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Milan, Berlusconi: “Me ne andrò solo dopo che avrò vinto ancora”

Il patron rossonero si racconta in My Way, libro-biografia: “Quando me ne sarò andato, ho chiesto ai miei figli di vendere tutto tranne il Milan e la casa di Arcore”
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Il Milan è in crisi, ma per ora salvo nuovi avvicendamenti tecnici al timone della società resterà ancora Silvio Berlusconi. A confermarlo lo stesso numero uno rossonero in "My Way", un libro-biografia scritto da Alan Friedman. "Me ne andrò solo quando avrò vinto un'altra volta", si legge nel terzo capitolo del libro che uscirà domani edito da Rizzoli e di cui la Gazzetta dello Sport ha offerto un'ampia sintesi in anteprima: Silvio Berlusconi parla anche del suo rapporto con i tecnici rossoneri nel corso degli anni.

"Mai dettata una formazione, piuttosto ne ho suggerite molto spesso", ha spiegato il patron rossonero, "parlo sempre con i miei allenatori, della formazione e dei calciatori prima di ogni gara. Ma anche se a volte non sono d'accordo, vince sempre li. Mai abusato della mia posizione né di essere superiore al tecnico", ha aggiunto, "dopotutto è lui il responsabile dei risultati. Sacchi era molto deciso ed era difficile fargli cambiare idea: decidemmo insieme la campagna acquisti e riuscimmo a impostare un Milan molto offensivo e molto aggressivo".

Oltre a Sacchi, l'uomo dei record, nella storia rossonera c'è spazio anche per Fabio Capello, altro tecnico vincente. "Lo avevo conosciuto da calciatore, e pensai che sarebbe stato un buon dirigente", racconta ancora Berlusconi, "frequentò un corso per manager d'azienda, divenne dirigente sportivo di altre squadre del nostro gruppo, e quando ci fu bisogno di un nuovo allenatore al Milan, pensai a lui. Tutta la stampa era contro", spiega Berlusconi, "dicevano che il vero allenatore ero io e che Capello era solo un maggiordomo. Ma non fu così, e lui lo dimostro vincendo da subito". Insomma, l'ora di lasciare il Milan non sembra davvero essere arrivata per Berlusconi. Che lo ha specificato ulteriormente: "Ho detto ai miei figli che quando me ne sarò andato, se credono, potranno vendere tutto tranne due cose: la maggioranza del Milan e la casa di Arcore".

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