La cresta è contro l’Islam, in Arabia Saudita calciatore costretto al taglio dei capelli

Avete presente le acconciature di Pogba? Il pentragamma musicale, il Pokemon, le stelle, la cresta colorata oppure le meches sfumate nella maniera più bizzarra. E poi il look spesso stravagante di Balotelli o il taglio da mohicano di Marek Hamsik? Ebbene, questi tre calciatori – tanto per fare un esempio – in Arabia Saudita (qualora militassero in quel campionato) avrebbero difficoltà a scendere in campo. Anzi, ‘a causa' della loro capigliatura, la partita nemmeno potrebbe iniziare. Le regole ferree che vigono in quel Paese, in quanto a modo d'indossare la divisa della squadra e a ‘presenza scenica', non concedono indulgenze né ammettono eccezioni.
Un episodio avvenuto di recente lo conferma. "O dai un taglio ai capelli oppure non puoi giocare", è l'aut aut imposto a pochi minuti dal fischio d'inizio al portiere dell'Al-Shabab, Waleed Abdullah: arbitro, ufficiali di gara ed emissari della federazione lo hanno costretto a tagliare la cresta prima del match. I suoi capelli erano troppo lunghi e in quel modo non gli avrebbero permesso di andare sul rettangolo verde. Stupito, il calciatore ha tentato anche di opporsi, cercare una mediazione… ha perfino provato a spiegare – con una mimica molto chiara – che aveva già un taglio di capelli abbastanza corto.
Ma non c'è stato verso di convincere il direttore di gara. "O tagli o niente, vai a casa". Da cosa deriva tanta intransigenza? Le autorità sportive saudite non ammettono strappi, né concessioni rispetto alle leggi arabe che prescrivono un look più sobrio anche per i giocatori. Sicché la cresta di Waleed Abdullah è considerata anti Islam e va ‘spuntata': forbici alla mano, un membro dello staff tecnico sottopone il calciatore al taglio dei capelli. Per la cronaca l'Al-Shabab (società di Riyad) ha perso la partita col risultato di 2-0.