Luis Enrique sfida Guardiola, Barça vs City sulla lavagna tattica
Un rivoluzionario con un principio semplice, Guardiola: tenere palla più degli avversari e costruire una successione di superiorità da una porta all'altra. È un calcio facile da dire, difficile da fare, impossbile o quasi da contrastare. È su queste basi che il City ha costruito il possesso palla più alto di tutta la Premier League, 60,8%, e un'interpretazione maniacale del pressing alto: i Citizens, infatti, hanno recuperato palla in 217 occasioni nella metà campo avversaria e in 50 negli ultimi 30 metri. Nessun'altra squadra in Inghilterra fa niente di simile (solo il Liverpool di Klopp si avvicina per palloni intercettati oltre la linea mediana, ma non nella trequarti offensiva).
Una visione così impegnativa e radicale dell'occupazione dello spazio si basa su due apparenti paradossi. In fase di possesso, le squadre di Guardiola esaltano i semi-spazi, a metà fra le fasce e il centro del campo, tanto che il tecnico catalano fa ridisegnare le righe dei campi di allenamento per abituare i giocatori a inserirsi in queste zone. Guardiola ne ha intuito l'importanza a 13 anni, quando il suo allenatore di allora gli chiede di giocare il secondo tempo di una partita da falso centravanti. È lì che si va a muovere, e nel primo quarto d'ora tocca più palloni che in tutto il primo tempo.
Ma cosa serve per sfruttare i semi-spazi? Ampiezza. È un sistema che ha assorbito all'epoca di Cruijff e descrive con un'efficace espressione catalana, “pels extrems i amb els extrems” (“agli estremi con le ali”). Quando le sue squadre giocano su un lato, l'ala dalla parte opposta resta molto larga per aprire la difesa avversaria e moltiplicare le soluzioni offensive. Perché le sue squadre ingolfano una zona di campo per mandare i difensori fuori posizione e fanno scorrere il pallone per arrivare al gol dalla fascia opposta. È così che Aguero ha segnato 8 gol su 37 tiri, con una percentuale di conversione del 21%, più alta rispetto al consueto 18% registrato nelle sue stagioni migliori.
Per far questo, serve un centromediano che sia molto più di un centrocampista, che diventi il fattore stabilizzante, la mente che realizza la visione. Per questo ha adattato Lahm lì al Bayern, quando non c'era Xabi Alonso, e ha costruito il City intorno a Fernandinho che, rispetto agli anni precedenti in Premier, contrasta meno ma intercetta più palloni ed è decisamente più coinvolto nella circolazione del pallone.
Al mediano, nel 4-3-3 che diventa 3-2-5 in possesso palla, chiede di scendere sulla linea dei difensori, di aiutare l'uscita bassa della palla e capire il gioco: perché deve tenerla per il tempo che serve ad avere una linea libera e una superiorità che continui la catena, non un tocco di meno, non un tempo di più.
Gioco offensivo ed equilibrio difensivo. E siamo all'altro paradosso nella rivoluzione guardioliana: un gioco così offensivo richiede la massima attenzione all'equilibrio difensivo. “L'attacco è basato sul talento” spiegava, “la difesa dipende dal lavoro e dall'impegno che ci metti: se vuoi attaccare tanto, difendere è essenziale”. Tutta la fase difensiva, che comprende i centrali, il mediano e i terzini “invertiti” che nelle transizioni negative vanno a occupare il centro del campo così da mantenere 5 giocatori a copertura della palla, prevede che la squadra si muova all'unisono.
Sono coinvolti tutti, anche il portiere. Bravo, per questo preferito a Hart, diventa un giocatore di movimento aggiunto: in questo modo, gli avversari devono salire, le mezzeali come David Silva e Kevin De Bruyne, che contro l'Everton hanno toccato più di 200 palloni, in gran parte negli ultimi 30 metri, hanno più spazio di manovra.
Celtic e soprattutto Tottenham, però, hanno spostato i termini dell'equazione: l'1v1 a tutto campo depotenzia il 3-2-2-3 di Guardiola, e gli esterni faticano a incidere se si trovano di fronte terzini che reggono il confronto atletico.
Anche Luis Enrique ha provato a passare al 3-4-3. Lo già aveva presentato in via eccezionale nel 3-1 al PSG del 2014, con la sostanziale bocciatura di Aleix Vidal. Contro il Deportivo, ha voluto una difesa rapida che potrebbe riproporre in Champions: sul centrodestra Mascherano, che ha toccato 86 palloni, in messo Piquè, a sinistra Mathieu (70 passaggi a testa). Certo la sostanziale assenza di pressing ha permesso di schierare Arda e Digne come esterni di centrocampo e Rakitic accanto a Busquets, nel contesto di una struttura fluida che può cambiare configurazione anche nel corso della stessa partita (contro il Borussia Monchengladbach, la partita dello “scandalo” per le note pre-partita pubblicate dal Mundo Deportivo, ha provato anche il 4-4-2).
Il modulo è lo stesso impiegato 18 volte da Guardiola nel suo primo anno a Barcellona, è la stessa formula del Dream Team di Cruijff. Ma se nella loro visione doveva servire a creare superiorità a centrocampo, nella versione di Lucho serve esattamente all'opposto: serve a svuotare il centrocampo e lasciare cinque uomini liberi di attaccare, compreso il jolly Rafinha, mezzapunta mascherata contro il Deportivo. E garantire il massimo supporto alla creatività del trio Messi-Suarez-Neymar.
Così, il Barcellona ha mantenuto nelle prime due partite il possesso palla più elevato della Champions League (è primo per passaggi tentati e riusciti), ma in campionato la troppa flessibilità si è trasformata in un limite, vedi le sconfitte contro Alaves e Celta Vigo. Al Balaidos, errori di Ter Stegen a parte, Luis Enrique ha tradito uno dei suoi stessi principi chiave. “Il miglior modo di difendere è tener palla nella metà campo avversaria e pressare alto. Ma per riuscirci, tutta la squadra deve muoversi insieme, ogni giocatore deve capire la mentalità, altrimenti non funziona”. Ma nei cambi di moduli sul campo del Celta, André Gomes si è trovato a giocare in tre ruoli, e quando Denis Suarez ha sostituito Busquets, sono emersi tutti gli squilibri che nascono dall'avere in mediana un giocatore come Arda e nessun meccanismo di sicurezza.
Il tecnico sta soprattutto cercando di gestire Iniesta, che ha giocato 395′ nelle prime 13 gare ufficiali, partendo da titolare solo contro il Siviglia in Supercoppa, quando si è infortunato, in campionato contro Leganés e Atlético, in Champions contro il Borussia Moenchengladbach. Un modo per gestirlo e farlo rendere al meglio nelle grandi occasioni. E non c'è occasione più grande della sfida al rivoluzionario Guardiola.