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Juventus-Bayern Monaco, due modelli di successo

La Juve arriva dalla stagione del fatturato record grazie ai diritti tv e alla finale di Champions. Il Bayern ha chiuso con il risultato operativo migliore di sempre. Le tattiche estreme di Guardiola. La flessibilità di Allegri.
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Due modelli di successo. Due squadre che raccontano due storie di successo e sostenibilità. La regina d'Italia e i campioni di Germania. Questo è Juventus-Bayern Monaco: in palio la gloria e un posto nella storia.

Juve, fatturato storico – Dopo la stagione del record di fatturato, la Juve ha chiuso il primo trimestre del campionato 2015-16 con oltre 100 milioni di ricavi e un utile di 16,8 milioni. In gran parte, l'aumento si deve ai maggiori proventi della gestione calciatori (28,7 milioni) e al nuovo accordo che ha portato nelle casse bianconere 36 milioni dai diritti tv. Da quest'anno, poi, è entrato in vigore l'accordo (139.5 milioni a stagione più i premi per sei anni). Allegri può contare su una rosa da 486,6 milioni, scrive il Corriere dello Sport, con tre dei giocatori più pagati della Serie A: Pogba (4,5 milioni, contratto fino al 2019), Buffon (4 fino al 2017) e Khedira (4 fino al 2019). Dal 2007, l'anno del ritorno in Serie A, i bianconeri hanno speso sul mercato 626 milioni, ripagati dai 100 milioni di incassi della Champions 2014-15 e dallo status di unica squadra italiana fra le 10 più ricche d'Europa.

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Bayern: introiti record – Il Bayern ha registrato ricavi per 523 milioni di euro nella stagione 2014-15, con un Ebitda (il risultato operativo del gruppo), che per la prima volta ha superato i 100 milioni (111,3). Nonostante la piccola frenata sul fronte dei ricavi (523,7 milioni, 5 in meno rispetto al 2014), il club ha annunciato un utile da 23,8 milioni, il più alto nei 115 anni di storia dei campioni di Germania in carica. Rispetto all'anno precedente, la mancata partecipazione alla Supercoppa europea e al Mondiale per club fa scendere i ricavi da partite (da 140,8 a 137,6 milioni) e i premi per la presenza nelle coppe da 52,8 a 47,8 milioni.

Dal botteghino arrivano meno di 90 milioni nonostante la lunga e nota lista di sold out. Aumentano anche i proventi dei diritti televisivi, passati da 54,9 a 58,3 milioni di euro (53,4 per la Bundesliga, sia per i diritti nazionali che esteri). Una cifra che impallidisce rispetto alle big d'Europa, per effetto di un modello di distribuzione dei proventi basato esclusivamente sul merito sportivo, sulla base delle classifiche dell'ultimo quadriennio, con un peso maggiore per l'ultimo campionato, con l'obiettivo di mantenere il rapporto first to last entro il "criterio 2:1". “Se potessimo trattare individualmente i diritti tv delle nostre partite” ha detto il presidente Karl-Heinz Rummenigge a Manager Magazin, “potremmo guadagnare fino a 200 milioni”. Una proposta che, però, rischierebbe di di rompere un modello di sostenibilità di riferimento in Europa.

Il marketing bavarese – “Nel vecchio edificio del club” si legge in Goal Economy di Marco Bellinazzo, “l'ufficio postale è stato smantellato per farlo diventare un negozio. E una segretaria che lavorava per Uli Hoeness ha iniziato a vendere le prime cose ai tifosi. Una sciarpa, un poster, un berretto. Il primo giorno c'erano 27 marchi e 50 centesimi nel registratore di cassa”. Quell'intuizione dell'inizio degli anni Ottanta illuminano una strada e una politica di gestione del club che ha nelle sponsorizzazioni e nel marketing i due pilastri del bilancio. Con Allianz, Audi e Adidas tra i soci di minoranza, il Bayern ha registrato 113,9 milioni di introiti commerciali nel 2015 e 101,7 milioni da marketing. Nell'ultima stagione, infine, i costi salariali sono saliti a 227,3 milioni, con un rapporto, tuttavia, sul fatturato inferiore al 50% (46,8%), segno di un club in evidente salute.

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Come gioca la Juve – Dal punto di vista tattico, è la flessibilità l'atout comune ad Allegri e Guardiola. Nel 3-5-2 bianconero, entità mutevole in fase di costruzione del gioco, è Marchisio a toccare più palloni (67.8) è il più coinvolto, davanti a Bonucci (64.4), Barzagli (64.1) e Chiellini (62.5). È la difesa, dunque, il primo step nella costruzione della manovra dei bianconeri. La Juve poggia infatti su 28'50” di possesso palla in media a partita, un 55,4% che porta i bianconeri al terzo posto nella classifica delle squadra che tengono più palla dietro Napoli e Fiorentina. Al centro del progetto Juventus rimane Pogba, che si è messo sulle spalle la squadra in entrambe le fasi, non a caso è il terzo giocatore che tira di più in Serie a (3.6 conclusioni di media), dietro solo Higuain e Insigne, e che completa più dribbling nella Juve (2.9, subito davanti a Cuadrado). Il francese si integra perfettamente, come stile e e carattere, con Marchisio, che non è un giocatore appariscente, ma garantisce scelte di gioco mai banali o limitate all’appoggio laterale.

Marchisio rimane freddo, lucido anche quando va a ricevere palla davanti alla difesa, usa bene il corpo per proteggere palla e sviluppare la manovra. Se la Juve è la squadra che, dopo il Napoli, crea più occasioni da gol in Serie A, buona parte del merito è del jolly Alex Sandro, diventato il padrone della fascia sinistra, tanto nel 4-3-1-2 quanto nel 3-5-2 che gli consente di esser ancora più determinante in fase offensiva, e dei miglioramenti fisici, tecnici, di lettura del gioco e presenza scenica di Dybala. La Joya aggiunge pressione pressione costante sui difensori avversari, aumenta gli spazi, facilita gli inserimenti e la creazione di situazioni da gol. La Juve, infatti, crea la maggior parte delle occasioni da gol attraverso il corridoio centrale e ha segnato 39 dei suoi 46 gol dall'interno dell'area di rigore. Segno di un pensiero offensivo mirato a liberare l'uomo negli ultimi sedici metri senza accontentarsi di soluzioni di ripiego come la conclusione dalla distanza.

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La partita di Mandzukic – Juve-Bayern sarà la partita di Mandzukic, centravanti moderno che pressa, si abbassa in fase di non possesso e dialoga con i compagni anche fuori dall'area. L'intelligenza tattica gli permette di trovarsi al posto giusto e la forza nel gioco aereo gli ha consentito di integrarsi in questa Juve così come in squadre dalle filosofie differenti come l'aggressivo Bayern in versione Heynckes prima e Guardiola poi, o l'Atletico Madrid che invece privilegiava il contropiede in velocità. Mandžukić è anche il primo difensore e va a pressare alto anche perché gestisce bene il contatto fisico.

Guardiola e il tiki-taka – Allegri si troverà di fronte uno degli allenatori più innovativi d'Europa, capace di lasciarsi ispirare anche dalle strategie del basket, dalle sottigliezze degli scacchi. Quest'anno, il focus non è più mantenere un elevato possesso palla (la media è scesa in tre anni dal 61 al 55%), ma muovere la palla con un'idea. È un calcio più pragmatico, in cui i lanci lunghi non sono più un tabù, come dimostra la centralità di Xabi Alonso. Il modello prevede il coinvolgimento di tutti nella costruzione del gioco: i passaggi lunghi di Jerome Boateng determinanti per i due gol al Borussia Dortmund non sono un caso. Guardiola è tornato a schierare Philipp Lahm e David Alaba, utilizzati spesso l'anno scorso come centrocampisti, nel ruolo naturale di terzini. È il segno di una squadra che adesso cerca l'ampiezza, la sovrapposizione sulle fasce, più che la verticalità nella zona centrale, più evidente nelle ultime stagioni quando alternava con più frequenza il 3-5-2 e il 3-4-3. Non è un caso che il 72% dei tiri arrivino dal centro ma il 69% delle azioni d'attacco si sviluppino sulle fasce, anche grazie a un assist-man d'eccezione come Douglas Costa che esalta un bomber di lusso come Robert Lewandowski.

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Il ritorno alla piramide – Quest'anno, Guardiola ha cambiato nove formazioni diverse. La più estrema è sicuramente il recupero in chiave moderna del 2-3-5, la piramide di Cambridge, con un principio fondamentale: nessuno è mai sulla stessa linea verticale del compagno in possesso palla. La creazione continua di triangoli moltiplica le linee di passaggio. In questo scenario fluido, le ali hanno compiti più strutturati: devono rimanere alti e larghi in ogni situazione di gioco e in determinati momenti possono scambiarsi con le mezze ali. L'obiettivo rimane la creazione dell'uno contro uno sistematico sugli esterni. In questo scenario, Douglas Costa e soprattutto Thomas Muller, che con la stessa efficacia può affiancare Lewandowski in area e rientrare in una posizione più arretrata sulla trequarti per facilitare la sovrapposizione di Lahm, risultano decisivi per ottenere la superiorità numerica negli ultimi venti metri.

La linea difensiva rimane altissima, così gli avversari, per evitare di finire in fuorigioco, sono spesso costretti a mantenere tutta la squadra, attaccanti compresi, nella propria metà campo. In questo modo, lo spazio per il contropiede si riduce e il pressing degli attaccanti diventa il primo passo verso il recupero della palla in una zona lontana dalla propria difesa. Anche i centrali, comunque, partecipano alla costruzione del gioco. È da loro che inizia la manovra, con un tocco in diagonale verso le fasce contro avversari che tendono a occupare il corridoio centrale, o un appoggio in verticale per il regista basso contro squadre che rimangono più raccolte. È l'ultimo step nella sua personale ricerca della perfezione.

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