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La Germania vince perché è una squadra. Ecco come è nata: giovani e programmazione

La nazionale di Loew straripante al Mondiale. Il risultato è la punta dell’iceberg di un sistema rinato dalle proprie ceneri dopo l’unificazione: nuovi stadi, bilanci positivi, ampliamento del settore giovanile, coniugando integrazione e pianificazione tecnica.
A cura di Alessio Pediglieri
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Germania uber alles. Indistruttibile. Dirompente. Fatale come il gol di Mario Goetze, l'uomo d'oro del calcio tedesco cresciuto alla scuola di Jurgen Klopp nel Borussia Dortmund. Passato al Bayern Monaco di Guardiola ed eroe della serata di gloria al Maracanà contro l'Argentina. Suo il gol che ha piegato in due le speranze dei sudamericani di alzare la Coppa sotto il cielo verde-oro. Germania uber allea, perché proprio il segno lasciato da Mario Goetze è l'esempio, la testimonianza diretta del grande lavoro di programmazione della ‘locomotiva' di Loew. La vicina Francia non presenta alcun riferimento degno di nota e la lontana Inghilterra appare, come la Spagna, ricca di contraddizioni, ecco che il modello di riferimento diventa la nazionale teutonica approdata alla partita contro il Brasile vincendo e convincendo contro la Francia di Deschamps 1-0. Dopo aver raggiunto la semifinale per la quarta volta consecutiva, i tedeschi sono stati straripanti contro i verde-oro, tramortiti e umiliati in meno di mezz'ora. Nulla ha scalfito la compattezza dei panzer, loro sono una squadra e lo hanno dimostrato anche contro l'Albiceleste dei ‘solisti'. Nulla ha scalfito la Germania, nemmeno al malasorte che ha messo ko Khedira prima (avvicendato a pochi istanti dal fischio d'inizio) e Kramer poi. Ma se hai in mezzo al campo un gladiatore come Schweinsteiger puoi resistere a tutto. Cuore, identità di gioco, grande forza. E' la Germania, sono i campioni del mondo.

Dal modello inglese all'esempio tedesco

Oggi è passato di moda il modello inglese e s’invoca, non a caso, proprio il modello tedesco che è rinato e rifondato attraverso violente cadute e cocenti delusioni passate. Si è ripartiti però da zero in una lunga, faticosa marcia che ha riportato il movimento all’avanguardia nello sviluppo del sistema calcio, trasformandosi in esempio agli occhi di tutti. Gli stadi, il rapporto delle società con le proprie tifoserie, la cura dei settori giovanili, la nazionale vincente e multietnica. E' evidente che anche il prodotto calcio dipenda direttamente dalla struttura economica e dal tessuto sociale di un Paese e la Germania oggi politicamente, socialmente ed economicamente sta molto meglio di noi.

Unificazione, anno zero

Ma non si deve dimenticare un fatto storico essenziale: la drammatica crisi tedesca degli anni 80 derivante dalla post unificazione che i tedeschi hanno saputo trasformare da zavorra a locomotiva tramutando un problema in una splendida opportunità di crescita. Non solo calcistica. Sul finire degli anni '90 la serie A era ancora il campionato migliore del mondo, con Liga e Premier che iniziavano il proprio percorso di crescita pur continuando ad imparare tecnica e tattica dalla nostra scuola. La Bundesliga era ancora un campionato di livello inferiore con i talenti più interessanti che puntualmente cambiavano casacca e anche campionato.

L'integrazione razziale, il primo passo

La nazionale di oggi agli ordini di Loew è una perfetta sintesi delle etnie che il Paese ha saputo integrare nel suo insieme, grazie ad un lavoro politico e sociale che il calcio ha trasformato in una apoteosi miscellanea di campioni provenienti un po' da tutte le parti del mondo ma che han potuto prendere cittadinanza (e sposare la nazionale tedesca) senza intrighi o scorciatoie burocratiche: in Germania dal nuovo millennio basta che uno dei due genitori abbia un permesso di residenza permanente da almeno tre anni per considerare il nascituro cittadino tedesco. Come in Belgio, dove si diventa subito belgi se si è nati sul territorio o alla maggiore età se uno dei due genitori vi risiede da almeno dieci anni. Il riflesso sul calcio? E' sotto gli occhi di tutti. Nel Belgio giocano i vari Curtuois, Witsel, De Bruyne, Fellaini, Lukaku e Hazard. In Germania ecco in rosa Ozil di origini turche, Klose polacco naturalizzato tedesco come Podolski, Khedira di origini africane, Boateng di padre ghanese, Mustafi di origini albanesi. L'Italia è al contrario ancora ferma ai litigi e ai razzismi attorno ai vari Romulo, Osvaldo, Paletta, Thiago Motta e al colore della pelle di Balotelli. Troppo poco, troppo provinciale.

I nuovi fatturati, la svolta

A dimostrazione della rinascita e dello sviluppo del movimento, ci sono anche i fatturati fatti registrare dai club della Bundesliga in patria e in Europa. Il fatturato complessivo del campionato tedesco nella stagione 2012-2013 ha superato i due miliardi di euro, segnando una crescita dell’8% rispetto all’anno precedente. Determinanti in questo caso i successi di Bayern Monaco e Borussia Dortmund: più dell’80% dell’aumento dei ricavi è dovuto infatti alle due finaliste della penultima edizione della Champions. Solo la Bundesliga (e la Premier League inglese) ha generato un utile operativo nel 2012/13. I tedeschi hanno stabilito un nuovo record aumentando i profitti operativi di 74 milioni di euro, il 39% in più rispetto alla stagione precedente, attestandosi a 264 milioni.

Il settore giovanile, il vaso di Pandora

Come il Paese reale anche il calcio, come sistema, è ripartito da lontano, sfruttando un'opportunità che è divenuta volano sportivo: i Mondiali del 2006. Un'occasione che non è morta all'indomani della notte di Berlino ma che vive ancor oggi e fa primeggiare il calcio teutonico in Europa e nel mondo. Ma il vero segreto della Federazione insieme alla Lega calcistica non sono stati i Mondiali ma sapere che nel 2006 ci sarebbe stato tutto il mondo a guardare la Germania. Già nel 2000 infatti i vertici di Francoforte avevano investito 520 milioni di euro nella costruzione di 366 "stützpunkte" e di 29 "stützpunktkoordinatoren", le basi di formazione e i centri di coordinamento. E ancora oggi la federazione spende 2,5 milioni al mese per la loro manutenzione. La Dfb ha messo a punto una programmazione e delle regole precise che son divenute chiavi della rinascita negli anni, con costanza, aumentando il numero degli osservatori federali nei confronti dei ‘giovanissimi' talenti da crescere, setacciando la propria zona di competenza alla ricerca di talenti tra gli 11 e i 15 anni. I più promettenti vengono convocati nei “Stützpunkte”, i punti di ritrovo della federazione dove vengono allenati in piccoli gruppi e dove avviene la prima scrematura.

Regole ferree, chi sgarra è fuori

Da lì in poi, entrano in gioco i club che prendono gli elementi migliori per i settori giovanili secondo parametri imposti dalla Federazione. Perchè tutte le società che vogliono essere affiliate alla Dfb devono superare test severissimi d'efficienza. Tutte le società per partecipare ai campionati nazionali devono possedere un settore giovanile completo di tecnici aggiornati, campi, palestre, medici, fisioterapisti, insegnanti, psicologi e perfino di attrezzature per lo svago. Nulla è lasciato al caso, tutto è pianificato così come i bilanci delle stesse società che sono positivi, con introiti che arrivano da investimenti diversificati. Una parte dagli stadi rigorosamente di proprietà, una parte dal merchandisign, una parte dai diritti televisivi da rivendere in patria e all'estero. Che permettono ai club di poter spendere e costruire squadre di primissimo livello come è accaduto nell'ultima stagione, quella del triplete bavarese coincisa con la finalissima di Champions League tutta teutonica con il Bayern che ha affrontato il Borussia.

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