La morte del figlio e l’abisso della cocaina, la FA grazia Livermore

Il dolore per la morte del figlio, la droga e il rischio di squalifica che pendeva come una mannaia tra capo e collo hanno trasformato la vita di Jake Livermore in un inferno. Il calciatore dell'Hull City era finito nell'abisso di solitudine e autodistruzione per la grande sofferenza provata per la scomparsa prematura del ragazzino. E' stato come se gli avessero strappato il cuore dal petto, gli è sembrato d'impazzire di fronte a quel terribile lutto che gli aveva sconvolto l'animo e la vita. Trovato positivo alla cocaina, il centrocampista, 25enne, ha atteso con ansia il verdetto della Football Association. La Federazione inglese, però, ha usato un metro di valutazione e di giudizio differente nel caso specifico: secondo il regolamento, avrebbe potuto anche condannarlo a uno stop fino a un massimo di due anni, ma questa volta ha lasciato che a prevalere fosse l'interpretazione più ‘umana' della legge, la disponibilità a comprendere il dramma e la debolezza dell'uomo prima ancora del calciatore.
Com'è andata a finire? Che il collegio disciplinare della FA ha deciso di non punire Livermore, lasciando che a prevalere in suo favore fossero alcune circostanze attenuanti ‘straordinarie'. Graziato, il calciatore dell'Hull City potrà continuare la sua carriera, trovando anche nell'attività agonistica e nel contatto con i compagni di squadra all'interno dello spogliatoio la forza per risalire la china e tornare a una ‘vita normale' dopo la tragedia patita. Cresciuto nel Tottenham e con un passato in prestito a tantissimi club inglesi (tra cui il Leeds, il Derby County e l'Ipswich Town), Livermore era giunto due anni fa tra le fila del club della contea dell'East Riding of Yorkshire per 8 milioni di sterline (circa 11 milioni di euro). Sospeso, aveva rischiato persino il licenziamento da parte del club.