Né Spalletti, né i giocatori, né Ausilio: il problema dell’Inter è Suning
Sembra di essere ripiombati nell'era Moratti. Quando si spendeva, si progettava, si organizzava ma alla fine tutto falliva progressivamente ogni volta che si scendeva in campo. L'era pre Suning ha decine e decine di esempi che oggi possono essere serenamente comparati con la situazione attuale. Cambiano i nomi, dal tecnico ai giocatori alla proprietà, non la sostanza. Ed è questo il reale problema dell'Inter di oggi: l'Inter.
Un Triplete durato 15 giorni
Il club è passato da una ingerenza pressante della proprietà ad una assenza quasi totale. La storia nerazzurra ci ha abituato a non conoscere le vie di mezzo: o tutto o nulla. L'esempio più eclatante? Nell'estate del 2010 si festeggiava il Triplete, l'apoteosi sportiva, l'acme calcistico. Nell'estate del 2013 si puntava tutto su Andrea Stramaccioni, carneade della panchina, quinta scelta in 36 mesi dopo l'addio di Josè Mourinho. Gettando tutto dalla finestra.
Otto anni dopo i fasti dello storico maggio 2010, si è di nuovo al punto di partenza. Incomprensibile per chi non conosce l'ambiente nerazzurro, da irridere per chi tifa altri colori e ritrova la ‘vecchia' Inter con i suoi mali, malgrado si sia rifatta ripetutamente il look. Ma al di là dell'ombretto, di qualche ritocco estetico e un tagli odi capelli diverso, è sempre lei con i suoi mali e i suoi difetti pronti a ritornare in auge al primo passo falso.
Il dito puntato su Spalletti
La colpa oggi è di Luciano Spalletti che sembra più impegnato alle lamentele che alle soluzioni. Eppure il tecnico toscano aveva segnato la via, dato segnali sul fronte mercato, spiegato il perché di avere giocatori con determinate caratteristiche. Ma non è stato seguito dalla proprietà, che ha ascoltato ma ha proseguito le proprie idee, al momento difficilmente comprensibili.
Non è una difesa d'ufficio del tecnico che si deve assumere le responsabilità del ruolo che ha accettato di ricoprire. Nel bene e nel male, come in un classico matrimonio condiviso. Ma c'è una evidenza che difficilmente si può confutare: se Spalletti ha anche sbagliato, Suning cosa ha fatto? Almeno l'allenatore ci mette la faccia e la voce, prima durante e dopo. E come non si era assunto alcun merito quando tutto andava bene, oggi ha il diritto di non caricarsi le intere colpe.
Oggi come ieri, Suning come Moratti
Insomma, sembra di rivedere i vecchi errori che c'erano con il presidente Moratti. Allora, interveniva in ogni minima occasione, ingerendo nel lavoro del team che aveva scelto ma di cui in fondo non era capace di fidarsi completamente. Oggi, c'è Suning più impegnata a parlare di Fair Play e rilancio del marchio in Asia, incapace di ascoltare chi di calcio vive e mangia da anni. Non solo Spalletti, ma anche i vari Ausilio, Sabatini.
Gente capace e di esperienza, scelte perfette fatte da Suning che si è affidata a professionisti. Ma con i quali non sembra essere in grado di dialogare. E allora, la domanda resta sempre la stessa: la colpa è di chi lavorando può anche sbagliare o di chi evita di osare, preferendo un basso profilo dietro il quale nascondersi?