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Mascherano come il CHE, el jefecito leader dell’Argentina

Il centrocampista dell’Argentina con grinta e prestazioni super sta trascinando l’Albiceleste verso la conquista della Coppa del Mondo.
A cura di Marco Beltrami
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"Questo è il tuo giorno, oggi diventi un eroe". Mascherano guarda Romero fisso negli occhi, lo rassicura, pone la mano dietro la nuca e gli parla con fiducia. Hasta la victoria, comandante Mascherano, sembra rispondergli il portiere: respinge i rigori di Vlaar e Sneijder, porta l'Argentina in finale di Coppa del Mondo contro la Germania. Non accadeva da 24 anni. Javier era lì, in ginocchio, dietro le gambe dei compagni di squadra, tutti in piedi e abbracciati ad assistere alla sequenza dei penalty. El jefecito, il piccolo capo, è anche questo: soffre in silenzio, combatte per tutti, è lì quando infuria la battaglia, quando c'è da bloccare l'assalto di Robben con un tackle mozzafiato. Il calciatore più veloce del mondo va a sbattere il muso contro Javier. Uomo di lotta e di governo, per gli argentini è un eroe nazionale: MasCHE… col basco in testa e lo sguardo fiero, hasta la victoria comandante. Perché se Messi è un dio del pallone in terra benedetto dall'ex Pibe de Oro allora Javier, il ‘volante' del centrocampo è l'uomo che ha preso per mano la Seleccion di Sabella e l'ha condotta alle porte di un sogno. Maradona lo definì un ‘mostro': lo vide giocare che aveva nemmeno vent'anni e ne restò impressionato "gioca con la saggezza di un trentenne". Veloce, potente, non molla mai, ruba palloni ma non è un medianaccio.

Mascherano, l'attaccante diventato centrocampista con doti da predestinato

E pensare che da ragazzino giocava da attaccante. Javier Mascherano deve tutto a suo padre, Oscar, e al primo allenatore della scuola calcio ‘Renato Cesarini', Eduardo Solari: veloce, potente, visione di gioco, grinta da vendere e carisma, doti da predestinato del calcio. Mangiava pane e pallone il piccolo Javier, trasformatosi in centrocampista proprio grazie al papà, operaio in una fabbrica di prodotti insetticidi, stregato dalla lucidità e precisione del figlio in campo. Troppo evidenti le sue qualità, e quel piglio che già a 10 anni ne faceva un leader tra i suoi coetanei al punto che subito entrò nel giro dell’Under 15 dell’Argentina, ancor prima di far parte delle giovanili di un top club. Ingresso avvenuto solo poco dopo quasi per caso, con il River Plate che si accorse di lui visionando un video relativo ad un altro giocatore compagno di squadra del mediano. Ma le doti di “Masche”, così lo chiamavano i compagni, non potevano passare inosservate e così ecco che i “millonarios” puntarono su di lui. E come una sfera in discesa su un piano inclinato, la carriera di Javer prese il volo: dall’approdo da capitano nella Nazionale Under 17 seconda ai Mondiali di categoria, fino all’esperienza con l’Under 20 con la vittoria dei campionati sudamericani e la dolorosa sconfitta in semifinale ai Mondiali contro il Brasile. E poi ancora l’esordio nell’Under 23 con la medaglia d’oro alle Olimpiadi d’Atene contro l’Italia di un altrettanto giovane Pirlo, fino al tanto desiderato approdo nella Nazionale maggiore, avvenuto addirittura prima dell’esordio in prima squadra. Il 16 luglio del 2003 jefecitò indossò per la prima volta la maglia dell’Argentina nella sfida contro l’Uruguay conclusa con un pirotecnico 2-2. Solo pochi giorni dopo arrivò anche il suo debutto nel River Plate, per un’avventura culminata con la conquista del Clausura 2004.

I sacrifici di Mascherano e l'arrivo in Europa

Un calciatore capace di dare sempre tutto in campo anche per non vanificare i tanti sacrifici fatti durante la carriera. Non è stato facile per Javier separarsi dalla famiglia e dagli amici per proseguire nella sua carriera di calciatore. Un distacco diventato ancor più duro con l’approdo in Europa dopo l’avventura al Corinthians. Nel 2006-2007, Jefecito ha rischiato di perdersi durante un’esperienza tutt’altro che esaltante al West Ham. Poche presenze e un ambientamento difficile per il giocatore che però ha continuato a lavorare duro ed è stato premiato. Nel 2007 infatti Rafa Benitez manager del Liverpool lo ha prelevato dagli Hammers concedendogli la possibilità di giocarsi una maglia da titolare in un club che vantava uno dei centrocampi più forti al mondo. E Mascherano ha risposto presente diventando uno dei perni di quella squadra, per sempre grato all’attuale allenatore del Napoli: “Benitez mi ha preso dal West Ham, dove non giocavo – ha dichiarato nel momento dell'addio ai Reds – e mi ha dato spazio in un Liverpool pieno di grandi centrocampisti, come Gerrard, Xabi Alonso e Sissoko”. Una rampa di lancio super per il duttile mediano che nel 2010 è passato al Barcellona collezionando titoli e successi con un rendimento sorprendente anche da difensore centrale a dimostrazione di un’intelligenza calcistica fuori dal comune.

Il sogno Mondiale e la voglia di far tornare grande il Barcellona

La splendida esperienza al Barcellona sembrava destinata a concludersi al termine della scorsa stagione. La conclusione del ciclo di vittorie dei blaugrana e le voci sul suo addio con Benitez pronto a riabbracciarlo al Napoli sembravano il preludio ad una nuova esperienza. E invece a sorpresa il neomister Luis Enrique ha blindato Mascherano che dunque non ci ha pensato su due volte a rinnovare con il Barcellona. D’altronde un giocatore così può fare ancora molto comodo alla squadra azulgrana che punta al rilancio sia in Spagna che in Europa. E il centrocampista è pronto, con la grinta e l’entusiasmo di sempre e con la voglia di tornare in terra catalana con la medaglia di campione del mondo. Un riconoscimento che sarebbe l’ulteriore premio di una carriera eccezionale.

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