Il Mondiale lo ha confermato: Messi non sarà mai come Maradona
Il Mondiale brasiliano non è stato il Mondiale di Leo Messi. E il Pallone d'Oro della Coppa equivale a un premio di consolazione, nulla più. Lo sa bene anche la Pulce che, mai come accaduto nella serata poco magica del Marcanà, s'è sentito incredibilmente piccolo di fronte allo strapotere dei tedeschi. La potenza è nulla senza controllo, così come la classe è nulla se non hai una squadra intorno a te capace di trasformare l'acuto di un solista, splendido e incantevole, in una grande opera. Il giocatore più forte del mondo, che è arrivato in finale con la maglia dell'Argentina, la sua Nazionale, di cui è capitano ed eletto punto di riferimento, icona, trascinatore. Almeno sulla carta e nei cuori dei propri tifosi e di un Paese intero. Poi c'è la realtà, nuda e cruda, concreta. E che dice che Leo Messi ha fatto poco o nulla perché l'Argentina si trovi adesso dov'è: a poter alzare la Coppa "in faccia" ai brasiliani, a Rio de Janeiro, al Maracanà, nella terra dei rivali. Un'occasione impagabile, unica, avvalorata dalla tragedia sportiva di una Seleçao umiliata dalla Germania, la rivale contro cui l'Albiceleste s'è giocata una fetta importantissima della propria storia sportiva. Certo, Messi era atteso da tutti, dal Pibe stesso che poco prima dell'inizio della sfida alla Germania ha provato a consacrare la Pulce alla storia: "Sarai il leader della squadra, ed alzerai la Coppa del Mondo al Maracanà. Segnerai due gol e colpirà anche un palo, se poi entra, ancora meglio". Leo in finale aveva la possibilità di smentire tutto e tutti, di sovvertire un destino che oggi più che fenomeno l'ha visto comprimario in un gruppo capace di sapersi ricamare vittorie e risultati al di là delle sue prestazioni personali. Ma questa è un'altra storia che ad oggi sembra lontana anni luce dalla realtà.
Tanti acuti ma la leadership è altro
Il Mondiale dell'Argentina è stato tutt'altro che entusiasmante, sia per il gioco espresso sia per i risultati ottenuti al di là del tabellino, ma ancor prima per le scelte fatte dal Ct Sabella per un gruppo mondiale che ha confermato di aver dovuto faticare più del lecito e del previsto. La squadra non ha mai convinto anche se ha vinto il necessario per approdare al risultato minimo, laddove il Brasile ha fallito. Contro la modestissima Bosnia al debutto c'è voluta l'autorere di Kolasinac prima di vedere il primo gol della Pulce, per il 2-0 al 65′ poi smorzato dal gol di Ibisevic a 5 dal termine per il 2-1 finale. Contro l'ancor più mediocre Iran, più il caso e la fortuna che la determinazione e la forza di Leo gli ha permesso di siglare al 91′ la rete decisiva e solamente contro la Nigeria, nel terzo incontro con l'Albiceleste già qualificata, lui ha dato sprazzi di classe nei primi 45 minuti con due gol che hanno spezzato gli equilibri dell'incontro. Poi, gli ottavi di finale contro la rivelazione Svizzera, vinti al 118′ minuto grazie ad una invenzione di Di Maria, su assist della Pulce e l'1-0 firmato da Higuain contro i diavoli belgi ai quarti. Prima della vittoria, ai calci di rigore contro l'Olanda di Van Gaal ottenuta attraverso l'eccellente Romero, man of the match. E Messi? Una parabola discendente da parte sua nelle prestazioni, inversamente proporzionale all'importanza sempre più crescente dei match. Conferma di una mancanza di personalità che molti critici da sempre gli hanno imputato? Sì. Senza ombra di dubbio, così come non ci sorprenderebbe domenica sera commentare il successo argentino nel nome della Pulce, pronto a mettere il suggello al Mondiale dell'Albiceleste e prendersi meriti che oggi non ha.
Grande grazie a Guardiola
Messi non è grande come Maradona e mai lo sarà. Non basterà una finale a certificare questa certezza. Messi è già immenso, ma non è un leader come lo è stato Maradona. Perché lui sia protagonista in campo gli si deve cucire addosso l'abito perfetto. Il Barcellona ne è l'esempio, la Nazionale argentina la conferma. In Catalogna la stupenda opera di Pep Guardiola non fu il tiki-taka, quello fu solamente la conseguenza: la straordinaria intuizione del tecnico fu cercare e trovare gli uomini perfetti per permettere a Leo di esplodere. Fu questo il ‘Santo Graal' che permise a Leo Messi di primeggiare ed esaltarsi. Quando Guardiola non lo fece cercando soluzioni diffirenti (Ibrahimovic ad esempio), la macchina perfetta iniziò a scricchiolare. Ciò che non intuirono i suoi successori dal povero Villanova a Martino. E ciò che non ha capito Sabella, o forse ha capito benissimo, tanto da costruire una squadra capace di sapersela cavare da sola nei momenti più delicati in cui Messi diventa, spesso, l'esca per gli avversari. La Pulce è tra quelli che hanno giocato di più nel Mondiale ma i veri trascinatori son stati altri: Garay, Di Maria, Mascherano, Romero. Maradona invece, era l'Argentina, in ogni Argentina in cui ha giocato: in quella del 1986 che ne è l'emblema assoluto, ma anche in quella del '90 ed anche in quella del '94. E il Napoli ne fu la certificazione assoluta. In questo, e anche l'attuale Mondiale l'ha confermato senza bisogno di smentite, Messi e Maradona continueranno a restare differenti: il primo è semplicemente un fenomeno, il secondo era e resterà un fenomenale trascinatore.
Messi profondamente amareggiato: il Pallone d'Oro del Mondiale non gli basta
Anche un premio prestigioso come il Pallone d'Oro del Mondiale 2014, non può bastare a Messi. La Pulce ha ancora una volta fallito l'appuntamento Mondiale e la possibilità di essere accostato al celebre Diego. E il titolo di miglior giocatore di Brasile 2014 non può bastare al campione del Barcellona che ha così commentato l'indimenticabile serata del Maracanà: "Sto provando una grande amarezza e tristezza. Meritavamo un po ‘di più per la partita che abbiamo fatto., Sto male per il modo in cui abbiamo perso. La Germania ha avuto occasioni ma noi abbiamo gestito bene la palla. In questo momento il premio del Pallone d'Oro non mi interessa volevo solo conquistare la finale".