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Le cinque chiavi tattiche di Juventus-Inter

Pioli e Allegri ridisegnano Juventus e Inter nel segno del 4-2-3-1. Il duello fra i bomber Higuain e Icardi. Il recupero di Kondogbia, l’evoluzione di Pjanic. Joao Mario e Mandzukic i jolly. Determinante il controllo delle fasce.
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Riscatto e conferme, orgoglio e ragione, equilibrio e passione. Juve-Inter non è mai una partita come le altre. Stavolta ancora di più. È l'esame di maturità per i nerazzurri di Pioli, molto più che un “normalizzatore”, dopo le sette vittorie di fila. È la rivincita possibile di Allegri, fermato all'andata dalla migliore Inter di De Boer, che sta ricreando una Juve dallo stile europeo per aggredire la Champions. I bianconeri hanno segnato 7 gol in più e ne hanno subiti altrettanti in meno. Ma l'Inter è la squadra che ha creato più occasioni, 300 le occasioni create contro le 236 bianconere. A parità di possesso palla, però, l'Inter verticalizza, la Juve sfianca. Differenze di interpretazioni, in quello che comunque è diventato, per prove ed errori, un paradigma comune: il 4-2-3-1.

Una stessa via, il 4-2-3-1

La svolta europea di Inter e Juve è scritta nei numeri. Con l'arrivo di Pioli e l'ultima trasformazione griffata Allegri si è completato il passaggio al 4-2-3-1 che rimane, seppur in maniera meno determinante rispetto a qualche anno fa, il modulo più usato nei primi cinque campionati europei «Ma il vero tratto distintivo della nostra cultura tattica è la flessibilità – spiega Renzo Ulivieri, Assoallenatori, al Corriere della Sera -. Occorre elasticità anche in corso di partita. Fantasia, o arte dell’arrangiarsi: è la ragione per cui siamo i migliori».

Pioli vuole disegnare un calcio molto verticale, richiede di “muoversi in continuazione in funzione del compagno in possesso palla per dare sempre sostegno e appoggio in modo da offrire più possibilità allo sviluppo della manovra”, scriveva nella sua tesi a Coverciano. Il nuovo modulo rivaluta Kondogbia e Candreva, esalta Perisic e il nuovo arrivato Gagliardini, perfetto per la sua visione, e rimane un modulo equilibrato. I tre alle spalle di Icardi tendono ad accentrarsi, a mantenere le distanze corte fra i reparti e favorire la circolazione rapida del pallone.

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Diverso lo stile del “modulo a cinque stelle” di Allegri con Pjanic (in mediana), Cuadrado, Dybala e Mandzukic alle spalle di Higuain. Questa versione del 4-2-3-1 applicata dopo la sconfitta di Firenze appare un po' come l'evoluzione naturale degli esperimenti tentati finora. Contro la Lazio, si è visto chiaramente come Khedira e Pjanic non giochino quasi mai allineati e la sovrapposizione costante dei terzini aumenti il controllo degli spazi e l'ampiezza della manovra. Di fatto, permette alla Juve di controllare di più il gioco e trasformare rapidamente l'assetto in un solido 4-4-1-1 senza palla. Gli effetti si sono visti contro il Milan in Coppa Italia: nel primo tempo i rossoneri hanno sfiorato il 70% di possesso palla, ma non hanno mai tirato in porta.

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Il controllo delle fasce

Pioli chiede a Candreva, Perisic e Joao Mario di alternarsi nella posizione di seconda punta. I due esterni alti da una parte devono riuscire a supportare Icardi negli ultimi 18-20 metri, dall'altra devono aprire spazi per l'appoggio dei terzini. È proprio qui che si gioca la partita, soprattutto nella zona di Ansaldi (o chi per lui), che rischia di essere preso in mezzo tra Cuadrado e presumibilmente Lichtsteiner. Proprio la presenza del colombiano ha contribuito a sviluppare l'ultima versione del progetto-Allegri.

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Un'evoluzione naturale, viste le caratteristiche di Dybala, che sempre ha agito da sostanziale trequartista aggiunto anche quando partiva da seconda punta nel 3-5-2, per moltiplicare le linee di passaggio e favorire l'uscita rapida del pallone in verticale. Ma l'uomo chiave, soprattutto in questa configurazione tattica, diventa Mandzukic, per molti la versione juventina di Eto'o nell'Inter di Mourinho. Al di là delle differenze di stile, il paragone non è così azzardato. Punto di riferimento offensivo tradizionale, il croato ha sempre cercato spazi verso le fasce, è vero. Ma non era certo così scontato che si adattasse così bene a giocare da esterno in un 4-2-3-1 che al trio di trequartisti richiede sacrifici e dispendio di energie in entrambe le fasi. Un lavoro oscuro che il croato, con 28 palloni recuperati e 48 passaggi di media a partita, dimostra di poter svolgere al meglio. È lui la vera scommessa vinta di questa Juve che vuole aggredire l'Europa nel segno del gioco e della qualità.

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Il disegno del centrocampo

Nel 4-2-3-1 di Pioli e Allegri non c'è spazio per un interditore puro. E lo spazio che si può aprire alle spalle del “doble pivote” si trasforma nella zona di campo più preziosa da sfruttare, nella porzione di campo più delicata da coprire nella ricerca del vantaggio competitivo. Pioli, che starebbe anche pensando a un 4-1-4-1 con Medel schermo davanti alla difesa, con il nuovo modulo ha restituito sicurezza e centralità a Kondogbia che ha giocato 544 minuti nelle ultime sette vittorie consecutive. Con la Lazio, proprio prima della sosta, alla prima vera partita da giocatore, completa 53 passaggi su 61 e 5 dribbling, più di ogni altro compagno di squadra. Numeri che raccontano di un giocatore di nuovo in fiducia, da cui si aspetta recupero del pallone e giocate semplici. E il tandem di letture brillanti, a ritmo alto, ma senza inutili sofisticazioni, con Gagliardini è il plus per il presente e il futuro.

Da quando è passato al 4-2-3-1, Allegri ha sempre vinto la partita nei primi 25’. I bianconeri La Juventus, non a caso, è la squadra che ha segnato di più nel primo quarto d’ora di gioco (10 gol) e in 17 partite su 18 vinte ha portato a casa il risultato. Unica eccezione? Contro l’Inter all’andata. Il nuovo modulo bianconero arretra un po' Pjanic, che però in fase di possesso diventa il vero gestore del flusso di gioco. Al di là dei 5 gol e dei 6 assist stagionali, il bosniaco è ovunque. Entra nel vivo della manovra con 53.2 tocchi di media, 2.4 passaggi chiave a partita (manda al tiro un compagno più di chiunque altro) e intercetta anche più palloni di Khedira. Anche in caso di scelta più prudente, con l'inserimento di Marchisio, ormai specializzato davanti alla difesa, è qui la sfida più delicata per Allegri e Pioli. Rispetto al 3-5-2, il 4-2-3-1 è meno posizionale e più orientato all'uno contro uno che all'occupazione degli spazi. E inevitabilmente porta a giocare più corto, a tenere il pallone più alto. La vera sfida sarà mantenere il proprio stile di gioco e insieme contenere Dybala e Joao Mario senza sbilanciare la squadra.

Pjanic e Kondogbia a confronto
Pjanic e Kondogbia a confronto

Higuain vs Icardi

Tutto converge verso di loro, verso Icardi e Higuain. Uguali e diversi, vicini e lontani. Si presentano al big match con quindici gol a testa ma nei numeri è scritta anche la diversità di stili e di caratteristiche che separa Juve e Inter. Insieme agli 8 assist, segno di un'interazione accresciuta con i compagni, Icardi ha contribuito a 23 reti in campionato, come nessun altro in Europa, e ha distribuito in totale 20 passaggi chiave, il doppio del Pipita. Eppure, rimane scarsamente coinvolto nel gioco, con soli 13,2 passaggi di media.

Higuain vince la metà dei duelli aerei, ma ha dimostrato una maggiore varietà realizzativa e un'intesa con la squadra che ha raggiunto l'apice contro il Sassuolo, nella più europea delle prestazioni bianconere. Ha segnato 9 volte di destro e 5 di sinistro e tirato tanto da fuori area (0,8 conclusioni a partita), quattro volte più del bomber nerazzurro che invece domina gli ultimi 16 metri e ha messo a segno 5 reti di testa. Non a caso l'Inter rimane la squadra che crossa di più in Italia.

Higuain vs Icardi: il rendimento medio a partita - Fonte: Squawka
Higuain vs Icardi: il rendimento medio a partita – Fonte: Squawka

Che partita sarà

Milan e Sassuolo insegnano. La Juve, che ha chiuso 10 volte in vantaggio all'intervallo, tenderà ad aggredire per prima, con le armi che da sempre ne facilitano le transizioni e l'uscita del pallone: sovrapposizione, attacco dell’ampiezza, cambio di gioco, pressing alto. Cercherà con ogni probabilità di creare superiorità sulle fasce, con Dybala jolly per l'appoggio interno.

I bianconeri però hanno sempre sofferto, soprattutto in trasferta, chi ha pressato alto. Una lezione che Pioli sarà chiamato ad applicare, senza cadere nell'errore di Di Francesco, che col Sassuolo ha accettato di fare la partita della Juve e lasciato troppi spazi alle spalle del centrocampo. Dovrà chiedere a Joao Mario e soprattutto Perisic un contributo in più per chiudere Pjanic e togliere a Bonucci e Chiellini un passaggio facile in avvio dell'azione. Perché il calcio è precisione e verticalità. È leggerezza e pensiero veloce.

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