46 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Garrincha, il bimbo con le gambe storte divenuto leggenda del calcio

In Brasile si dice che quando nomini Pelé ti viene naturale toglierti il cappello, ma quando parli di Garrincha una lacrima bagna il tuo volto sorridente. L’ex campione brasiliano morì a gennaio del 1983, oggi avrebbe compiuto 83 anni. Discendente degli indios Fulnió, la sua storia iniziò nella foresta di Pau Grande.
A cura di Jvan Sica
46 CONDIVISIONI
Immagine

Nascere e vivere tutta l'infanzia nella foresta. Puoi correre fra gli alberi, inseguire gli uccelli oppure se hai un pallone puoi portartelo dietro tutto il tempo, continuando a dribblare gli alberi e a inseguire gli uccelli col pallone fra i piedi. E' questo l'inizio della vita e della carriera di Manoel Francisco dos Santos, meglio conosciuto come Garrincha dal nome di uno dei tanti volatili che inseguiva tra le piante di Pau Grande, dove era nato. Oggi Garrincha avrebbe compiuto 83 anni ma il suo spirito selvaggio ha deciso fin dall'inizio della storia due cose: la prima è che facesse cose straordinarie con un pallone, la seconda che non diventasse mai vecchio, terminando i suoi giorni a soli 50 anni.

La poliomelite lo colpì da bambino

L'ex campione brasiliano nacque con diversi problemi fisici e da bambino contrasse la poliomielite. Riuscì a salvarsi ma una delle conseguenze più pesanti fu la cattiva crescita di una gamba che resto più corta dell'altra di sei centimetri. I medici diedero la loro diagnosi finale: il bambino avrà grandi problemi anche solo a camminare.

Il padre di Garrincha, Amaro, ascoltò i dottori ma fece di testa sua, comprò delle assi di legno e allestì una sorta di piccola protesi che il figlioletto doveva indossare per camminare con la gamba più corta. Mentre tutto questo accadeva, Garrincha non aveva mai smesso di giocare con o senza la protesi, diventando sempre più bravo nel dribbling e acquisendo piano piano un tiro potentissimo e preciso.

La fabbrica di Pau Grande

Iniziò a giocare davvero a Pau Grande nella squadra della fabbrica dove lavorava e il suo nome arrivò ben presto sulle scrivanie dei club della vicina San Paolo. Sostenne diversi provini ma fu sempre scartato per le ragioni più varie: non aveva le scarpe da calcio, non poteva aspettare la partita per non perdere il bus di ritorno, non aveva capito cosa doveva fare in campo. A 19 anni, con la prospettiva di non giocare più in una squadra professionistica, fece un provino quasi per caso anche con il Botafogo.

Il provino contro Nilton Santos

L'allenatore in seconda lo schierò contro uno dei più grandi terzini più grandi della storia del calcio, Nilton Santos, il quale fu letteralmente disorientato dal repertorio di finte e giochi di prestigio di quello che sembrava più un circense in libera uscita che un calciatore. Dopo pochi minuti prelevarono Garrincha portandolo nello spogliatoio, Nilton entrò di corsa e iniziò a gridare ai dirigenti: "Prendetelo subito, prima che ci giochi contro", ma bisognava aspettare il parere del primo allenatore. Quando arrivò e gli dissero che doveva subito farlo firmare, chiesero a Garrincha di giocare per altri cinque minuti.

Botafogo, squadra della sua vita

Passarono solo tre minuti e Mané aveva già la penna in mano che servì a legarlo alla squadra della sua vita. Con il Botafogo ha vinto 3 campionati Carioca e 3 Torneo Rio-San Paolo, giocando ovunque con la sua leggerezza unica e dribblando con la sua irresistibile finta decine e decine di terzini. Quel difetto fisico che avrebbe dovuto inibirlo a vita per la carriera sportiva divenne la sua arma segreta. Grazie al fatto che poteva sfruttare un equilibrio speciale e sorprendente per ogni difensore avversario, con lo stesso e identico movimento di gambe riusciva a saltare in velocità il terzino e decidere se puntare la porta e tirare oppure crossare per i tanti centravanti bianconeri felicissimi di mettere solo un piede o la testa in traiettoria per far finire la palla in gol.

Immagine

La maglia della Seleçao

Arrivò in Nazionale nel 1955 ma i dirigenti e allenatori del tempo non lo vedevano di buon occhio. I test psicologici pre-Svezia 1958 sentenziarono che Garrincha aveva il cervello di un bimbo di 5 anni e consigliavano di non convocarlo (anche Pelé era messo molto male dopo i test). Tutti lo volevano fuori dalla squadra ma l'allenatore Vicente Feola volle ascoltare il suo collaboratore/preparatore atletico Paulo Amaral il quale lo convinse assicurando che quel ragazzo era una forza pura della natura.

Il Brasile di Garrincha e Pelè, una forza della natura

All'inizio non era titolare, ma dopo la seconda partita del girone contro l'Inghilterra Feola mise dentro i ragazzini Garrincha e Pelé. Quel duo non solo vinse il Campionato del Mondo (in finale Garrincha ribaltò il risultato di 1-0 per la Svezia con due azioni identiche sulla fascia destra in cui saltò il terzino, crossò basso al centro e Vavà mise solo il piede) ma in tutte le partite che hanno giocato insieme con il Brasile non hanno mai perso. Quando tornarono a casa il Governatore del Brasile voleva offrirgli case, automobili, soldi. Mané chiese solo di liberare il canarino che teneva in gabbia.

La grande dimostrazione di talento e forza però Garrincha la diede nel 1962. Pelé dopo due partite non giocò più fino alla fine del torneo perché infortunato e fu il numero 7 a prendersi l'intera squadra sulle spalle e portarla alla vittoria. Le sue partite contro la Spagna nel girone, col Cile in semifinale e in finale contro la Cecoslovacchia furono a dir poco sensazionali. Solo Maradona nel 1986 fu così determinante in una cavalcata mondiale. Nel 1966 in Inghilterra i primi problemi fisici iniziavano ad affiorare e le botte dei bulgari alla prima partita del girone fecero il resto, mandandolo definitivamente ko e portando il Brasile senza il suo contributo ad uscire dal girone eliminatorio.

L'amore con Elza Soares lo portò in Italia

Quattro anni più tardi, mentre Pelé tornava sul tetto del mondo in Messico, Garrincha era già un quasi ex calciatore. Problemi all'anca, alle ginocchia, alla schiena, ovviamente al bacino e alla gamba più corta lo avevano fatto calare bruscamente di rendimento e dal Botafogo era passato, giocando pochissimo, al Corinthians, al Vasco da Gama, al Flamengo per poi finire in Italia seguendo il suo nuovo amore, la cantante di samba Elza Soares.
Elza era stata ingaggiata dal teatro Sistina per vari spettacoli e Garrincha l'aveva seguita, vivendo tra Roma e Torvajanica per quasi due anni. Nonostante i dolori lancinanti, non potendo stare lontano dal calcio racimolò qualche spicciolo giocando nel Sacrofano del suo amico Da Costa e anche in partite molto amichevoli fra macellai e idraulici.

Immagine

Cinque aneddoti sulla carriera del campione

1 – Gli aneddoti che lo riguardano sono tantissimi. Eccone solo alcuni: un giorno l'allenatore del Botafogo, per impedirgli di fare continuamente tunnel al proprio avversario interrompendo il ritmo dell'attacco, gli mise sulla fascia una sedia e chiese solo di dribblarla senza perdere altro tempo. Garrincha fece il tunnel anche alla sedia.

2 – Garrincha fu il primo giocatore della storia a calciare fuori il pallone perché un avversario era a terra infortunato. Chissà cosa direbbe adesso per quanto è usato con cinismo quel suo atto di bontà.

3 – Per evitare le botte degli avversari argentini durante una partita in Messico, iniziò a toccare la palla di prima con i compagni e dagli spalti si sentirono per la prima volta gli olé del pubblico.

4 – Durante la partita Brasile-Fiorentina prima di Svezia 1958, dopo aver dribblato Robotti e il portiere, con la porta spalancata, attese di nuovo Robotti per dribblarlo di nuovo, farlo sbattere con la testa contro il palo e segnare. Il capitano Bellini gliene disse di tutti i colori ma lui rispose che a Pau Grande se non fai così non si diverte nessuno.

5 – Ultimo è meraviglioso aneddoto: dopo la finale di Stoccolma tutti i giocatori brasiliani piangevano per la loro prima vittoria mondiale. Garrincha si avvicinò a Bellini, chiedendogli: "Capitano, ma per caso abbiamo perso la partita?"

I problemi con l'alcol, così muore una leggenda

In Italia si acuirono i suoi problemi con l'alcol che portava avanti da sempre. Già da bambino, per attutirgli i dolori, i vecchi della sua cittadina (ma potremmo dire tribù in quanto il padre era discendente degli indios Fulnió) lo riempivano di cahaça, creando in lui una dipendenza da alcol che cresceva sempre di più. Elza Soares dopo un altro figlio e tante botte lo lascia e lui inizia a vivere una vita ancora più randagia e dedita solo alle sbronze più estreme. Quando arrivò in ospedale il 19 gennaio 1983, il fegato era disastrato e nello stomaco gli ritrovarono addirittura l'acqua di Colonia.

Morì il giorno dopo e per i brasiliani non potrà mai essere dimenticato. In Brasile si dice che quando nomini Pelé ti viene naturale toglierti il cappello, ma quando nomini Garrincha scende di sicuro una lacrima a bagnare il tuo volto sorridente.

46 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views