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Italia sì, Italia no. In Portogallo abbiamo fatto la figura della nazionale dei cachi

Con un punto in due partite, l’Italia è ora ultima nel gruppo C. Se resterà in questa posizione anche dopo le gare di ritorno, gli azzurri finiranno nella seconda divisione della Nations League. Troppi i cambiamenti di Mancini in termini di uomini e di moduli. L’Italia non vince una partita ufficiale da ottobre 2017.
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Allo ‘stadio della luce', si fa buio sulla nazionale di Mancini. Il Portogallo, la squadra contro cui l’Italia ha registrato la percentuale più alta di vittorie (72%) fra quelle affrontate almeno 14 volte, domina la scena anche senza Cristiano Ronaldo. L'Italia si impegna, si ingegna ma getta la spugna fra troppi palloni persi a centrocampo e una quantità eccessiva di cross sbagliati. Il 4-4-2 di Mancini non cambia la tendenza negativa. Gli azzurri, che non vincono una partita ufficiale da ottobre 2017, hanno sempre subito gol sotto la sua gestione. E il Portogallo, che ha perso una delle ultime 26 partite ufficiali in casa, e vinto le ultime otto nello stadio del Benfica, rende amara la prima trasferta in quella Lusitania fatta di terra dura e vento che arriva dal mare e fa sentire piccoli.

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Mancini sperimenta il 4-4-2

Il 4-3-3 teorico diventa 4-4-2 con Zaza e Immobile a portare il primo pressing e Chiesa sulla linea di centrocampo da ala destra. Saranno fondamentali i movimenti fuori linea dell'attaccante della Lazio per chiudere Ruben Neves ed esacerbare la lentezza dei portoghesi nell’attaccare la seconda palla, nel coprire i corridoi interni. Se l'azione si sviluppa sugli esterni, poi, considerati anche i due terzini molto offensivi, i portoghesi faticano a gestire i tagli avversari e a coprire sugli inserimenti da dietro, come dimostrano i gol e le azioni da gol più pericolose della Croazia nell'amichevole che la squadra di Santos ha affrontato con la stessa formazione titolare schierata stasera.

Cristante, ed eventualmente Chiesa, devono ripiegare per aiutare Lazzari, terzo giocatore della Spal in nazionale, per evitare l'uno contro uno con Bruma, svelto nel dribbling, dallo scatto facile anche verso il centro, verso l'area. Anche perché Lazzari azzarda un appoggio alla mezz'ora e ne nasce l'auto-traversa di Cristante col tacco: migliori le diagonali e le coperture preventive di Criscito, più rapido nell'occasione sulla seconda palla.

La Heatmaps del primo tempo tra Portogallo e Italia. (whoscored.com)
La Heatmaps del primo tempo tra Portogallo e Italia. (whoscored.com)

Jorginho pressato, l'Italia perde troppi palloni

L'Italia gioca con linee più compatte in avvio rispetto alla sfida con la Polonia, ma fatica a trovare spazi alle spalle di Neves, nel 4-1-4-1 con cui difende il Portogallo. Nel far ripartire il gioco, l'Italia cerca di far deviare il gioco verso l'esterno perché gli esterni alti non sono rapidissimi a recuperare la posizione e i terzini stringono verso i centrali, lasciando spazio per triangolazioni e cambi di campo. Immobile, infatti, attacca la profondità, anche allargandosi, ma davanti gli azzurri non portano pressione alta sul primo portatore di palla quando Pepe e Dias gestiscono l'uscita bassa del pallone.

Il pressing alto su Jorginho, al contrario, prima fonte di gioco azzurra, è una costante che ha già dimostrato la sua efficacia a Bologna. E lo diventa ancora di più con Cristante, in difficoltà da mediano in una linea a quattro per lui più affine a un ruolo più avanzato da mezzala con libertà di inserimento, che si schiaccia sull'italo-brasiliano e la squadra di Santos può far valere il peso dell'uomo in più in mezzo per ridurre le linee di passaggio. E' un pressing "sacchiano", quello portoghese, che non va forte sull'uomo ma lo costringe a liberarsi presto del pallone, lo porta a giocare di fretta e a sbagliare di più.

I terzini spingono ma quanti cross sbagliati

L'Italia, che concede troppe conclusioni dalla distanza, latita nell'ultimo passaggio o nel cross: troppi i tentativi sprecati sulle sovrapposizioni generose di Criscito e Lazzari, che pure è più affine a un ruolo da tornante in un centrocampo a cinque. Proprio dal lato di Lazzari subiamo la ripartenza di Bruma, con Cristante che perde palla, Romagnoli che preso in mezzo fra due temporeggia, ma lascia scoperta la linea per il passaggio verso Andre Silva e prelude al sup gol a giro. Ma è incredibile come saltino le transizioni negative, come manchi l'attenzione al posizionamento quando un compagno ha il pallone e così una volta perso il possesso si aprono 20-30 metri di campo libero come in occasione del gol per il numero 7 che Mancini conosce bene dai tempi del Galatasaray.

Entrano Berardi e Belotti, ma non cambia nulla

In questo stadio, nel 1970, Fernando Santos incontrò il suo mentore Jimmy Hagan, bandiera dello Sheffield United, che ha partecipato alla liberazione del campo di concentramento di Bergen-Belsen, poi è passato ad insegnare calcio anche in Portogallo. Santos, che giocava nelle giovanili del Benfica quando Hagan arrivò come allenatore nel 1970, ha sperimentato i suoi metodi innovativi: fu uno dei primi al mondo a lavorare su condizione atletica, tattica e tecnica nella stessa sessione di allenamento, e con lui il Benfica vinse tre campionati di fila in tre anni. Si ritroveranno all'Estoril, nel 1981, in un Portogallo in cui stava iniziando la rivoluzione democratica e i conti bancari del presidente erano congelati, così Hagan allenò gratis. Santos, che ha assorbito lo spirito di un maestro capace di farsi benvolere.

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Quattro punte, zero tiri dentro l'area

Dopo il vantaggio portoghese, Santos aggiunge dinamismo con Renato Sanches, l'eroe dell'Europeo. Mancini cambia senza cambiare davvero. L'ingresso di Berardi alla lunga finisce per ridisegnare l'Italia secondo un 4-3-3, ancora più offensivo con Emerson palmieri per Criscito, poi diventato 4-2-4 con Belotti ad aggiungere peso in area per Cristante. Le tante variazioni nella formazione titolare, nei moduli, negli uomini, certo non facilitano l'assunzione di una fisionomia per una nazionale che sta faticosamente cercando di prendere un nuovo percorso rispetto all'era Ventura.

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Ma gli azzurri continuano a perdere troppi palloni nella zona di centro-destra a centrocampo, solo l'imprecisione di Pizzi in fuga solitaria evita il 2-0, e nemmeno Chiesa riesce a illuminare una nazionale spenta. L'Italia, che non tira mai nello specchio della porta dall'interno dell'area, ha davvero toccato il fondo, così è a rischio anche l'Europeo 2020. Difficile, però, chiedere alla nazionale di essere qualcosa di meglio, qualcosa di più, dello specchio del calcio italiano.

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