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L’addio di Massimo Ambrosini, l’ultimo eroe rossonero di una dinastia ormai scomparsa

Termina con una fredda conferenza stampa la lunga storia d’amore tra Ambrosini ed il Milan. Oggi alle ore 13, “Ambro” saluterà tutti da San Siro: quella che è stata la sua casa per ben 18 anni.
A cura di Alberto Pucci
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Finale amaro – Mancherà a tutti, Massimo Ambrosini. Mancherà ai suoi compagni, ai suoi tifosi, persino agli avversari. Sono sicuro che, alla fine, mancherà anche a chi lo ha congedato in maniera così poco elegante. Mancherà anche a noi che, ogni maledetta domenica, lo aspettavamo nella "mixed zone" di San Siro e lo ammiravamo andar via con i suoi splendidi bambini, inconfondibilmente biondi come lui. Oggi Ambrosini dirà addio alla "sua" Milano e, probabilmente, comincerà a pensare al suo imminente futuro che, salvo sorprese, dovrebbe essere lontano dall'Italia. Il calcio italiano perde un altro pezzo di storia. Un'altra icona del "football" nostrano, con tanti anni di militanza anche in azzurro, è pronta a salutare tutti e a lasciarci come i vari Del Piero, Nesta e compagnia bella. Il biondo Gladiatore ispanico di molte battaglie milaniste, l'Arsenio Lupin del centrocampo rossonero, taglierà oggi all'ora di pranzo il cordone ombelicale che lo ha tenuto attaccato al club di Via Turati sin dal 1995: da quando arrivò a Milano, appena maggiorenne, scelto da Fabio Capello e acquistato dal Cesena per quasi quattro miliardi di lire. Soldi spesi più che bene da Galliani che, nel corso degli anni, ha incassato una "plusvalenza" clamorosa generata dai trionfi che il pesarese ha contribuito a raggiungere: quattro Scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe Italiane, due Supercoppe Europee', due Champions League, ed un Mondiale per Club.

Bandiera ammainata – Nonostante negli ultimi anni il tifoso del Milan si sia abituato a tenere il fazzoletto a portata di mano, dire addio a Massimo Ambrosini non sarà per niente facile. Quel senso di appartenenza tanto caro a Berlusconi e Galliani, quel tormentone del "diamo il Milan ai milanisti", quei rinnovi contrattuali, a più zeri, come segno di riconoscenza verso alcuni giocatori (che tanto hanno fatto male alle casse del Diavolo)…tutte queste belle cose, queste buone intenzioni si sono ormai volatilizzate. Non c'è più "quella" società, non ci sono più le bandiere. E quelle poche ancora esistenti, le stanno ripiegando malamente in un cassetto senza nessun pudore. Nel giro di pochi anni la dirigenza rossonera ha, infatti, raso al suolo l'ultima squadra che vinse la Champions League. Demolizione che sta continuando, pezzo dopo pezzo, anche con quella che, due anni fa, conquistò il tricolore. Massimo c'era ad Atene, così come era in campo a Roma a festeggiare l'ultimo Scudetto.

Ricordi incancellabili – Nell'album delle fotografie di ogni tifoso, ci sono sempre degli scatti a cui si è più affezionati. I diciotto anni di Milan, di Massimo Ambrosini, sono ben rappresentati non solo dai trionfi e dalle coppe alzate (l'ultima supercoppa vinta dal Milan, a Montecarlo contro il Siviglia, fu proprio Ambro a sollevarla da Capitano), ma anche da momenti e attimi incancellabili tanto cari ai tifosi milanisti. Come quel pomeriggio del Maggio 1999, quando a San Siro il Milan di Zaccheroni superò la Sampdoria faticando non poco e grazie ad un "siluro" del centrocampista e, soprattutto, al gol nei minuti di recupero di Ganz partorito da un corner conquistato e battuto al limite delle forze dallo stesso Max. Attimi ancora vivi nella mente dei tifosi, come quel "ponte aereo" nel finale di Milan-Ajax di Champions League: un colpo di testa disperato che servì Pippo Inzaghi e che generò il gol qualificazione di Tomasson. Oppure come il gol qualificazione, al 90esimo, di Eindhoven che spalancò al Diavolo le porte della finale di Istanbul, poi tragicamente buttata al vento. La storia di Ambrosini giunge oggi al capolinea. Lui avrebbe voluto continuare….purtroppo il capo cantiere della società rossonera, non è stato dello stesso avviso. Hanno vinto ancora le ruspe di Galliani & co., ma il buco lasciato lì in mezzo, dopo l'ennesima demolizione, difficilmente potrà essere nascosto.

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