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L’abbraccio a Matteo, la promessa di non mollare mai: Sergio Pellissier l’ultimo Highlander

151 gol in carriera, 110 con il Chievo in Serie A, dal 2002, squadra di cui ne è diventato il capitano, incarnandone gli ideali e l’identità. Così, Sergio Pellissier si è raccontato al figlio Matteo abbracciato in campo dopo la rete alla Lazio. E su Ventura: “Non si doveva rovinare l’ambiente, non me lo sarei perdonato”
A cura di Alessio Pediglieri
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Festeggiare un gol con il proprio figlio, a bordo campo, nel momento dell'esultanza mentre tutti ti guardano, cercandolo, abbracciandolo. Sergio Pellissier ha avverato il suo sogno domenica, al Bentegodi quando ha infilato la porta della Lazio ed è corso subito ad abbracciare il piccolo Matteo, speciale raccattapalle per l'occasione. Un'occasione importante, perché il capitano del Chievo Verona ha siglato 110 reti con la maglia dei Mussi Volanti, 151 in totale nella sua lunghissima carriera.

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Una rete speciale, che sarà ricordata per sempre anche dal piccolo di famiglia, calciatore provetto e gran tifoso di papà a tal punto da confidargli in un simpatico siparietto in diretta su Sky Sport che "non mi interessa vedere gli altri giocare, papà, io voglio vedere solo te".

Capitan Chievo

Il gol, l'abbraccio in campo, la chiacchierata in televisione: Matteo Pellissier ha vissuto un weekend magico, grazie a suo papà Sergio che di mestiere fa il calciatore, a Verona, nel Chievo, dove milita dal 2002 e dove si è guadagnato i galloni di capitano, dentro e fuori il campo. Incarnando lo spirito del club che è stato per anni una lieta novella della Serie A trasformandosi in una solida realtà: "Noi non ci arrendiamo, il Chievo non è finito solo perché non arrivano i risultati, non molleremo mai. Retrocederemo? Sì, può capitare ma lo faremo da Chievo: tutti uniti"

Il gol, l'abbraccio, la sorpresa

Parole e musica da insegnare a tutti i bambini, non solo al piccolo Matteo privilegiato nel ritrovarsi un papà calciatore professionista. Che mantiene le promesse, abbracciandolo non appena segna un gol, sorprendendolo: "Ti avevo detto che ti avrei cercato", "Credevo avesse segnato Meggiorini non tu". E che dà lezioni di vita, di sport, da seguire: "Quando ti impegni tanto ma capisci di essere l’ultimo a ricevere fiducia allora ti fai delle domande. Ma alla fine è sempre stato il mio orgoglio che ha vinto su tutto il resto. Non ho mollato, non mollerò mai e proverò sempre a dimostrare il mio valore".

Il papà ‘highlander' che non molla mai

Un valore che oggi racconta 110 gol in Serie A con il Chievo più una manciata in serie B, per un totale di 151 reti di una carriera che non sembra conoscere al momento la parola fine: "A tutti quelli che dicono che sono vecchio, che non dovrei più giocare, che dovrei lasciare posto agli altri? Dico che non saranno loro a decidere, ma lasciare il calcio sarà solo una scelta mia". Papà Sergio racconta a Matteo cosa significhi fare gol, l'essenza del calcio, del gioco, il punto esclamativo della gioia: "Mi sono impegnato tanto, allenato tanto, e ho sempre avuto tanta voglia di segnare. Il mio ruolo mi obbliga a dover fare tante reti perché se non faccio gol non gioco, quindi devo assolutamente segnare”.

La parentesi Ventura, la difesa del club

E difendere il Chievo, club di cui oramai fa parte della storia, non solo per le reti segnate ma anche per lo spirito che ha recepito, difeso, per cui si è battuto anche nel momento più difficile, con l'arrivo e l'addio di Ventura, che lo ha visto in prima linea: "Andarsene via è stata una scelta sua, e che va rispettata, vero. Quello che non doveva fare era rovinare l’ambiente e quando ho percepito lo sconforto generale, in quel momento mi sentivo in dovere di dire qualcosa, alla squadra, ai tifosi e alla società". E al piccolo Matteo.

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