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La morte di Piermario Morosini è stata inevitabile

Il dramma di Piermario Morosini ha riaperto, in parte, le discussioni sugli interventi da effettuare per prevenire a livello medico questo tipo di situazioni. Ma l’Italia è già all’avanguardia, con il Coni che da anni impone screening completi ogni sei mesi e sottopone i calciatori a ferrei test per recuperare l’idoneità agonistica. La verità è che, a volte, contro il destino nessuno può davvero nulla.
A cura di Alessio Pediglieri
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morte morosini

Una morte inevitabile – E' dura commentare ciò che è accaduto sul campo di Pescara, durante il match contro il Livorno, eppure è necessario farlo.
Perchè le morti improvvise nel mondo del calcio, soprattutto se avvengono come nel caso di Piermario Morosini, in diretta tv, hanno una risonanza spaventosa che – se utilizzata nel modo giusto – possono far riflettere e permettere che si facciano altri passi importanti nella prevenzione di queste situazioni. Purtroppo, però, lasciando ad altri i discorsi demagogici o facilmente moralisti, l'ineluttabile realtà dei fatti racconta un semplice dato: Piermario Morosini doveva morire. Frase dura? Forse, ma quando il destino decide per questa scelta non c'è altra soluzione che tenga. Non esistono interventi umani che permettano altra fine diversa dalla morte che – come la vita – fa parte della nostra esistenza. Allora appaiono fine a se stesse le discussioni che si sono moltiplicate sull'ambulanza rallentata da un'auto dei vigili in sosta vietata; su un defibrillatore forse arrivato in ritardo; sui primi interventi fatti da chi – in quei tragici istanti – pur non avendone la competenza, si è sentito d'intervenire per sperare nel miracolo; e sugli stessi giocatori compagni di squadra che si sono ritrovati a trasportare la barella personalmente.

L'accanirsi di una vita già durissima – Tutto rimane fine a se stesso. A volare via alle 16,45 di un pomeriggio di aprile è un ragazzo di 25 anni con il quale la vita era stata già fortemente avara di amore. Piermario Morosini rimase orfano giovanissimo: nel 2001, a 15 anni, perdendo la madre Camilla e due anni dopo il padre Aldo. Nel 2002 si suicidò il fratello disabile, e Piermario rimase solo al mondo, con una sorella anch'ella disabile. Eppure non era solo, aveva una ragazza che lo amava, dei compagni di squadra e dirigenti che lo amavano, dei tifosi che lo amavano.
Non solo: al momento della notizia della tragedia, tutti coloro che in un lontano passato o nel recente presente avevano avuto la fortuna di incontrare sul loro cammino Piermario Morosini, ricordano solo il bene e la semplicità di un ragazzo che aveva reagito ai drammi della vita nel modo migliore, regalando positività e impegnandosi quotidianamente nella passione che era diventata la sua professione. Almeno questo si evince da chi lo ricorda in queste ore.

morte morosini maglia vicenza

Il ricordo di Favini e di Cosmi – Atalanta, Udinese, Bologna, Vicenza, Reggina, Padova, Livorno. Nel suo girovagare calcistico Piermario Morosini ha militato in tantissime società, giocando in molte squadre da Bergamo a Reggio Calabria, in tutte le categorie – arrivando all'esordio in serie A il 23 ottobre 2005 – e ad appena 25 anni compiuti aveva già indossato le maglie di tutte le nazionali giovanili dall'Under17 all'Under21 con cui partecipa nel 2009 all'Europeo di categoria in Svezia. Non una carriera da predestinato ma una crescita costante e soprattutto la fortuna di fare esperienze importanti in attesa del definitivo salto di qualità. Ma soprattutto, anni di calcio in cui, ovunque sia stato, ha las
"L'ho conosciuto quando aveva 12-13 anni, ha giocato in tutte le nostre squadre giovanili e di tutte è stato capitano, fino alla primavera. Poi è stato acquistato dall'Udinese che prese in blocco quattro ragazzi nostri. La sua morte ha lasciato il segno". Queste le parole di chi l'ha tenuto a battesimo nel calcio, Mino Favini, responsabile del settore giovanile dell'Atalanta. "Pensavo che la vita l'avesse già provato fin troppo e invece è arrivata anche quest'ultima tragedia, ma nonostante questo teneva sul volto velatamente triste una dolcezza incredibile e aveva una disponibilità totale nei confronti dei compagni".
Parole di commozione e affetto anche da parte di Serse Cosmi, l'allenatore che lo fece debuttare in A, con la maglia dell'Udinese:

Era un ragazzo che nonostante nella vita ha affrontato diverse disgrazie non lo dava mai a vedere, era forte e fragile allo stesso tempo. Piermario l'ho allenato, l'ho fatto esordire durante una partita contro l'Inter. Lo vedevo giocare in primavera, aveva un passato nelle nazionali giovanili. Perdevamo, credo 1-0, contro la squadra di Mancini. Tornai nello spogliatoio arrabbiato con i centrocampisti che non andavano a prendere la palla per organizzare il gioco. In un momento di rabbia dissi, adesso gioca Morosini e vi fa vedere come si sta in campo. Mi ricordo che era una cosa provocatoria, Leonardi annui era nello spogliatoio. Perdemmo lo stesso la partita, ma in quei 45 minuti dimostrò che era il giocatore che serviva in quella partita".

piermario morosini maglia nazionale

Da Novellino ai compagni di Under 21 – Da Bergamo e Udine al profondo sud, a Reggio Calabria, il discorso non cambia: "Un ragazzo bravissimo, di poche parole, e un ottimo centrocampista ma con una gran voglia di arrivare – ha ricordato Walter Novellino che l'ha allenato ai tempi della Reggina, nella stagione 2009-2010 – La morte di un ragazzo su un campo di calcio sia un dispiacere per tutti, per chi lo conosceva e per chi ama il calcio e lo sport in generale". Stessi ricordi, stesso affetto anche per chi l'ha conosciuto in Nazionale, come Vincenzo Marinelli, team manager della Nazionale Under 21: "Sono distrutto, Piermario lo conoscevo da circa sei anni, perché è stato con noi prima con la Nazionale Under 17, poi con l'Under 21. Un grande atleta, un ragazzo stupendo, ma allo stesso tempo sfortunato".
E il "ragazzo splendido" che "non si meritava tutto questo" ritorna nei ricordi di Andrea Ranocchia che, con Piermario Morosini, aveva condiviso l'avventura dell'Under21 e le stanze dei ritiri; stessi pensieri degli altri suoi ex colleghi di nazionale, come Lorenzo De Silvestri ("Sono scioccato, senza parole, riposa in pace") o Alessio Cerci ("Nessuna parola può descrivere il dolore di questo momento. Addio"). Così come i ricordi e le frasi di cordoglio che sui vari social network hanno ricordato Piermario Morosini. Facile buonismo e semplici coincidenze? Difficile pensarlo.

oamggio per morosini

I controlli medici nel calcio: Italia all'avanguardia – Ma una coincidenza fatale è stata proprio la sua morte in campo. L'autopsia di lunedì chiarirà se sia stato un problema cardiaco o uno di natura neurologica, fatto sta che non poteva essere prevenuto il malore che ha colpito Piermario Morosini. Tutti i giocatori che giocano a calcio a livello professionistico, sono sottoposti a due screening completi all'anno, ogni sei mesi, che permettono o meno di consegnare un certificato di idoneità all'attività fisica. E ogni volta che accade un trauma, di qualsiasi natura (si pensi, per facilitare il concetto ai casi più famosi di Antonio Cassano e Gennaro Gattuso) e che mette in dubbio l'integrità dei giocatori, l'idoneità viene ridata solamente dopo ulteriori test e analisi.
In Inghilterra, ad esempio, non vi è questo obbligo che in Italia è stato voluto dal Coni e che permette un monitoraggio capillare sugli atleti. Non solo, perchè si sono fatti passi da giganti anche nella ricerca medica sportiva e sono aumentati i mezzi e i modi di pronto intervento nei vari campi di calcio. Non solo di Serie A, ma anche nei campi di periferia dalla Serie B a quelli di Lega Pro, con ambulanze, personale medico e defibrillatori.
Eppure, tutto ciò potrà permettere qualche miracolo (basti pensare al caso del giocatore Fabrice Muamba il centrocampista del Bolton, salvato per l'utilizzo immediato del defibrillatore in campo e delle costanti cure mediche immediate), ma mai debellare la morte improvvisa dei giocatori. In questo senso, le statistiche parlano chiaro: ciò che è avvenuto a Piermario Morosini, accade ad un calciatore ogni centomila. Una media bassa che se, si proietta il dato al numero di chi pratica questo sport in Italia, diventa altissima. Non si può pensare, dicono gli esperti, a screening di massa, nè a ulteriori controlli medici più di quanto non siano monitorati i calciatori, tra gli atleti professionisti più controllati. Ma non si può compiere nemmeno una caccia generale alle streghe, mettendo a disagio tutti gli altri calciatori che oggi, davanti a quanto successo a Piermario Morosini, si sentono nudi ed indifesi. Ciò che è accaduto, accadrà ancora. Sempre. Senza rimedio.

striscione per morosini

Le conferme mediche – A confermarlo, le decine di pareri medici arrivati da ognidove, tutti spiegati con cognizione di causa. Il professor Andrea Causarano, medico sociale del Siena ha infatti ricordato come certe situazioni non possano essere previste o prevedibili:

La normativa italiana è una di quelle più all´avanguardia: siamo stati i primi a fare accertamenti ampi su dilettanti e professionisti, questi ultimi sottoposti ad accertamenti semestrali. Ci sono però situazioni quasi impossibili da scovare e scongiurare nonostante tutto: siamo all´avanguardia nella prevenzione, anche se spesso nella nostra frenesia e ansia di recupare prima i calciatori tendiamo a trascurare eventi magari banali come forme virali sui quali bisognerebbe andare più cauti. Si può sempre migliorare ed ampliare il ventaglio delle indagini diagnostiche, restiamo però un modello che viene seguito dalle altre Federazioni".

Parole confermate dallo stesso medico sociale del Pescara calcio, Ernesto Sabatini, tra i primi soccorritori di Morosini:

Sul campo il defibrillatore non è stato usato perchè è uno strumento che rileva automaticamente gli impulsi elettrici del cuore, e come in questo caso se non c'è impulso la macchina non parte. Quindi se non c'è impulso elettrico dal cuore o se il cuore ha ripreso a battere, il meccanismo automatico del defibrillatore non si mette in funzione. Per un attimo il ragazzo si era ripreso, quindi non serviva. Poi so che in ambulanza hanno provato ancora ma senza esito, e che quando è giunto al Pronto Soccorso la prima cosa che hanno fatto è stata provare a mettere un pace maker via endovena proprio per ridare elettricità al cuore".

L'unica cosa che si potrà fare ancora, sarà quella di onorare al meglio la memoria del calciatore, come è accaduto in questa circostanza: fermare il mondo del calcio, per una doverosa riflessione. La giornata in programma in questo weekend slitterà interamente al prossimo (21 e 22 aprile) mentre quella in programma tra sette giorni verrà recuperata in infrasettimanale il 25 aprile. Del resto non ci sono altre soluzioni e peccato per Prandelli che si vedrà costretto a cancellare gli stage azzurri in programma proprio il 23 e 24 aprile.

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