Il gol fantasma di Muntari in Milan-Juventus (VIDEO)
La rete di Luiz Adriano passerà alla storia come un refuso della coscienza. Proprio come il gol di Muntari e il "se l'avessi visto non l'avrei detto all'arbitro", tanto per non dimenticare le beghe di casa nostra. A quelli del Milan viene l'orticaria solo a pensarci. A quelli della Juventus, invece, vien voglia di dimenticare in fretta. Per il capo degli arbitri, Nicchi, è ancora una spina nel fianco. Grani di sale strofinati sulla pelle dei tifosi nella settimana che porta al big match del prossimo week end, proprio nel momento in cui gli errori (in alcuni casi clamorosi) dei direttori di gara hanno rinfocolato veleni e sospetti che covavano sotto la cenere. La forza dei bianconeri è indiscutibile, sul campo la squadra di Conte s'è mostrata allora e si rivela anche quest'anno una spanna sopra le altre. Ma quelle parole di Buffon, un campione e un esempio da seguire considerata la sua carriera, furono peggio di una pallonata in pieno viso. Un autogol incredibile. Una persona che ammette di mentire pur di procacciare un vantaggio alla propria squadra non è sincera, ma furba. Questione di sfumature.
Nulla di cui scandalizzarsi. Nel calcio se ne vedono e se ne sono viste di peggiori. Chi non ricorda la luce blu delle volanti che irruppero a bordo campo per arrestare i calciatori che taroccavano le partite? Tra quelli c'era anche Pablito Rossi, il nostro uomo della Provvidenza in Spagna. In fondo, anche la furbizia di un giocatore fa parte del folklore. Ricordate la mano de dios di Maradona? E il gol contestatissimo nella sfida tra Inghilterra e Germania ai Mondiali del 1966? E Platini, adesso a capo dell'Uefa, che esulta per il rigore segnato al Liverpool nella tragica finale dell'Heysel? E l'Inter prescritta in Calciopoli bis? Fanno parte del gioco. Inutile fare la morale, soprattutto quando in ballo ci sono un bel po' di soldi in termini di sponsor e "spiccioli" di diritti. Quelli fanno gola a tutti. E a tutti, tifosi compresi, piace vincere.
Nessuna indulgenza. Nonostante abbia pagato con la retrocessione e la penalizzazione dopo Calciopoli, però, alla Juve nulla si perdona. Come se gli altri club non avessero peccati da emendare e di cui pentirsi. Al punto che quando giochi contro i bianconeri non sai mai se si tratta di svista macroscopica oppure malcelata compensazione. Non è una battuta, ma il rendiconto amaro anche del casotto di mezza estate generato dalla Procura federale sul caso Conte e che ha esasperato gli animi e incanalato il torneo: la Juve contro tutti, a cominciare da quel "trenta sul campo" sulla maglia che è un palese atto di sfida di un popolo irretito dalla sindrome d'accerchiamento; tutti contro la Juve, a seconda della convenienza del momento e delle magagne di bottega da nascondere. Salvo trascurare che, tecnologia a parte, la necessità di proteggere gli investimenti e con essi lo spettacolo, dovrebbe essere tra le priorità del calcio che oggi è soprattutto un'azienda.
Italians. C'è anche chi al fair play crede davvero. Memorabile il gesto di Paolo Di Canio che interruppe la partita a discapito della propria squadra, il West Ham, pur di prestare soccorso a un avversario. Oppure l'onestà di Arsene Wenger dell'Arsenal che in una gara di Coppa d'Inghilterra chiese la ripetizione del match con lo Sheffield United per la condotta sleale dei suoi giocatori. Per fortuna non mancano i buoni esempi. E a noi italiani piacciono pure. Da lontano, però