Insulti omofobi, tifoso del Chelsea bandito per 3 anni. In Italia l’avrebbe passata liscia
Insulti omofobi. E' questa la ragione che ha spinto il Chelsea a bandire dal proprio stadio per 3 anni un tifoso particolarmente agitato che s'è macchiato di vilipendio. Cori di scherno e parolacce pronunciati durante una partita del campionato inglese (vittoria per 2-1 sul Brigthon, 17sima giornata della Premier League) e ritenuti inaccettabili da parte dei Blues. Biasimevoli abbastanza da spingere la dirigenza ad attuare una sanzione esemplare nei confronti del ragazzo individuato attraverso il sistema di telecamere a circuito chiuso all'interno di Stamford Bridge e poi denunciato.

La tolleranza zero dei Blues
Messo spalle al muro, quel supporter sboccato e intollerante ha ammesso le proprie responsabilità ed è stato condannato. Prima di ottenere il perdono, però, dovrà pagare un'ammenda di 1200 euro e rassegnarsi ad assistere alle gare della squadra da casa o al bar, in tv ma niente stadio. Un provvedimento che il club ha garantito di far rispettare con controlli severissimi. Non è la prima volta, però, che i supporter londinesi si rendono protagonisti per episodi di razzismo e omofobia: la banana – con tanto di ululati razzisti – lanciata verso Sterling oppure gli slogan antisemiti nei confronti degli ungheresi del Vidi sono i più recenti. Lo stesso Abramovich, proprietario del Chelsea, perse la pazienza e sbottò auspicando "un corso di rieducazione da svolgersi ad Auschwitz". Altro esempio di pugno di ferro? Un 57enne tifoso del Tottenham lanciò una banana contro Aubameyang dell'Arsenal e gli Spurs non ebbero remore nello ‘squalificare' a vita l'uomo.
Cosa sarebbe accaduto in Italia?
Cambiamo il campo, proviamo a immaginare cosa sarebbe accaduto se quei gesti d'intolleranza fossero stati commessi in uno stadio italiano. L'avrebbe passata liscia? Molto probabilmente sì, del resto basta prendere a esempio quanto successo con Koulibaly a San Siro oppure le scritte volgari apparse all'Allianz Stadium sui morti di Superga o, peggio ancora, quelle sulla morte di Gaetano Scirea. Questione di buon esempio e di volontà che non sia solo semplice indignazione del momento.