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La coppa salva il Milan, Inter ora che succede?

L’Inter di Spalletti si è spenta dopo il match di Coppa Italia contro il Pordenone. Gattuso non trova la via d’uscita per un Milan a cui, dice, mancano malizia e cattiveria. Che futuro racconterà la Milano del calcio?
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Milano è città del futuro. Ma che futuro attende la Milano del calcio? Che futuro raccoglierà la Milano dei fondi che il fondo lo sta toccando, la Milano d’Oriente e d’America che luce non vede? Che futuro racconterà la Milano cinese che si specchia nei tatuaggi e nei gol di un capitano simbolo e sogna il suo posto al sole? Se il derby di Coppa Italia, deciso da Cutrone, è, parola di Gattuso, come una finale dei Mondiali. Se la sfida dell’orgoglio, in una competizione spesso subita, occasione per far rifiatare i titolari e lasciar spazio a chi gioca meno, diventa una partita importantissima, parola di Spalletti, vuol dire che qualcosa sta cambiando. Che la Coppa Italia si è trasformata nel gancio su cui attaccare le poche certezze, nella freccia da lanciare al cielo per cancellare le nuvole di dubbi all’orizzonte della stagione.

Gattuso: “Ci manca malizia”

L’errore di Donnarumma contro l’Atalanta, graziato da un fischio benevolo e da un fuorigioco che non evita la sconfitta ma almeno non aggrava il peso sulle sue spalle così larghe eppure così vicine a spezzarsi sotto l’insostenibile leggerezza di essere se stesso, è la fotografia di questo Milan. "Ci manca fame, malizia, cattiveria" sintetizza Gattuso. “Sembriamo una squadra che gioca impaurita e che fa una fatica pazzesca”. Affondano come singoli, naufragano come gruppo. E i paragoni col passato, con stagioni diverse, nemmeno i ricordi del 5-0 nel derby di Coppa Italia del 1998 illuminato dal genio di Savicevic, non aiutano. I problemi si risolvono senza allungare o arretrare l’orizzonte degli eventi.

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Che succede all’Inter?

Milano è città di frontiera, confine sempre variabile di opposti estremismi, sospesa tra il nervosismo e la speranza disillusa. Con la Coppa Italia come limite, linea di faglia fra il prima e il dopo. In mezzo, il Pordenone, i cambi “da 250 euro”, i rigori, i cori per Nagatomo. E poi l'autorete di Antonio Donnarumma cancellato, gli oltre 100 palloni toccati da Cancelo e Vecino, gli errori sotto porta. Quello che per molti, per chi ci crede e per chi è solo scaramantico, avrebbe dovuto essere l’anno dell’Inter, cambia presto colore. La prima sconfitta in campionato ha alterato anche gli equilibri fra lo Spalletti mourinhiano e una dirigenza con cui l’intesa, nel calor della battaglia persa, si fa sfilacciata. Galeotto fu Ausilio e un aiuto a parole non sufficiente per costruire una squadra da scudetto.

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Aggrappati a Icardi

Se sparisce Icardi, che per Natale si regala, si fa per dire, il rigore sbagliato a Reggio Emilia, sparisce l’Inter che ha segnato solo un gol nelle ultime cinque partite. I soli 7 cross utili su 48 contro il Sassuolo raccontano di una squadra che perde velocità, fluidità. Di una squadra che arruffa, si impegna, si inviluppa con poco costrutto. Icardi non si tira su, i dardi delle alterne fortune colpiscono dove fa più male e Immobile resta il miglior bomber nell’anno solare in campionato: 29 reti contro i 27 di Icardi e Mertens. Maurito, a cui mancano due centri per la terza cifra in Serie A, il simbolo che gioca com’è e come vorrebbe che suonasse la squadra-orchestra intorno a lui, allunga e catalizza la squadra.

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Ma non guarda ai numeri. Perché la serie A, sentenzia Tevez, è l’università degli attaccanti. Ma “le gioie personali non hanno senso senza trofei o traguardi importanti. L'anno scorso ne ho fatti molti di gol, non sono però serviti a niente" ha detto Icardi alla Gazzetta dello Sport. E l’Inter, per aumentare le gioie di entrambi, e zittire eventuali canti di sirene post-mondiali, ha pronto un contratto da 7 milioni fino al 2023.

 Pochi giocatori da Milan?

I soldi, verrebbe da dire, non fanno la felicità. Vanno, questo sì, saputi spendere. "Sento parlare molto di mercato e giocatori sbagliati – sottolinea il ds rossonero Mirabelli a Sky – Quando abbiamo fatto questa campagna acquisti si è detto che c'erano tanti nazionali e giocatori giovani ed importanti. Mi dispiace perché sappiamo che potevamo fare meglio dall'inizio".

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Una squadra, ha detto Berlusconi, con pochi giocatori “da Milan”: Donnarumma, che ha saltato il derby di Coppa per una contrattura sostituito dal fratello graziato dalla buonasorte e dalla posizione di Ranocchia, Bonaventura, Suso, che ha illuminato anche stasera. E tanti soldi spesi, almeno finora, senza che i benefici siano proporzionali ai costi. I costi per Kalinic, l’attaccante con la peggior media di reti per minuti giocati nella rosa rossonera, per Biglia, che ha visto Montolivo tornargli davanti nelle gerarchie di Gattuso, per Bonucci che, ha detto Capello a Sky, “è il miglior difensore italiano quando ha la palla tra i piedi, e tra i primi tre al mondo. Ma non sa difendere. Ha grandi problemi. Era l’ideale nella Juventus dove faceva il libero. È perfetto per giocare a tre, a quattro fa fatica”.

Un derby da 660 milioni… di debiti

Tra nerazzurri e rossoneri le divisioni aumentano. Ma c'è un colore che le unisce, il rosso. Il rosso dei conti. L'Inter ha chiuso il bilancio al 30 giugno in rosso di 24 milioni, più contenuta rispetto al 2016. Il club ha appena emesso un bond da 300 milioni appena emesso dall'Inter, il primo per un club calcistico dopo quello che ha salvato il Manchester United nel 2010, che va rimborsato entro il 2022.

Il Milan, invece. deve rifinanziare entro il prossimo ottobre i 36o milioni, interessi compresi, che il fondo Elliott ha prestato a Yonghong Li (180 milioni dalla Rossoneri Sport e il resto dal Milan), a cui si aggiungono le eventuali rate per la campagna acquisti estiva e il maggior peso degli ingaggi. "Le speranze sono riposte nel rifinanziamento con il fondo Hps Investment Partners, ex divisione del fondo internazionale Highbridge" scrive Carlo Festa sul Sole 24 Ore.

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 Le più amate d'Italia

Nonostante i problemi, il derby di Milano rimane la partita più vista finora in Serie A, insieme all'altro sold out a San Siro per Milan-Juve. Il capitale di orgoglio e passione, che si rispecchia nei 50 mila spettatori per la sfida di coppa post-natalizia, va difeso. Secondo un report elaborato dall'Osservatorio Calcio Italiano, l'Inter risulta la squadra con la media di presenze più elevata nelle gare casalinghe (57.886 spettatori, +24.2% rispetto allo scorso campionato), ma è il Milan, anche per l'entusiasmo generato in estate dalla nuova proprietà e da una campagna acquisti importante nei nomi quanto deludente nei fatti, che fa riscontrare l'aumento più cospicuo nell'ultimo anno (53.127 tifosi, +31.7%).

Obiettivo Europa

“Mi auguro con tutto il cuore che i nostri giocatori”, tutti i giocatori, ha scritto Yonghong Li, “affrontino ogni momento dell'allenamento e della partita con un impegno senza pari, e che combattano sempre".

L’obiettivo di un posto in Europa, accordo o non accordo con l’Uefa, passa per la passione di Gattuso, uno che “è talmente legato al club che darebbe tutto quello che ha al mondo pur di creare dei presupposti positivi per la ripresa di questo Milan”. Darebbe quello che gli manca e quello che non ha. Ma il vero dubbio, adesso, è un altro: cosa manca per rifinanziare il prestito al fondo Elliott? E cosa succederà se il Milan dovesse finire in mano al fondo Elliott? Per Festa, che ne ha scritto nel suo blog sul Sole 24 Ore, il futuro più probabile se non si troveranno i fondi è la cessione, per una cifra intorno a 450 milioni, con Berlusconi che potrebbe aiutare a trovare i compratori.

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Inter, organico da completare

L’Inter, che non ha certo problemi di proprietà, qualche scricchiolio comunque lo avverte. Ausilio e Spalletti cercano un profilo da aggiungere al mosaico, un elemento alla Vidal che avvicini il centrocampo all’attacco e lenisca l’auto-imposta solitudine di Icardi nel suo regno d’area da cui difficilmente si allontana.

Finora Suning, proprietario di uno dei principali retailer mondiali dell'elettronica, sul mercato ha investito 83 milioni in estate. Spese oculate per un gruppo che nel 2018 dovrà probabilmente ricomprare la quota del 30% ancora in mano all’indonesiano Erick Thohir.

L’assetto particolarmente offensivo nel derby, però, è più una risposta alle contingenze del momento che il segno di un cambio di paradigma nel senso dell’attacco come miglior difesa. Senza Miranda e D’Ambrosio, praticamente con due soli centrali di ruolo disponibili, Spalletti può fare poco altro. La coperta si rivela per quel che è, in un periodo dell’anno ingolfato di match e scarso di alternative praticabili, la necessità diventa virtù e la brillantezza un corollario visibilmente insufficiente, sostanzialmente necessario.

E il derby diventa lo specchio che serve per liberarsi dalle catene. Così, come direbbe De Gregori, vediamo dove stiamo e dove stiamo andando. Così impariamo ad imparare e a sbagliare sbagliando.

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