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Hasta la victoria siempre, comandante Maradona

E sono 55. Anche per il Pibe de Oro il tempo passa inesorabile ma non cancella o lenisce il ricordo delle memorabili meraviglie che ha regalato al calcio. E oggi più che mai il mondo del pallone si stringe in un univoco coro: auguri Diego!
A cura di Alessio Pediglieri
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55 anni e non sentirli. Diego Armando Maradona festeggia oggi il suo compleanno e dal mondo del calcio arrivano gli auguri più grandi e sentiti per chi, il calcio, lo ha reso qualcosa di unico, elargendo delizie e dispensando meraviglie tra genio e sregolatezza, inferno e paradiso, dannazione e santità. Di chi è considerato tra i migliori di sempre e che vanta il più alto numero di imitazioni. Restando unico, anche per i nuovi fenomeni che tanto si affannano restare almeno alla pari. Fatica sprecata, El Diez non ha replicanti.

Perché Diego Armando Maradona è stato il più grande calciatore di tutti i tempi. Per dimostrare questo, basti pensare che il gol più bello della storia del calcio è stato realizzato dall'ex Pibe nel mondiale del 1986 in Messico contro l'Inghilterra, quando dribblò mezza nazionale avversaria e il portiere mettendo la palla in rete. E precedentemente nello stesso incontro aveva segnato un altro gol famosissimo: quello con la "Mano di Dio" quando beffò avversari e arbitro segnando con un tocco galeotto di pugno. Ma Diego Armando Maradona non è solo questo, è un mito vivente, un calciatore unico, un personaggio imitato e inimitabile, El Pibe de Oro, immenso. Più o meno di Pelè poco conta anche se tanto fa discutere. Perché Maradona è semplicemente Maradona.

"¡Que se quede!, ¡que se quede!"

Diego Armando Maradona è nato il 30 ottobre del 1960 nel quartiere povero di Villa Fiorito, nella periferia di Buenos Aires. Diego è cresciuto con il calcio. Fin da piccolo era un vero ‘fenomeno' del pallone un predestinato perché durante l'intervallo delle partite dell'Argentinos Juniors un ragazzino delle giovanili, uno sconosciuto Diego Armando, intratteneva il pubblico accorso allo stadio facendo palleggi e magie con il pallone. "¡Que se quede!, ¡que se quede!" ("fatelo restare!") gridava il pubblico in delirio che già stava amando colui che da lì a poco diverrà un'autentica icona intoccabile.

Il Che, Evita, Diego e San Gennaro

La sua rapida carriera iniziò non a caso nell'Argentinos Juniors, per poi proseguire nel Boca Juniors, sempre in Argentina, le sue due prime case, mai dimenticate. Le stigmate del fuoriclasse arrivarono anche quando ricevette giovanissimo la convocazione in nazionale e guidò la nazionale giovanile a vincere il titolo mondiale nel 1979. Dopo il mondiale del 1982 in Spagna, iniziò la sua avventura nel Vecchio Continente: giunse in Europa al Barcellona per due stagioni. Nel 1984 fu poi l'anno della definitiva svolta: ingaggiato dal Napoli, squadra con cui ha vinto due scudetti (1986/87 e 1989/90), una Coppa Italia (1987), una Coppa UEFA (1989) e una Supercoppa Italiana (1990). Nel frattempo era stato l'eroe della vittoria dell'Argentina al mondiale del 1986 in Messico: disputò un torneo strepitoso che gli consentì di entrare nella leggenda del calcio. Idolo del popolo, calciatore del popolo e per il popolo. Hasta la victoria siempre, comandante Maradona… come il Che e Fidel Castro, di cui sarà amico e stringerà spesso in un abbraccio. El Diez icona nazionale accanto a Evita. Sacro e profano, dio in terra di una religione pagana (il calcio) che ha i suoi riti: roba da far sciogliere il sangue nelle vene. Una finta per miracolo e un altare votivo sistemato lì, dove San Gennaro veglia sulla città.

La discesa agli inferi

Da lì in poi la lenta, inesorabile discesa agli inferi. Venne squalificato per uso di sostanze proibite nel campionato italiano nel 1991 e, dopo due brevi esperienze nel Siviglia e nel Newell's Old Boys, tornò al suo amato Boca Juniors, dopo essere anche stato allenatore di due squadre del campionato argentino. Nel mondiale del 1994 negli Stati Uniti Maradona venne squalificato dopo la partita con la Nigeria per aver usato efedrina, sostanza non consentita dalla FIFA. Venne poi sospeso per oltre un anno dai campi di gioco.

Nemico Blatter

Dopo la squalifica, ritornò a giocare per il Boca Juniors fino al 1997: il 30 ottobre 1997, giorno del suo 37esimo compleanno, annunciò il suo ritiro dal calcio giocato. Iniziò una breve e tormentata carriera da allenatore, prima della nazionale argentina poi a Dubai ma senza mai proseguire l'idea di diventare un affermato tecnico e lasciando via via il campo per seguire il calcio da più lontano ma sempre presente fino al suo interesse per entrare negli organogrammi della FIFA, in antitesi ad uno dei suoi più acerrimi rivali, Joseph Blatter.

Più di mezzo secolo vissuto pericolosamente, tra glorie e tonfi, trionfi e cadute ma sempre affrontando la vita come affrontava le partite: a testa alta, guardando negli occhi le avversità facendosene beffa con l'innata classe che l'ha sempre contraddistinto. Nel bene e nel male. Con un mito e una leggenda che si accresce di anno in anno definendo sempre più i contorni di un campione e di un uomo che resterà sempre e solo uguale a se stesso, imitato ma inimitabile. Perché Maradona è semplicemente Maradona. Auguri, Pibe.

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