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Inter e l’addio a Spalletti: l’uomo della svolta costretto a lasciare sul più bello

Mentre l’Inter si gioca nelle ultime due partite la seconda qualificazione consecutiva alla Champions League dopo anni di digiuno, Luciano Spalletti vede avvicinarsi l’addio all’Inter. Dopo aver arginato il caso Icardi, lavorato malgrado il cappio del Fair Play, dato un inizio concreto all’era Suning. Sul più bello è costretto a lasciare.
A cura di Alessio Pediglieri
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L'uomo della Provvidenza. Luciano Spalletti è soprattutto questo per la storia recente dell'Inter. Nel suo piccolo, il toscano ha permesso di dare una svolta in positivo, ad una società che era apparsa alla deriva, in balìa degli eventi. Dall'addio di Mourinho una lenta e costante discesa, un declino mai fermatosi se non un paio di stagioni fa quando proprio l'attuale allenatore è riuscito in ciò in cui altri avevano fallito: riportare la società in Champions League.

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Sembra banale oggi e la qualificazione ancora incerta per la prossima stagione appare come un mezzo fallimento della gestione della realtà nerazzurra. Eppure se si guarda al suo insieme ci si accorge che Luciano Spalletti ha permesso a Suning di iniziare la sua nuova era. Spetterà alla dirigenza cinese perseguire i propri obiettivi, investendo e mostrando coi fatti ciò che da sempre dice a parole. Per questo, il lavoro di Spalletti all'Inter potrebbe finire anche fra un paio di settimane. Il suo compito l'ha compiuto.

In questo senso, un eventuale divorzio alla ricerca della perfezione (Antonio Conte) porterebbe un ridimensionamento a ciò che è stato fatto negli ultimi 24 mesi. Spalletti è il tecnico della prima vera gestione Suning, di una proprietà che ha preso piede ufficialmente nell'universo nerazzurro dopo le turbinose acque della parentesi Thohir. Ha saputo indirizzare la barca tra i flutti del caso Icardi, il più tempestoso di sempre nella storia interista. Ha guidato una squadra tra le tenaglie del fair play finanziario, tra rose ridotte e vincoli di mercato. Ha comunque conquistato l'accesso alla Champions, sta traghettando la squadra alla seconda qualificazione consecutiva. Dando una base.

In tempi non sospetti, a dicembre, Spalletti ricordava a tutti a che punto fosse il suo personale progetto di crescita: "Non sono Mourinho, non posso in soli due anni vincere. Non ce la faccio: a me serve tempo". Parole che oggi, con lo scoglio Icardi superato e l'iceberg Conte a dritta, risuonano rivelatrici sul reale intento del tecnico: sfruttare al meglio il proprio contratto all'Inter, utilizzando l'intera durata del proprio mandato (al quale è giunto al giro di boa), costruendo qualcosa di duraturo e solido.

Spalletti ha lottato e sta lottando contro la ‘pazza Inter‘, ha posto le basi. Come fece Antonio Conte alla Juventus, presa a terra e innalzata ad antichi fasti. Per ironia della sorte adesso Spalletti potrebbe essere deposto proprio dallo stesso Conte, di cui ha seguito le tracce in nerazzurro. Perché è vero: Spalletti non è Mourinho. Non impera e vince subito, lui prova a costruire. Ha bisogno di tempo. Diamoglielo.

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