La Serie A punta all’estero. Dopo la Roma e l’Inter, anche il Cagliari diventa straniero

In principio fu la Roma: dalla storica gestione della famiglia Sensi, il club giallorosso cambiò completamente corso e scelse la strada estera, quella americana degli sconosciuti – al mercato italiano – De Benedetto e Pallotta. Oggi, quella scommessa sembra essere stata vinta con una società che ha saputo programmare – anche pagando errori pesanti come le scelte di Luis Enrique e Zdenek Zeman in panchina – e che in questi ultimi mesi sta raccogliendo i primi importantissimi frutti. Adesso, però, il trend sembra aver preso piede nel nostro movimento con altri club che guardano con interesse all'estero e che non si turano il naso di fronte ad investitori stranieri che si dicono pronti a sfidare la sorte acquistando società di calcio. L'ultimo esempio arriva dal Cagliari con l'ex presidente Cellino che ha perfezionato la vendita agli americani, o l'Inter che è passata in mano a Thohir, magnate indonesiano. Mentre altre società ci stanno ragionando da tempo come il Genoa cui sono interessati i cinesi o lo stesso Milan che il presidente Berlusconi ha giurato non voler vendere per alcun motivo ma che strizza l'occhio a nuove entrate (anche se minoritarie) provenienti dal Medio Oriente.
Arriva lo straniero – Guardando il bicchiere mezzo pieno si direbbe che l'Italia è tornata ad essere meta di investimenti. Il nostro calcio non ha perso appeal, anzi. In un momento di profonda crisi strutturale, ha mantenuto l'asticella alta così da invogliare magnati stranieri a investire e rilanciare con progetti seri le società pronte a scommettere su loro stesse. La Roma ne è l'esempio, con il club che dopo aver ripreso un posto in Champions League adesso sta lavorando per costruirsi uno stadio tutto suo. Cosa impensabile solamente 5 anni fa. Lo è anche l'Inter, un altro esempio con Thohir che dopo i sorrisi di circostanza sta mostrando i muscoli facendo vedere ai colleghi presidenti come si possa gestire un club di Serie A come una semplice azienda, progettando, investendo, tagliando i costi e pianificando gli aumenti dei ricavi. Lo potrebbe diventare anche il Cagliari, ex isola felice che ha vissuto le ultime due stagioni lontano dal Sant'Elia e dal cuore dei propri tifosi ma che con l'avvento di una nuova proprietà pronta a ripartire da zero , ha tutti i presupposti per tornare a crescere.
Il nuovo colonialismo – I detrattori si sa, però, sono sempre dietro l'angolo. E c'è chi storce il naso puntando l'indice su un movimento con le gomme sgonfie, incapace di trovare risorse interne e forze necessarie per ripartire senza l'ausilio di altri. L'arrivo degli starnieri è visto come un colonialismo che incombe anche sull'ultimo settore economico che produceva fatturati: il calcio. E se all'Italia non rimane nemmeno il pallone? Non resta nulla, pensano. Così pallotta, Thohir, i magnati americani a Cagliari, quelli asiatici a Genova e gli arabi alle porte del Milan sono visti come i neo invasori. E' vero oggi sono pronti ad investire, a spendere soldi e acquistare calciatori e costruire stadi, ma semplicemente per aumentare i propri affari extra calcistici. Prima o poi tutto ritornerà come prima, peggio di prima: guardate il Malaga e cosa è successo a chi ha toccato l'Eldorado con un dito e poi si è ritrovato senza più nemmeno l'anima.
Fine degli eccessi – La realtà come sempre sta nel mezzo. Certo, i furbi sono sempre alla porta: ricordate il fantomatico magnate cinese che doveva comprarsi parte delle quote della Roma e poi si scoprì non avere una lira e girare in utilitaria? Il rischio è quello, di essere acquistati, usati, spolpati e poi gettati. Ma le premesse dicono il contrario: non è più il calcio dei ricchi scemi il nostro, anzi. Guardate Massimo Moratti che ci ha messo più di sei mesi a chiudere una trattativa con Thohir, inserendo alla fine nel contratto clausole che proteggono la società nerazzurra, di cui è rimasto comunque presidente onorario e suo figlio Mao, vicepresidente. O la Roma dove il vero potere non è in mano a Pallotta o ai suoi fidati collaboratori americani bensì a Walter Sabatini, il vero artefice del miracolo giallorosso. O ancora il Milan dove si arriverà in tempi brevi ad una sinergia con gli arabi che però potranno investire in punta di piedi lasciando lo scettro alla famiglia Berlusconi. Senza dimenticare che nero su bianco sono sempre stati verbalizzati progetti concreti di rilancio, con nuovi stadi, abbattimento dei costi e rivalutazione degli utili. Che nel calcio significa abbattere il tetto ingaggi e puntare su giovani di talento a prezzi modici.