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Milan-Inter: tutte le chiavi tattiche del derby

Pioli debutta e ricostruisce l’Inter. Cerca un calcio razionale: ci sarà spazio per Banega regista? Montella dall’inizio non ha mai cambiato il Milan: 4-3-3 verticale con Bonaventura e Niang determinanti.
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La costanza e l'innovazione, la forma e la sostanza. La quotidiana guerra con la razionalità. Il derby di Milano diventa l'occasione di un bilancio e di un nuovo inizio. L'esame di maturità di un Milan che Montella, parola di Bonaventura, ha tolto dal caos. È la prima dell'Inter di Pioli, che chiede “cuore caldo e mente fredda”.

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I principi di Montella – Al Milan, Montella ha rinunciato alla ricerca estrema del possesso palla, tratto distintivo e vulnus della sua Fiorentina. Ha disegnato una squadra dalle idee chiare, dalla fisionomia stabile. Dal punto di vista difensivo, il Diavolo è nono per tiri concessi (14,6, appena meno di Udinese e Torino), la dodicesima per tackle (16,8), l’ultima per palle intercettate (11) e la decima per fuorigioco conquistati. Più interessanti i dati che fanno riferimento alla fase offensiva. I rossoneri sono ottavi per tiri (13,2), tredicesimo per dribbling (8,7) e undicesimo per falli subiti (13.5). Non insiste troppo nella ricerca del controllo del pallone, e il 49,9% di possesso palla (l'undicesimo in serie A), con l'81,7% di precisione nei passaggi, lo dimostra. È il segno di un calcio meno orizzontale, meno fraseggiato, ma diretto, veloce, verticale.

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La visione di Pioli – Pioli invece eredita un Inter che con De Boer non ha praticamente mai saputo fare della sincronia dei movimenti e dell’apertura di spazi un punto di forza da poter sfruttare per gli inserimenti. La presa di posizione del suo agente, la difesa di un progetto di cambiamento a lungo termine ostacolato, dice, da un'atmosfera negativa e dalla volontà contraria di qualche giocatore, non può mascherare le contraddizioni di una squadra terza per tiri effettuati e terzultima per tiri concessi. Numeri che, se messi in relazione con i risultati sul campo, raccontano da soli gli squilibri di una formazione troppo spesso incapace di trasformare la teoria in pratica.

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Calcio razionale – Il nuovo tecnico si è sempre posto l'obiettivo di tracciare un sistema di gioco che, al di là dei numeri e dei moduli, non perdesse i tre capisaldi già espressi nella sua tesi per il Master a Coverciano ormai dodici anni fa. Un sistema di gioco, scriveva, deve essere “equilibrato: che tenga in considerazione allo stesso modo e allo stesso tempo le due fasi in qualsiasi momento di gioco. Elastico: che si possa facilmente adattare a qualsiasi avversario mantenendo sempre gli equilibri. Razionale: che si adatti alle caratteristiche dei calciatori a disposizione”.

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Montella, caos calmo – Un po' quello che ha cercato di fare Montella, che non ha tradito né la storia recente rossonera, il cambio di passo già avviato da Mihajlovic, né la sua ricerca di un calcio offensivo. Ne ha solo modificato le forme, non ha mai rinunciato a un 4-3-3 bilanciato in fase di possesso che diventa 4-5-1 in copertura. Gli è bastato il rientro dei prestiti di Suso e Paletta per impostare nuove certezze e una lucidità tattica mancata un po' nella storia recente rossonera.

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Flessibilità – Paletta ha dato sicurezza alla linea arretrata, ha dato più tranquillità anche a Romagnoli, cui è sempre demandata la prima uscita del pallone, la costruzione bassa dell'azione, che passa anche per la flessibilità, la versatilità di De Sciglio. Come l'anno scorso, è il terzino del Milan che intercetta più palloni ma completa meno contrasti. Sa come andare in appoggio sul lato debole, ma soffre ancora un po' a coprire l'uomo che si inserisce alle sue spalle: una relativa pecca considerato il baricentro medio basso dei rossoneri.

Jolly Locatelli – A centrocampo, poi, dopo l'infortunio di Montolivo, Montella ha pescato un jolly prezioso in Locatelli, presto trasformato nell'epifania di un intero progetto non solo tattico. L'aiuto di De Sciglio che attiva un possibile triangolo sulla catena laterale aiuta il Milan a moltiplicare le linee di passaggio e sviluppare la verticalità della manovra. Locatelli, che pure col gran gol alla Juventus ha dimostrato di avere qualità tecniche notevoli e un maturo senso dell'inserimento senza palla, può prendersi anche il tempo di pensare e di sbagliare qualcosa. Le configurazioni teoriche, infatti, i moduli tracciati sulla carta, spesso vengono stravolti ed è spesso Bonaventura l'uomo incaricato di andare a ricevere il pallone da Romagnoli, di agire da regista basso e permettere anche a Locatelli di riceverlo più alto e con meno pressioni.

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Quale regista per Pioli – Un ruolo, quello del regista basso, su cui Pioli ha costruito le sue fortune tanto a Bologna con Diego Perez quanto alla Lazio con Biglia, giocatore dalla visione di gioco decisamente sopra la media. Al momento di ufficializzare la scelta di Pioli, il profilo che più sembrava attagliarsi alle necessità del ruolo sembrava quello di Banega. Ma il Tanguito pare adesso candidato più che altro ad essere l'escluso di lusso nel derby di domani.

La stagione di Banega – La qualità che può aggiungere alla manovra, forte dei 64 palloni toccati di media con l'84,6% di accuratezza nei passaggi e dei 31 passaggi chiave, si scontra anche con i 6.5 passaggi corti sbagliati a partita. In più, essendo rientrato tardi dall'Argentina dopo la sosta per la nazionale con tanto di polemiche segnate da un Messi nuovo lider maximo dello spogliatoio nella fronda contro i giornalisti, Pioli non ha nemmeno potuto provarlo abbastanza in questa posizione così delicata.

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Le alternative in mezzo – Il rebus, in effetti, rimane cruciale e non eludibile. Banega porta dalla sua pensiero veloce e volontà di precisione, anche se va ancora in difficoltà quando viene pressato fra le linee. Nemmeno Joao Mario, però, ha tutte le caratteristiche per interpretare un ruolo che richiede completezza tattica in entrambe le fasi. Al portoghese, solo 12 palloni intercettati finora in stagione, manca un po' l'illuminazione, la scelta giusta in relazione alla situazione di gioco e l'intuizione per essere nel posto giusto sulla linea di passaggio.

Con Brozovic in forma, ma senza il passo per essere l'uomo da cui passano tutti i palloni, e Kondogbia al lavoro già lunedì, comunque, Pioli potrebbe comunque decidere di affidarsi al Tanguito per la visione di gioco e la ricerca dell'ampiezza, magari con l'arretramento di Medel sulla linea difensiva in appoggio a Murillo cui in quel caso affidare l'uscita del pallone dalla difesa.

Come attacca il Milan – L'ambizione di lungo periodo, tanto per Montella quanto per Pioli, è in fondo la stessa: trovare la via per esaltare le caratteristiche dei singoli senza abiurare dalla propria visione di insieme. Nel Milan, Montella si trova con una squadra multiforme, che isola il centro e si appoggia su Abate a destra nell'uscita bassa ma una volta superato il centrocampo si affida in prevalenza al cambio di gioco, ai tagli di Niang a sinistra (38% di azioni da quel lato, 34% da destra) rispetto a Suso che tende ad accentrarsi un po' di più.

Come si può adattare Icardi – Nel calcio verticale di entrambi, nella ricerca del movimento senza palla che deve anticipare il passaggio, Pioli privilegia gli esterni che sappiano tagliar dentro e favorire l'inserimento delle mezze-ali (vedi Parolo o lo stesso Mauri alla Lazio). Ma la sua idea di calcio, strutturata finora intorno ad attaccanti votati anche al contributo alla manovra, si deve adattare a un centravanti come Icardi da 3.6 tiri a partita (quasi due in meno rispetto, per esempio, a Dzeko) che sì lavora tanto per la squadra ma non può nemmeno permettersi troppo, come Acquafresca ai tempi del Bologna e Klose o Djordjevic alla Lazio, di aumentare le situazioni in cui viene a prendersi palla a scapito della qualità realizzativa.

Bacca sì, Bacca no – Un mistero senza fine bello (forse) ce l'ha anche Montella. Perchè il suo Milan produce più gioco quando il miglior attaccante, Bacca, non c'è. Il colombiano ha segnato sei gol con una media di soli 1.7 tiri e meno di 12 passaggi a partita. È un finalizzatore classico, un accentratore, che non si adatta allo scenario, ma richiede sia lo scenario a cambiare per lui.

Milan-Inter è anche questo, un confronto di bomber e di caratteri, di personalità e di stili. Tra la costanza e l'innovazione, la forma e la sostanza.

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