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Libertadores, Perez capitano ferito del Boca: “Avessimo giocato e vinto, ci avrebbero uccisi”

Colpito all’occhio per le schegge di vetro dei finestrini del pullman colpiti dai sassi dei tifosi del River, Pablo Perez racconta il surreale prepartita attorno al Monumental: “Hanno tirato pietre a tutti, non c’era sicurezza. Il medico? Nessuno mi è benuto a visitare: se avessimo giocato sarei stato costretto a scendere in campo”
A cura di Alessio Pediglieri
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Surreale: la più attesa partita di sempre per il calcio sudamericano rischia di non disputarsi mai, scatenando una polemica dietro l'altra ogni giorno che passa. Dopo il match d'andata, disputato regolarmente alla Bombonera, al Monumental non si è mai giocata la gara di ritorno, tra assalti dei tifosi del River a giocatori e tifosi del Boca, rinvii, posticipi, assistenza medica e richieste di squalifiche.

In tutto questo scenario chi ne esce malissimo è il calcio nel suo insieme, incapace di riuscire a gestire una situazione che evidentemente è più grande di tutti: il River ha evidenziato la propria inconsistenza nel riuscire ad anticipare e gestire la foga dei propri tifosi; il Boca sta dando il peggio di sè con richieste di radiazione e vittoria a tavolino; la Conmebol ha confermato l'assoluta incapacità di poter risolvere il tutto all'interno delle regole.

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Adesso è il caos più completo. Si brancola nel buio e non si sa quale strada intraprendere. Ognuno porta avanti la propria battaglia senza voler ascoltare ragioni altrui. Inviperiti, ovviamente, sono i tifosi e i giocatori xeneises, ‘vittime' di quanto accaduto nei dintorni del Monumental e oggi ‘carnefici' di una finale che non si deve più giocare.

La testimonianza chock di Perez

L'ultimo a dissotterrare l'ascia di guerra è stato Pablo Perez, capitano del Boca, che ha rilasciato alcune dichiarazioni scottanti sull’assalto dei tifosi del River al pullman del Boca. Sotto accusa c'è anche la Conmebol, in uno scenario che sta continuando a creare polemiche senza lacuna apparente immediata e definitiva soluzione.

La ferita all'occhio

A TNT Sport, il capitano con il rompersi dei vetri del pullman ha sofferto una lesione all’occhio sinistro ed è stato costretto al ricovero in ospedale. Inuno scenario apocalittico di un pre partita in cui le forze dell'ordine e i rispettivi club (nonchè la Federazione sudamericana) hanno perso da subito il controllo della situazione: “Come possiamo andare in un campo dove non c’è sicurezza? Non posso giocare in un campo dove possono uccidermi. L'occhio? Se lo perdo non me lo restituisce nessuno.”

La paura di essere ucciso

La paura, per il capitano del Boca così come per il resto della squadra, è tanta, in una situazione surreale che ha superato di gran lunga ogni limite. Perez infatti, racconta anche ciò che accadde poi,  durante il viaggio in ambulanza verso l’ospedale: “Hanno continuato a tirare pietre. Volevano farmi di nuovo male nonostante stessi andando all’ospedale. E poi, se avessimo giocato e vinto, cosa sarebbe successo? A quel punto ci avrebbero uccisi?”.

L'obbligo a scendere in campo

Poi, l'ultimo strale, contro i medici del Conmebol e altre accuse, tra le quali traplea la sensazione che i giocatori – al di là delle reali condizioni fisiche – sarebbero dovuti comunque scendere in campo: "Malgrado fossi ferito e non vedessi nulla dall'occhio sinistro, ero stato inserito nella distinta dei titolari e se si fosse deciso di giocare sarei stato costretto. Il medico? non è mai venuto a curarmi, ha solo firmato la distinta che ero in grado di giocare. C'era una imposizione ben precisa dietro a tutto ciò?"

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