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Le cause dello sciopero della Serie A: le ragioni dei calciatori

Damiano Tommasi e l’Assocalciatori hanno scioperato per tutelare i diritti dei giocatori. Questo il punto di vista del sindacato e della categoria che non hanno trovato un accordo costruttivo con la Lega.
A cura di Alessio Pediglieri
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Per analizzare in modo oggettivo quanto é accaduto in questi mesi, bisogna soffermarsi sui due punti di vista differenti delle controparti in questione: da un lato i giocatori, coadiuvati nelle loro decisioni dall'Associazione Italiana Calciatori; dall'altro le società, per le quali i interagisce la Lega Calcio. In questo articolo proveremo a delineare le linee guida che hanno spinto i calciatori a incrociare i tacchetti e a non disputare la prima giornata della nuova stagione. Poi valuteremo le ragioni della Lega Calcio e dei presidenti; infine, daremo la nostra valutazione sulla paradossale situazione del calcio italiano.
Come tutti oramai sanno i punti in questione sono prevalentemente due, delineati nell'articolo 4 e nell'articolo 7 del regolamento del contratto in vigore tra giocatori e società. Un contratto che l'Aic ha denunciato essere ‘obsoleto‘ e che necessita appunto di qualche modifica piú che formale, a tutela dei diritti dei giocatori, intesi quali lavoratori professionisti. Il famoso ‘contratto collettivo' da ridiscutere, quello impugnato dal presidente Damiano Tommasi, verbalmente e di fatto, che giace sul tavolo della Lega Calcio da piú di un anno senza che quest'ultima abbia mai avuto tempo o voglia di rivederne gli aspetti piú spigolosi.

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LE PROMESSE DIMENTICATE – Da questo punto  di vista, i calciatori e l'Aic sono irremovibili: alla Lega, ad inizio anno avevano strappato una promessa, che il vertice del calcio che rappresenta i presidenti e le società avrebbe preso in considerazione il riordinamento di alcuni punti rimasti in sospeso accettando un confronto con i calciatori. Una promessa che avrebbe dovuto avere il suo avverarsi quest'estate, come da accordi, non appena finita la stagione 2010-2011 e che invece non è mai stata trattata. "il contratto collettivo" ha puntualizzato non a caso Tommasi, "doveva essere affrontato dalla Lega a maggio, come dopo la promessa di dicembre di far concludere il campionato in corso e prepararsi dovutamente a quello successivo. Una promessa detta a dicembre, dimenticata a maggio e cancellata ad agosto".

LA TUTELA DELL'ARTICOLO 7 – Questa la motivazione forte dell'Aic che ha avuto anche l'appoggio del secondo sindacato calciatori, il fratello minore, l'Anc, che si è schierato dalla parte dei giocatori. Il punto focale in cui gli stessi si sentono non tutelati è racchiuso in un articolo, l'articolo 7 del regolamento che riguarda la ‘gestione‘ da parte delle societá sui giocatori, differenziando in modo forse troppo interpretativo tra ‘titolari' e ‘panchinari', piú esplicitamente tra giocatori ‘graditi‘ al progetto tecnico (leggasi presidenza e allenatore) e quelli che non rientrano più nei parametri del progetto (e per questo relegati a ‘fuori rosa' e obbligati ad allenassi in modi e situazioni diverse dai loro colleghi ‘titolari‘). Alla base dello sciopero, ricorda la categoria attraverso le parole di Tommasi, non c'è certo la questione legata al pagamento del contributo di solidarietà che il Governo dovrebbe varare e che obbligherebbe i giocatori a versare un'ulteriore percentuale all'Erario sulla base degli stipendi milionari che attualmente guadagnano.

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IL CONTRIBUTO PER SOLIDARIETA', UN FALSO PROBLEMA – Giusto o no che sia, non è questo il problema, visto che la stessa Aic ha subito comunicato che i giocatori pagheranno il contributo "nel momento che diverrà legge" e "in qualità di normali contribuenti, come calciatori pagheremo il contributo di solidarietà, se ci sarà e se verrà approvato – ha ribadito Tommasi -. Si è fatto un polverone strumentale da parte della Lega su questo argomento: in realtà io non ho mai sentito nessun giocatore dichiarare di non voler pagare questo contributo. Noi calciatori abbiamo sempre pagato le tasse nei tempi e nei modi previsti dalla legge". Ovviamente, resta sottintesa la disputa sui contratti in vigore che spesso sono stati firmati su remunerazioni nette e non lorde, come vorrebbero oggi le società. Una questione legittima e sacrosanta, da difendere e chiarire come linea d principio ma questa situazione verrà risolta in un modo o nell'altro solamente nel momento in cui il Governo varerà definitivamente la manovra.

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IL RISCHIO DI MOBBING – Non avrebbe avuto senso scioperare per una normativa che ancora non c'è, mentre hanno ritenuto che senso ne avesse, non scendere in campo per la prima giornata di Serie A dopo il passo indietro della Lega sulla ridiscussione di un contratto che, viste anche le ultime vicissitudini, non sembra più tutelare i diritti dei giocatori come lavoratori professionisti. Ci stiamo riferendo, ma più che noi la stessa Aic, ai recenti e ‘caldi' casi arrivati sotto gli occhi di tutti che hanno coinvolto la Lazio di Lotito con i giocatori Ledesma e Pandev, e il Cagliari di Cellino con Marchetti. Al di là di entrare nel merito capillare di ogni singola questione, Damiano Tommasi e la categoria che rappresenta hanno evidenziato che proprio in quei casi, le società hanno utilizzato una interpretazione unilaterale dell'articolo 7, mettendo fuori rosa e ‘vessando' dei propri dipendenti che non avevano accettato delle scelte aziendali e tecniche, allontanandoli dalla prima squadra e compromettendo la loro carriera professionale.

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UNO SCIOPERO OBBLIGATO – Da lí, i calciatori e l'associazione che li rappresenta si sono sentiti ‘costretti‘ a fermare il calcio, fatto avvenuto solamente una volta, negli anni 60 e che oggi rischia peró di essere un pericolosissimo precedente. Di scioperi se ne sono sempre minacciati molti anche negli anni scorsi ma mai il sistema aveva dovuto unire uno stop così perentorio. Dietro ci sono anche altri interessi e richieste che sollecitano un riavvicinamento delle due parti in contenzioso, come a chi potersi rivolgere per le cure mediche o se sia giusto in caso di infortuni permettere una ‘flessibilità‘ della remunerazione da parte delle societá o ancora se sia corretto che i club controllino anche le vite private dei calciatori. Tutti elementi che di certo hanno inasprito gli animi ma che non sono alla base dello stop, come ha affermato ripetutamente Tommasi: "Il nostro obiettivo non è fermare il campionato a oltranza, noi saremo contenti solo quando scenderemo in campo. Non siamo contenti, noi volevamo firmare l'accordo e giocare. Noi ci teniamo a iniziare il campionato alla prossima giornata. Beretta non ha potere, non ha deleghe precise e può solo riferire quello che fa l'assemblea: è questo che nei colloqui manca".
(continua)

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