Inter, Keita e il razzismo: “Koulibaly mio fratello, il calcio è gioia non dolore e insulti”
Keita Balde, migliore giocatore in campo ad Empoli nel post partita in cui ha segnato il gol decisivo, ha voluto ribadire un concetto chiaro e forte sul tema del momento, il razzismo. Imbeccato dal giornalista di Sky, l'esterno senegalese non si è tirato indietro di fronte alla domanda sugli insulti provenuti da San Siro in occasione di Inter-Napoli e che hanno obbligato oggi la squadra a giocare senza i propri tifosi al seguito.

"Il calcio è gioia, è godere. Non è uccidere o insultare". Un pensiero semplice quanto diretto, senza fronzoli che ribadisce ciò che il giocatore nerazzurro aveva già espresso via social subito dopo i fatti di Milano per sostenere il proprio connazionale, amico e compagno di Nazionale Koulibaly insultato dagli ultrà interisti.
Il no al razzismo, alla violenza, agli insulti
Per Keita la determinazione è anche nelle parole oltre che negli 80 minuti visti in campo. E quando si toccano alcuni temi come quello della violenza e del razzismo, il senegalese è in prima linea: "Non è concepibile al giorno d'oggi vedere ancora persone che insultano per il colore della pelle. Io ho parlato a Koulibaly che è mio fratello, gioco insieme in nazionale. Gli ho già detto in via personale ciò che penso. Ribadisco però una cosa: il calcio dev'essere gioia, divertimento, un piacere soprattutto per i bambini. Non si può uccidere, insultare, dobbiamo migliorarci tutti per costruire un mondo migliore, dandoci una calmata e riflettendo".
Keita, man of the match
Poi, la partita. Prima vittoria esterna dopo 4 uscite senza successi, l'ultima del 2018 che ha consacrato l'Inter terza forza del campionato, di rimonta a ridosso del Napoli: "Era una gara fondamentale, abbiamo vinto una gara che dovevamo vincere. Il mio gol? Io da me stesso pretendo sempre il massimo, sono esigente. Poi quando segno, faccio assist, la squadra gioca, si diverte e vinciamo, allora tutto diventa perfetto".