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Henry, fenomeno Gunners a ‘mano armata’

Polvere di stelle, Henry: Arsene Wenger lo ha trasformato in un calciatore di livello internazionale. Il punto più basso della carriera dell’attaccante francese è stato probabilmente il tocco di mano nel play-off per il Mondiale 2010 contro l’Irlanda.
A cura di Vito Lamorte
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Una vera leggenda per la Francia calcistica.“Spero di avervi fatto divertire”, così s’è congedato Thierry Henry dagli appassionati di calcio e dai tifosi francesi lo scorso 16 dicembre. La nazione transalpina, con qualche sceicco in più ma con un altro fuoriclasse in meno, è calcisticamente un po’ più povera anche se il ct Didier Deschamps può contare su una squadra di alto profilo e il Mondiale brasiliano lo ha dimostrato. Titì dal rettangolo verde si è trasferito in tribuna stampa perché ora è commentatore televisivo per Sky Sports UK ma lo attendono anche le giovanili dell'Arsenal di qui a breve. Nell'arco della sua carriera ha giocato un totale di 915 partite ufficiali, tra club e nazionale, e ha segnato 411 gol. Un vero e proprio cecchino.

Monaco e Juventus

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La carriera professionale di Thierry Henry iniziò nel Principato di Monaco nel 1994, a 17 anni, dove ha disputato 141 partite e ha segnato 28 gol. A Monte Carlo ha vinto una Ligue 1 e una Supercoppa di Francia prima di partire per la Juventus nel gennaio 1999. L'esperienza in Italia è stato molto difficile per il giovane francese che ha faticato nell'ambientarsi e non era in grado di influenzare la partita giocando come ala o tornate di sinistra. L'unico acuto di Titì con la casacca bianconera fu la doppietta in casa della Lazio nel marzo 1999.

Arsenal, la leggenda Titì

Henry nei suoi otto anni di Arsenal è diventato uno dei migliori giocatori del mondo. Ha segnato a raffica e ha vinto due volte la Premier, tre FA Cup e due Community Shield. Per i Gunners è diventato un mito, una leggenda vivente. Titì è stato un esempio sia in campo che fuori e i suoi numeri sono pazzeschi: in otto anni ha segnato la bellezza di 226 gol, più di 28 gol all'anno di media. Vedere giocare Thierry in quegli anni è stato bellissimo: non era un centravanti boa: l'attaccante di Les Ulis partiva in velocità, saltava l'uomo con una facilità disarmante, aveva una progressione fuori dal comune, calciava da fermo in maniera eccelsa e aiuta la squadra in ripiegamento.

Un giocatore fondamentale per Wenger. Due reti in particolare mi sono rimaste impresse di Henry con la maglia dei Gunners: il palleggio e la girata al volo che hanno lasciato di sasso Fabien Barthez contro lo United e la sverniciata alla difesa del Real Madrid nella Champions League 2005/2006. Due gol diversi che mettono insieme ciò che è veramente stato questo giocatore. Non avesse giocato negli stessi anni di Ronaldo, staremo parlando di uno dei migliore centravanti dell'ultimo decennio.

Barcellona: finalmente l'Europa

Disperato per il successo di Champions League che continuava a sfuggirgli, Henry lascia l'Arsenal nel 2007 e si trasferisce al Barcellona. Nelle tre stagioni trascorse in Catalogna ha segnato 49 gol in 121 presenze, vincendo due volte Liga, una Copa del Rey e riuscì a coronare il suo sogno di vincere la Champions League nel 2009. Ha vinto anche la Supercoppa Europea e il Mondiale per Club entrando nella storia del calcio con il Barça di Pep Guardiola che in quell'anno vinse tutto ciò che era possibile in Europa e nel mondo. In blaugrana Henry si è messo a disposizone della squadra, tornando a giocare più decentrato rispetto a come veniva impiegato da Wenger ma era inquadrato alla perfezione in quella squadra imbattibile. Nella stagione 2008/2009, quella dei 3 trofei, con 72 reti il tridente formato con Lionel Messi e Samuel Eto'o è entrato nella storia della Primera División, avendo superato il precedente record di 66 goal dei madridisti Ferenc Puskás, Alfredo Di Stéfano e Luis del Sol nella stagione 1960-1961.

New York Red Bulls, il canto del cigno

Nel 2010 Henry si è trasferito nella Major League Soccer per vestire la maglia dei New York Red Bulls dove ha trascorso quattro stagioni e ha segnato 52 gol in 135 presenze in tutte le competizioni. Durante lo stop del campionato statunitense è tornato all'Arsenal per due mesi e ha segnato due gol in 7 gare rimpinguando il suo bottino complessivo (228 gol in 377 partite).

La mano Blue!

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"Quello che mi ha sconvolto è che questo giocatore, alla fine della partita, davanti alle telecamere, si è seduto vicino ad un giocatore irlandese per confortarlo – quando lo aveva appena fregato! Fossi stato un irlandese, Henry non sarebbe durato tre secondi". Avrei preferito inziare questo spazio parlandovi del record di segnature di Titì con la maglia della Nazionale francese ma non ho potuto fare a meno di ricordare questa frase di Eric Cantona dopo la partita tra Francia e Irlanda che valeva un posto al Mondiale del 2010 in Sudafrica. Diciamo che il sentimento che ha provato e espresso Cantona è stato quello di molti osservatori in quei momenti. Quella mano rimarrà una macchia indelebile in una carriera meravigliosa.

Mettendo da parte l'episodio del play off del 2010, Thierry Henry è stato un grande protagonista con la maglia della Nazionale transalpina tra il 1997 e il 2010. Ha segnato 51 gol in 123 presenze ed è riuscito a mettere in bacheca ben tre trofei: la Coppa del mondo nel 1998, l' Europeo nel 2000 e la Confederations Cup nel 2003. In pochi pensavano che un’ala mingherlina com'era Henry ai tempi del Monaco e della Juventus potesse un giorno diventare un centravanti immarcabile, capace di vincere quattro volte la Scarpa d’Oro inglese e due volte quella Europea, ma, facendo un discorso più generale e vedendo l'evoluzione del calciatore, credo che il tempo a sua disposizione sia stato pochissimo. Henry è uno di quei calciatori che il nostro campionato si è lasciato sfuggire senza poter riuscire ad ammirarlo in tutto il suo splendore. Per 11 milioni di sterline la Juventus lo cedette all'Arsenal nell’estate del 1999 e molti davano del matto a Wegner per aver speso una cifra così alta per quello che era stato definito "Mr. Nessuno".

Carlo Ancelotti, allenatore di quella Juve, ha ammesso il suo errore non senza rimpianto: "Su Henry, invece, ho preso una cantonata: lo consideravo un giocatore di fascia, non mi sono accorto che era invece un fortissimo centravanti". Successivamente Thierry ha segnato in tutti i modi possibili ed immaginabili e su quasi tutti i campi del mondo. Terryboy da ragazzino egoista e magrolino si è trasformato in un leader oltre che in un cannoniere capace di tenere botta a qualsiasi corpo a corpo che il peggior stopper britannico potesse ingaggiare.

Una cavalcata straordinaria quella di Henry che, però, avrà sempre una macchia: il doppio tocco di mano contro l’Irlanda di Trapattoni, nel novembre 2009, che permise a Gallas di firmare il 2 a 1 e di portare la Francia in Sudafrica. Un gesto profondamente antisportivo, che indignò non solo gli irlandesi, ma provocò un putiferio anche in Inghilterra e creò problemi seri alla Fifa. “Non ho imbrogliato”, disse in sua difesa, ma il gesto resta. Henry è entrato di prepotenza nella storia del calcio moderno come uno dei pochi capaci di sorprendere sia gli avversari che gli spettatori: senso innato del dribbling e una rapidità nell’uno contro uno devastante che si unisce ad una capacità di ripetere all’infinito scatti di trenta/quaranta metri e ad un grande senso del gol. Henry ha riempito gli occhi di chi ama il calcio. Mani a parte.

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