Il gol Champions lo segna Spalletti: la vittoria passa dalle sue intuizioni. E ora rinnova
L'Inter sbanca l'Olimpico con una vittoria d'altri tempi, in cui va in svantaggio due volte, sbanda e crolla ma riesce nei 15 minuti finali a riemergere e guadagnarsi la Champions League chiudendo il match con un rocambolesco 3-2. Un successo che permette al club da questa sera di guardare con maggior fiducia al prossimo mercato, con una quarantina di milioni garantiti in cassa che spingeranno Suning a qualche investimento importante.
Perché la vittoria di questa sera ha comunque evidenziato una coperta corta che Luciano Spalletti è riuscito però a utilizzare al meglio, coprendosi laddove il bisogno chiamava, come nella partita contro la Lazio dove non sbaglia una mossa e dà scacco matto a Inzaghi. Così, la vittoria dell'Inter è anche – e soprattutto – la vittoria di Spalletti che centra il proprio obiettivo personale che la società gli aveva chiesto da inizio anno. Il suo contratto scade nel 2019 ma presto con la dirigenza prolungherà fino al 2021.
Le critiche contro la Juventus. Un tributo al tecnico è doveroso, perché laddove tutti lo avevano crocifisso con il dannato finale di San Siro dove la Juve riuscì a ribaltare il 2-1 chiudendo 2-3 subito dopo i cambi del tecnico (Santon per Icardi), oggi lo dovrebbero applaudire per aver cambiato pelle e volto ad una squadra nel finale capace di stravolgere un match che appariva oramai già segnato. Perché se contro la Juve le colpe risultavano eccessive (l'Inter stava vincendo 2-1 fino all'80' giocando in 10 contro 11 un match rasente la perfezione), oggi i meriti di certo non lo sono.
Coerenza tattica. L'Inter iniziale era la migliore squadra che Luciano Spalletti poteva mettere in campo nella ‘finale' dell'Olimpico, già rodata da tempo, con gli uomini giusti al posto giusto, senza esperimenti o scelte dell'ultimo minuto. Qualità ed esperienza, con Perisic e Candreva ai lati, Rafinha a supporto di Icardi e Vecino-Brozobic coppia in mediana.
Errori individuali. Tutto perfetto, e se i primi 60 minuti sono di sofferenza non è certo per l'assetto tattico, ma per la serata appannata di alcuni interpreti. Come Cancelo timido nell'affondare in verticale o Brozovic a vuoto in mediana dove Milinkovic, Lulic e Felipe Anderson sfilano in velocità.
La risposta sul campo. Così come non è colpa certamente di Spalletti quando Lulic e Anderson fanno un coast to coast per la rete del parziale 2-1 che sembra condannare l'Inter alla sconfitta e all'addio alla Champions League. Un errore della mediana che non recupera dal cross rimpallato a Cancelo e che condanna Skriniar e Miranda a farsi infilare in velocità dal perfetto Felipe che fulmina Handanovic.
L'intuizione: due punte e assetto offensivo. Ma proprio quando la gara si infila sui binari sbagliati, è Spalletti a reagire per primo. Inzaghi non cambia nulla (con un Immobile che resterà in campo per oltre un'ora in condizioni pessime) mentre l'Inter cambia pelle e assetto. Entra Eder, che si pone a fianco di Icardi (togliendo un esterno come Candreva) con due punte che obbligano Radu e De Vrij a restare fissi nella propria area e permettendo uno sfondamento per vie centrali.
Lazio schiacciata. Poi inserisce Karamoh per Rafinha, rischiando il tutto per tutto con maggiori verticalizzazioni e minor possesso. Il tutto ancora quando la Lazio è in vantaggio, gioca in 11 contro 11 e la partita sembra una condanna. A quel punto nasce il rigore procurato da Icardi, con la difesa che si spacca in due dovendo tenere d'occhio anche Eder e alla fine il vantaggio di Vecino con una Lazio oramai sulle ginocchia davanti alla prepotenza offensiva nerazzurra.