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Inter, Marotta indica la strada: “Non bastano i bilanci a posto, bisogna anche vincere”

L’amministratore delegato dell’Inter è intervenuto in occasione dell’evento ‘Il Foglio a San Siro’ e ha parlato degli obiettivi del club nerazzurro per il prossimo futuro e di altre tematiche vicine alla squadra. Sul caso Icardi: “Io come Kissinger? Il soprannome mi fu dato dal mio primo presidente, l’avvocato Colantuoni. In passato ho avuto in squadra Cassano e il figlio di Gheddafi, posso gestire anche questo”.
A cura di Vito Lamorte
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Voglio tornare a vincere con l'Inter. È chiaro che non è facile, se in questi anni non si è riusciti è evidente che ci sono state delle problematiche. Tre cambi di proprietà in pochi anni incidono, quel grande senso di appartenenza che si vedeva alla Juve con una proprietà presente da tanto tempo qui venuto un pò meno. Oggi però ci sono azionisti di qualità, un patrimonio di tifosi e tutte le premesse per fare bene. Non basta solo mettere a posto i bilanci, bisogna anche vincere. Perché se vinci puoi sempre migliorare le perdite, se non vinci ti mandano via.

L'amministratore delegato dell'Inter, Giuseppe Marotta, è intervenuto in occasione dell'evento ‘Il Foglio a San Siro' e ha parlato degli obiettivi del club nerazzurro per il prossimo futuro e di altre tematiche vicine alla squadra. Il dirigente della società meneghina ha fatto capire che l'occhio ai conti è sempre importante ma c'è bisogno di tornare a vincere per poter sempre migliorare. Insieme al direttore su palco dell'evento anche Irene Santi, centrocampista dell'Inter Femminile che da qualche giorno fa si è guadagnata la Serie A. In merito al caso Mauro Icardi, che sembra essere rientrato definitivamente, Marotta ha affermato:

Io come Kissinger? Il soprannome mi fu dato dal mio primo presidente, l'avvocato Colantuoni. Una delle qualità che mi riconosco è quella della diplomazia, saper gestire le difficolta' senza sbraitare ma con leadership ed esempio. Ho cercato anche in questo caso di stemperare le tensione nell'interesse di tutti. In passato ho avuto in squadra Cassano e il figlio di Gheddafi, posso gestire anche questo.

Infine l'ad della Beneamata si è soffermato sulle dinamiche che ci sono in tutti i club, delle decisioni prese in base a degli interessi che magari a prima vista possono essere incomprensibili e poi si rivelano con il passare del tempo:

È normale che in una società ci siano dinamiche che non possono essere rese pubbliche. I provvedimenti disciplinari vanno presi con senso di responsabilità. Non volevamo punire nessuno, abbiamo preso una decisione nell'interesse di tutti. Noi abbiamo un compito: gestire al meglio le risorse. L'allenatore deve gestire i giocatori, la società deve proteggere il tecnico e i giocatori. La squadra è una comunità in cui le regole devono essere rispettate. Da un gruppo di persone bisogna tirare fuori la squadra. Questo è obiettivo della società e dell'allenatore, che deve essere in grado di creare presupposti.

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