La Nord dell’Inter a Icardi: “Applausi se dai l’anima, altrimenti solo fischi e te ne vai”
Il comunicato della Curva Nord Milano, sede del tifo storico interista, interviene sulla vicenda Icardi e quel brutto gesto per il quale è stato multato dalla società. Cosa era successo: al termine della gara con il Sassuolo, persa per 3-1 dai nerazzurri, l'attaccante argentino e Guarin s'erano recati sotto la Curva dei sostenitori nerazzurri con Maurito che, stizzito dai fischi, ha uno scatto di nervi e si lascia trascinare dal nervosismo… "pezzi di m…", il labiale catturato dalla tv lo ha reso protagonista in negativo a margine di novanta minuti deludenti. Il concetto espresso dagli ultras è semplice: "Se ti avvicini alla Curva con lo sguardo di chi non gliene frega un c… e gli lanci la maglia perché pensi che così tutto sia sistemato, allora non hai capito niente. Ci importa il cuore. Vogliamo essere guardati negli occhi e vedere la grinta per una partita andata male". E ancora: "Se ci sei piaciuto al di là del risultato ti prendi applausi ed incoraggiamenti, se invece perdi col Sassuolo in questa maniera, ti prendi gli insulti e te ne vai".
Serve far chiarezza. Ai tifosi, ai giocatori, ai media. Premessa per placare gli isterismi da ‘social': paragonare, nello specifico del gesto, Icardi a Balotelli è inutile. Non si centra l’essenza di quello che chiediamo. Sono due questioni totalmente differenti. Icardi ha ‘bisticciato’ con Noi, e noi ce la risolveremo; Balotelli ha mancato di rispetto all’Inter, a milioni di tifosi ed alla storia dell’Inter, con il lancio a terra della Maglia (e non solo) in una notte magica. Mandarsi a quel paese, anche a muso duro, come tra persone oneste può capitare, può risultare anche benefico, chiarificatore. Non ci divertiamo a portare rancore. E non faremmo il bene dell’Inter. A Balotelli ed alla voci di un suo ritorno all’Inter abbiamo detto quindi chiaramente NO per una serie di motivi chiari. Ma non pretendiamo che la società compri o venda in base ai nostri umori. Ad ognuno il suo compito.
Adesso però, prima che dai fatti, partiamo dall’essenza. Dal concetto base. La ‘Battaglia del Triplice fischio’ è un nostro punto fermo da anni. Cioè, finisce la partita ed i giocatori salutano il pubblico.
Sia in casa (lo stadio tutto ed ovviamente la Curva), che in trasferta (nello spicchio riservato). Un gesto di buon senso che ogni calciatore dovrebbe vivere come basilare, sia che si vinca, sia che si perda. In un calcio a dimensione di tifoso, dovrebbe essere forma di comportamento imposta dalla Società, scritta su un contratto di un giocatore come obbligo morale nei confronti di chi paga un biglietto e un viaggio per recarsi allo stadio. Soprattutto perché non costa nulla. E questa, che per la maggior parte delle squadre è da sempre un abitudine, da noi è stata sempre una chimera. Già nei tempi degli scudetti consecutivi, rimproveravamo ai nostri la troppa fretta nel rientrare negli spogliatoi.
Perché chiediamo questo? Perché siamo l’Inter. Noi che tifiamo, chi gioca in campo, chi allena, chi dirige e chi aiuta. Ma lo siamo per davvero se siamo uniti, nella vittoria come nella sconfitta. E non parliamo di finti sorrisi, ma di sostanza. Anche cruda, se necessario. Questo è un concetto che difficilmente entra nella testa di un calciatore. Così come difficilmente viene percepito dall’interista da salotto, oppure dai media. Il saluto di fine partita non può essere un gesto meccanico, quasi impersonale. È infatti il momento di comunanza più forte della giornata. È lo sfogo finale, un momento ‘orgiastico’ collettivo ed irrazionale, dove tutto si ingigantisce e tutto viene vissuto con la pancia. Frustrazione estrema, gioia ingiustificata, capita di tutto in quei momenti di commiato. Sono attimi necessari, per costruire e crescere.
Che i giocatori abbiano preso l’abitudine di venire sotto la Curva in trasferta è una vittoria non nostra, ma dell’Essere Interisti. Se ci sei piaciuto (al di là del risultato) ti prendi applausi ed incoraggiamenti, se invece perdi col Sassuolo in questa maniera, ti prendi gli insulti e te ne vai riflettendo su quanto hai deluso noi e tutti gli interisti. Testa bassa e pedalare. Tutto questo, senza dimenticare che per tutti i novanta minuti NOI non abbiamo mai smesso di tifare. E non è una recita fine a se stessa. È si un atto dovuto, ma non solo quello. Che un giocatore ci lanci la maglia ci lascia di fondo indifferenti. Non è quello che ci importa. Ci importa il Cuore. Che pretendiamo sia lo stesso che noi proviamo a lanciare in campo durante i novanta minuti di giuoco. Hai dato tutto e non abbiamo vinto? Ci sta, la prossima volta ti impegnerai ancora di più. E se non basta ancora di più. Ma non ci prendi per il culo. Vogliamo che i giocatori lottino per la maglia, che diano tutto quando sono in campo. Se solo fossero incazzati almeno un decimo di quanto lo siamo noi per una sconfitta, di sicuro qualche punto in più l’avremmo.
Questa è la più grossa barriera da superare a livello comunicativo coi calciatori. E non solo. Tu giocatore, non sei pagato per venire da noi, ma lo devi fare con la franchezza dell’uomo vero. Se però – tornado all'attualità- ti avvicini alla Curva con lo sguardo di chi non gliene frega un cazzo di andare a salutare i tuoi tifosi, gli lanci la maglia perché pensi che così tutto sia bello e sistemato, allora non hai capito niente. ‘Pezzi di merda’ ci interessa fino ad un certo punto. Basta che si chiuda qua. Che poi la Società Inter decida di prendere provvedimenti non ci riguarda e non ci esprimiamo. Un ragazzo come Icardi, che è un patrimonio per tutti noi, (ma, come per Ibra e Balotelli, che l’attaccamento minimo alla maglia non sapevano nemmeno cosa fosse, possiamo anche tranquillamente farne a meno) con la testa dei suoi anni e le sue ragazzate, adesso ha forse l’opportunità di capire davvero cosa significhi per noi combattere con il Cuore.
Questo episodio diventi allora un monito per Icardi, come per tutti gli altri. Vogliamo essere guardati negli occhi e vedere la grinta per una partita andata male. Tutto qua. Vogliamo magari essere spronati da un giocatore durante la partita nel momento in cui sente che come tifo non stiamo dando abbastanza. Che alzi le braccia al cielo e ci inciti a cantare. Vogliamo essere uno, perché insieme siamo l’Inter. Che sia un nuovo inizio. Che in campo, tirino davvero fuori le palle. Parole di circostanza, gesti finalizzati a se stessi, che non portano a nulla, superiamoli.
Noi scriviamo a nome della Curva. A nome di quelle poche centinaia di persone che l’Inter la seguono ovunque. Di quei ragazzi e di quei ‘vecchietti’ che portano avanti il nome della Nord da anni. Nel silenzio, con la totale dedizione e la passione gratuita incondizionata per i colori dell’Inter. In ogni stadio. Senza chiedere nulla in cambio, se non il Rispetto. Il rispetto a chi dona una fetta immensa della sua vita per l’Inter nel nome della Curva. Il rispetto per la Maglia, che noi Amiamo e consideriamo Sacra.
Degli altri, non ci interessa. Non è nostro compito dare giudizi od erigerci a tribunale supremo di nessuno, se non della nostra coscienza.
All’Inter, a noi. Sempre. Curva Nord Milano 1969