Messi come Zoff, l’Azzurro annunciò il silenzio dopo il gossip su Rossi e Cabrini

"No hablamos mas con la prensa". Per capire e comprendere il clamoroso gesto e le dure parole di Leo Messi, non serve di certo un traduttore. L'Argentina è ufficialmente in "guerra" con i media, e a nulla è servita la convincente vittoria contro la Colombia per far cambiare idea ai giocatori. Le accuse mosse al "Pocho" Lavezzi, colpevole secondo la stampa di essersi fatto uno spinello prima della gara con i "Cafeteros", hanno fatto traboccare il vaso dell'Albiceleste: già sotto accusa per le ultime prestazioni deludenti. Silenzio stampa, dunque. Deciso per il "poco rispetto", secondo i giocatori, nei confronti della squadra. Una decisione che ha fatto tornare alla mente ciò che fece la Nazionale azzurra nel "Mundial" del 1982, dopo il deludente girone eliminatorio, le dure critiche, le voci sui ricchi superpremi ai calciatori e le insinuazioni su un presunto rapporto intimo tra Rossi e Cabrini.
La difesa di Dino Zoff
Il primo a mettersi a protezione del gruppo del compianto Enzo Bearzot, fu Dino Zoff. L'allora quarantenne capitano, che ebbe poi la fortuna di alzare al cielo la Coppa del Mondo, fece da "filtro" tra la squadra e il plotone di giornalisti pronti ad accusare la Nazionale azzurra: "Ero il capitano, avevo 40 anni e potevo fare da schermo alle polemiche quotidiane – ha dichiarato qualche anno più tardi Zoff – Critiche e insinuazioni furono davvero pesanti. Bearzot non appoggiò nessun silenzio stampa, la decisione fu solo nostra e si rivelò una mossa vincente". In Argentina sono autorizzati a sorridere, perchè non c'è solo il precedente del 1982 a giustificare la guerra tra giocatori e giornalisti prima di un evento mondiale. Nel 2006, infatti, anche l'Italia di Lippi partì per la Germania carica di tensioni e polemiche per lo scandalo "Calciopoli". A Berlino gli Azzurri entrarono nella storia: proprio nello stesso stadio dove l'Argentina fu eliminata ai rigori dai padroni di casa.