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Messi o Cristiano Ronaldo: chi è più forte e chi vincerà la Champions?

Messi ha impiegato meno a raggiungere i 100 gol in Champions. Ronaldo ha segnato il doppio delle reti in finale. E ha illuminato lo Juventus Stadium con una rovesciata già entrata nella leggenda del calcio. Le due icone raccontano spirito e stile di Barcellona e Real, da sempre divise sulla via della grandezza.
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Due destini, due icone, due stili. Cristiano Ronaldo e Messi raccontano più del loro essere campioni. Il duello che accende la Champions League è la sfida fra visioni contrapposte, alternative. Più corale il Barcellona della Pulga, leader silenzioso quanto illuminante di una squadra che si racconta come epigono di libertà. E la libertà, Gaber insegna, è partecipazione. Più fedele all'effetto superstar il Real "galactico" che si specchia nel suo interprete migliore, CR7, il campione brand che riluce nell'ossessione asfissiante della perfezione.

I numeri, CR7 più decisivo nelle finali

Messi ha impiegato 21 partite in meno di Cristiano Ronaldo per tagliare il traguardo dei 100 gol in Champions League. Ronaldo ha segnato per dieci partite di fila, mai nessuno era riuscito a mantenere una striscia così lunga. CR7, primo ad andare a segno in tutte le partite del girone, ha firmato 35 marcature multiple e sette triplette. CR7 ha segnato diciassette gol in più nella fase a gironi di Champions, 57 a 40 ma quattro in meno negli ottavi. Col progredire del torneo, però, nessuno sa essere decisivo, anche solo con un tocco, come il campione portoghese venuto da un altro pianeta, come hanno titolato i giornali di mezza Europa, L'Equipe compresa, per celebrare la rovesciata dello Juventus Stadium e idealmente proseguire la standing ovation dei tifosi bianconeri.

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Ronaldo si eleva con 22 reti a 10 nei quarti, e 13 contro quattro in semifinale. Si erge come il primo ad aver messo il sigillo in tre finali di Champions, un gol nel 2008 e nel 2014, due l'anno scorso, sulle cinque giocate, due in meno di Di Stéfano e tre in meno rispetto a Francisco Gento e Paolo Maldini. Messi, che nella sua edizione migliore ha chiuso con 14 reti in 11 partite, ha griffato solo due gol in finale (2009 e 2011). Ma quando trova la porta, il Barcellona si scioglie nell'audacia della libertà. Solo tre volte, infatti, i blaugrana hanno perso in Champions in un match che vede Messi fra i marcatori.

Ma non c'è solo questo, il calcio nel gol si sublima ma non si esaurisce. Il duello li vede anche in testa alle classifiche di rendimento per assist: 39 quelli distribuiti da CR7, 14 dei quali nelle gare a eliminazione diretta, 34 quelli offerti da Messi, 12 nei match che contano di più.

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Messi più associativo

Barcellona e Real Madrid, rivela un'interessante analisi del blog Soccerment, toccano più palloni di tutte le formazioni della Liga nella trequarti avversaria. Un elemento chiave che certifica il possesso orientato e cancella ogni residuo di tiqui-taca, se mai è davvero esistito. Lo spirito dei tempi, la Welthanschauung della manovra, però, rivela opposte direzioni, identità fluide e variabili, geometrie complesse come solo l'imperativo di giocare un calcio semplice può concepire.

Alla quattordicesima stagione blaugrana, Messi ha completato la sua ultima rivoluzione, che in fondo non è altro che un rivolgimento, il movimento di un corpo intorno a un altro. Messi, corpo e sole che splende per il Barcellona soltanto, come un diamante che permea e incarna il racconto della squadra come "più di un club", è ancora e sempre "riferimento – iniziale e finale – della fase offensiva", come scrive Alfonso Fasano su Undici. In costruzione, "il pallone passa attraverso i suoi piedi e poi viene lavorato in base alle possibilità offerte dalla difesa avversaria, dai movimenti dei compagni; negli attimi conclusivi della manovra, Messi si sposta affinché i giocatori del Barcellona possano sentirlo, trovarlo, passargli il pallone".

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Il 4-3-1-2 fluido, flessibile, mutevole e sfuggente induce negli avversari la rassegnazione di fronte all'imperfezione della conoscenza di Heisenberg di fronte al moto delle particelle subatomiche. Un moto continuo e armonico, quello blaugrana, con una sola costante. "Siamo felici di costruire il nostro gioco intorno a Messi" diceva il tecnico Ernesto Valverde lo scorso novembre. "E quando un giocatore è così forte" commentava Sid Lowe nella sua rubrica sul Guardian, "è difficile controbattere, per quanto si possano correre rischi da eccesso di dipendenza".

Messi ha offerto 62 passaggi chiave. per mandare un compagno al tiro, e 12 assist, primato assoluto nella Liga. Ma ha intorno due giocatori che completano più passaggi di lui in campionato, due simboli della struttura rinforzata che Valverde ha costruito per esaltare la Pulga.

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Rakitic e Busquets, gli influencer blaugrana

Oltre a Iniesta, pennellatore di gioco nel breve e ancor più determinante nel ribaltamento dell'azione con la palla lunga, un aspetto nel quale rimane tra i più precisi d'Europa, Busquets e Rakitic hanno cambiato la fisionomia di questo Barcellona. Partecipano, sottolinea ancora Soccerment, a un terzo delle azioni che portano a un "expected goal", un gol atteso della squadra. Rappresentano il cervello dinamico, la regia orientata di una squadra che ha sempre fatto della lettura degli spazi un punto decisivo, nel rispetto del primo comandamento di Cruijff, senza il quale nulla di quanto ha determinato il successo del modello blaugrana dagli anni '90 sarebbe mai accaduto. "Finché la palla ce l'abbiamo noi, non ci possono segnare".

Rappresentano il miglior esempio della sua visione della tecnica, che si riassume nella capacità di "passare la palla con un tocco, alla giusta velocità, sul piede destro del compagno". Senza di loro, la costruzione mobile non potrebbe funzionare. Non possono brillare senza Messi, Messi non potrebbe brillare senza loro a girargli intorno. Senza di loro, il sogno Champions sarebbe solo un'utopia prima delle basi di realtà su cui potersi innestare.

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Cristiano Ronaldo il marziano

Ronaldo,  l'unico giocatore della storia ad aver segnato almeno dieci gol in sette edizioni consecutive della Champions League, si racconta nell'iconica posa dopo ogni gol, compresi i 39 di questa stagione in tutte le competizioni. Yo soi aqui, ripete ogni volta, sempre uguale e sempre diverso, sempre più influente e indispensabile al passar degli anni. E' ancora qui, a timbrare una distanza, a illuminare con una superiorità trabordante e la visione che gli permette di cambiare posizione per mantenere l'obiettivo di una vita: essere il numero 1, essere perfetto.

Il passaggio dalla BBC, il tridente con Bale e Benzema, all'ultima incarnazione del Zizou-pensiero fa di Cristiano Ronaldo un centravanti essenziale. Ha ridotto i ricami, gli svolazzi, come già gli consigliò Sir Alex Ferguson che lo rese determinante con una maglia pesante come la "7" dei Red Devils. Ha costruito su una dedizione ossessiva al culto di se stesso quell'etica del lavoro che stupiva Carlo Ancelotti e si traduce fuori dal campo nella megalomania del museo personale o delle statue. Ma la tensione a ridurre il superfluo per arrivare all'essenza, a viaggiare fin nel profondo per arrivare all'ignoto, si fa ascensione.

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Un percorso la cui altezza non si misura solo nei due metri e 38 centimetri da terra, l'altezza dalla quale colpisce il pallone nella rovesciata che si colloca, parola di Alessandro Iori, privilegiato narratore dell'apparizione marziana per Diretta Gol su Mediaset Premium, " tra La Pietà di Michelangelo e La Gioconda di Leonardo".

Real, l'equilibrio e le grandi occasioni

Ronaldo illumina la scena come la stella più brillante di una squadra che ha perso per strada il disordine creativo dell'anno scorso. O meglio, che a lungo ha perso la creatività e conservato solo il disordine. Zidane, dopo la crisi della prima metà di stagione nella Liga, ha ridisegnato il Real nel segno di moduli più basici, un 4-3-1-2 bilanciato o addirittura un 4-4-2, come il modulo di partenza di Torino con Isco ala sinistra. Il Real vince di più ma subisce anche più gol, 18 nel 2018 in Liga. In Champions, poi, ha mantenuto la porta inviolata solo allo Juventus Stadium e nelle due gare del girone contro l'Apoel.

Kroos e Modric, l'unione fa la forza

Certo, Modric e Kroos, che a Torino in due hanno sbagliato 10 passaggi su 171, facilitano il compito di CR7 e di Zidane, che da allenatore non è mai ancora stato eliminato in una doppia sfida europea. L'equilibrio, che comunque più volte è mancato nel percorso europeo, passa anche da loro e da un collante essenziale come Casemiro. Resta però l'impressione di un Barcellona più squadra contro un Real più individualista. Due stili che si rispecchiano e si esaltano nello spirito degli uomini simbolo. E il meglio deve ancora venire.

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