La Juve perde in finale col Real, campane a festa in chiesa. Parroco chiede scusa
Campane a festa per la sconfitta della Juventus nella finale di Champions contro il Real Madrid. E' successo a Nichelino, centro nei pressi di Torino, poco dopo il tri0plice fischio che ha sancito il ko dei bianconeri a Cardiff. Primo tempo equilibrato, la prodezza di Mandzukic aveva alimentato la convinzione che contro le ‘merengues' l'impresa fosse possibile nonostante la malasorte ci avesse già mezzo lo zampino (la prima deviazione galeotta di Bonucci su tiro di Cristiano Ronaldo). Nella ripresa il crollo di ogni illusione assieme alla difesa che fino allora era stato il punto di forza della squadra di Allegri.
Quattro sberle sul muso, quattro pappine che hanno fatto sobbalzare dal divano gli anti-juventini. E così l'Italia che odia (in senso sportivo) la ‘vecchia signora' s'è ritrovata in strada a fare caroselli e a sparare fuochi d'artificio (è successo a Napoli, in particolare), a inondare la Rete di messaggi e sfotto' (originali quanto sferzanti quelli rivolti a Higuain e alla sua fama di ‘perdente' nella finali).
A Nichelino, invece, qualcuno ha deciso di vestire i panni di ‘don Camillo' per sbeffeggiare il ‘Peppone' bianconero. Possibile che sia capitata una cosa del genere? Possibile che un uomo di chiesa si abbandoni ad atti del genere? Riccardo Robella, parroco della ‘Santissima Trinità' (tifoso del Toro e noto per essere cappellano dei granata) ha voluto subito chiarire che s'è trattato di un equivoco, prendendo le distanze da quella bravata (così l'ha definita) commessa da un suo collaboratore. Lo ha fatto chiedendo scusa per l'accaduto in un post pubblicato su Facebook.
La bravata è frutto di un mio collaboratore, il quale ha agito a mia insaputa – si legge -. Mai e poi mai mi sarei permesso un gesto simile, come mi pare sia successo in tutti questi anni che sono con voi. Mi scuso per il suo atteggiamento irresponsabile, ha commesso una grave stupidaggine e ne prendo assolutamente le distanze. Il mio, nostro, pensiero va alle famiglie dei feriti e delle persone in ospedale. Mi auguro che il collaboratore chieda scusa in prima persona – ha poi aggiunto a La Stampa -. Deve capire di aver commesso un errore enorme.