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Italia-Germania un anno dopo. Aspettando Balotelli

Da Euro 2012 a oggi, che fine ha fatto Super Mario?
A cura di Maurizio De Santis
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Italia-Germania, partita che rispolvera ricordi romantici, la vittoria epica firmata da Rivera. Niente di tutto questo: diverso il copione, altrettanto lo spessore degli interpreti almeno per quanto riguarda il calcio tricolore. A Europeo finito, quello del 2012 e dell'esultanza muscolare di Balotelli proprio contro i tedeschi, arrivò la seconda scoppola di sentenze sulle scommesse e sulle partite svendute agli zingari e ai mercanti di Singapore. Oggi chiacchiere e distintivo ci accompagnano nell'ennesima cosa di cui vergognarci: l'atteggiamento pilatesco della Federazione nei confronti dell'arroganza e dell'imbecillità degli ultras, il tentativo (ridicolo e maldestro) di derubricare un fenomeno d'intolleranza come i cori razzsiti e discriminatori a semplice sfotto'. Ne è convinto pure Aurelio De Laurentiis, magari ci fa anche un film: ‘Natale con gli scornacchiati'.

Perdiamo la faccia e vinciamo, dev'essere endemico anche nel calcio: fu così in Spagna quando il nostro eroe si chiamava Pablito e Bearzot gli consegnò le chiavi dell'attacco dopo due anni di squalifica per quel pasticciaccio brutto di partite aggiustate. E' stato così anche sotto il cielo di Berlino, nonostante il ciclone Calciopoli. Tant'è, siamo italiani: abituati a cadute fragorose e alle vittorie mutilate. Cesare, nome epico, ha ricostruito il gruppo dissoltosi in Sudafrica e impresso uno scarto di mentalità agli azzurri. C'è ancora un Rossi (Pepito) nel nostro destino, nel frattempo restiamo aggrappati alla classe di Pirlo, alle parate di Buffon, alla forza di Balotelli. La lezione che arriva dal campo ne alimenta il processo di maturazione: la potenza è nulla senza controllo e la piazza mal tollera fenomeni spavaldi e irruenti. Prandelli lo sa bene e ha protetto il pupillo, stimolandone il genio e perdonandone la sregolatezza. Non è super, almeno non ancora. Per quello ci vorrà del tempo e altrettanta pazienza (sempre che ne valga ancora la pena).

Però, che sfizio quando nel 2012 con un colpo di testa e una cannonata appese all'incrocio dei pali il faccione della Merkel e il dramma della Germania che tiene l'Europa col guinzaglio al collo, ma in campo, quando incontra gli italiani, becca ceffoni sul muso. E con le solite copertine dedicate ai "mangiaspaghetti" c'incartò, di nuovo, la delusione. "Piangiamo con i ragazzi di Loew" commentò la Bild, quasi a celebrare un lutto durissimo da elaborare e chiese "Qualcuno ha il numero del Papa?". "Dolorosamente vinti da Balotelli" titolò la Sueddeutsche Zeitung. La Welt ha alzato bandiera bianca: "Balotelli distrugge il sogno del titolo della Germania". Il settimanale Focus ammise la resa incondizionata e ne fece una questione patologica: "Fallimento contro l'Italia, il trauma italiano continua". Lo Spiegel proprio non riuscì a pronunciare il nome del nostro Paese, con un groppo in gola si abbandonò a una personalissima perifrasi: "La Germania ha meritatamente perduto la semifinale". E, al posto della pistola fumante, sugli spaghetti ritrovò un paio di polpette.

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