di Pippo Inzaghi. Passi per il colpo Cerci, arrivato dopo il pacco Torres, e per gli unici acquisti sensati e azzeccati (Diego Lopez e Bonaventura), ma ora la situazione è arrivata a livelli di guardia. Servirebbero un forte difensore centrale, un laterale che spinga e crossa, un centrocampista di qualità in grado di inventare gioco e una prima punta che faccia gol: in pratica serve la colonna vertebrale della squadra. Servirebbero tutti e quattro, non solo due di questi. Torres (e insieme a lui Pazzini) ha pagato la mancanza di rifornimenti dalle fasce e delle idee in mezzo al campo (vedi alla voce lancio in profondità, stile Pirlo), la difesa incassa gol (da calci piazzati e da palla in movimento) perché dopo l'addio di Thiago Silva è stato un pianto continuo. Per non parlare, poi, della partenza di Ibrahimovic. Allegri ha pagato tutto questo dopo la cessione degli ultimi due veri fenomeni che il Diavolo ha avuto, Seedorf per la sua voglia di rottamare tutto, ricostruire e cercare giocatori più funzionali ad un altro gioco, Inzaghi per aver avallato la linea guida del club e puntato su giocatori non da Milan. Le colpe sono evidenti e Berlusconi fa bene ad infuriarsi. Ma proprio perché sono di tutti, farebbe bene lui per primo a farsi un esame di coscienza perché gli ultimi disastrosi anni, pieni di cocenti delusioni e con protagonisti impresentabili (che a San Siro non dovrebbero neanche entrare), stanno rovinando anni e anni di trionfi incredibili in Italia, in Europa e nel mondo.