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Florenzi, la Roma ha il “nuovo” capitano

Florenzi ha segnato nel suo primo derby da capitano della Roma. Romano e romanista come Totti e De Rossi, è il volto giallorosso del futuro. Storia di un ragazzo fortunato, di un uomo per tutte le posizioni.
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"Guarda i muscoli del capitano. Il capitano non tiene mai paura, in un'alba fresca e scura che rassomiglia un po' alla vita". L'alba post-derby si illumina ancora dei ricordi e delle emozioni di una prima volta che sa di passaggio di consegne, che ha il profumo di un nuovo inizio e l'odore scipito degli addi. Il primo derby da capitano di Florenzi è anche, quasi certamente, l'ultimo di Totti, che stavolta guarda e basta. Totti che l'ha abbracciato sì, ma negli spogliatoi mentre De Rossi, capitan futuro di un futuro che non è ancora arrivato e chissà se arriverà, l'ha caricato in campo. Gliel'aveva detto che avrebbe segnato, con quella fascia al braccio. E il gol, puntuale, è arrivato, sotto una Curva Sud immagine di uno stadio semivuoto, di un derby dalle troppe anime e dalle troppe proteste. “Da uno a 100 questo gol vale 99, senza tifosi non è la stessa cosa” ha detto. "Questo derby non mi è piaciuto, sarei ipocrita a dire che è stato tutto bello. Parlo anche dei tifosi della Lazio. Sono due tifoserie fantastiche, non è giusto un derby così”.

La Primavera – Aveva già segnato in un derby, in un 7-1 in Primavera che è sì speciale se sei romano e romanista e giochi nella Roma, ma non è certo la stessa cosa. Il Florenzi capitano ha cercato i tifosi, gli stessi da cui era andato per scusarsi durante un torneo estivo, sempre con la Primavera, perché aveva sbagliato un rigore contro la Lazio. Ha condiviso un'emozione “con chi dalla panchina voleva dare il suo contributo, cioè De Rossi. Lui e Totti sono due capitani, due grandi uomini che hanno fatto la storia della Roma, spero che la gente non se lo scordi”.

Con Totti – "Il capitano chiama forte quando vuole qualcosa, c'è sempre uno che gli risponde". Come in quei pomeriggi ormai lontani, quando c'era solo un capitano, Francesco Totti, e Florenzi era solo il piccolo Ale che da raccattapalle all'Olimpico gli passava la palla con le mani. “Pensa se un giorno dovessi dargliela coi piedi” gli diceva il padre. Come quell'altro pomeriggio che sa di prima volta, che profuma di nuovo ma ha il gusto un po' amaro di cose perdute. È l'ultima giornata del campionato 2010-11, è l'ultima Roma dei Sensi e l'ultima di Ranieri, che un anno prima aveva lasciato svanire il sogno scudetto contro la Sampdoria. C'è la stessa Sampdoria di fronte, che già retrocessa sta salutando la serie A. A cinque minuti dalla fine, Florenzi debutta in A. E sul tabellone del quarto uomo, prima del suo, compare un numero che è un segno del destino. Compare il 10: Florenzi entra al posto di Totti.

Stramaccioni lo inventa mediano – È l'inizio del viaggio. Florenzi è come la nave del capitano di Francesco De Gregori, romanista di quelli che la Roma non si discute, con il poker nel derby come regalo anticipato per il compleanno numero 65. Ha sempre avuto un tigre nel motore, Florenzi, "un motore di un milione di cavalli che al posto degli zoccoli hanno le ali". Negli Allievi gioca con la 10, che a qualunque età non è mai una maglia normale. Ma non è un trequartista, si ispira a Fabregas, così Andrea Stramaccioni lo reinventa play basso in un centrocampo a tre. Cambia posto, cambia numero, cambia umore e cambia luna, anche in Primavera. De Rossi senior gli affianca Viviani, dal 10 passa all'8, indice di disciplina e corsa, la versione verticale dell'infinito.

Terzino a Crotone – Non conosce soste e non conosce stagioni, Florenzi, che nel 2011 va a fare esperienza a Crotone. E qui Menichini completa la sua ultima rivoluzione tattica e lo trasforma in uno dei migliori terzini destri del campionato. Torna a Roma dopo un anno, nella Roma americana che si apre ai giovani e scommette su di lui e su Romagnoli, la Roma zemaniana che dovrebbe esaltare uno con la generosità e il pensiero veloce di Florenzi. Florenzi che prende il numero 48, che è il doppio di 24, il numero di Stekelenburg e il giorno in cui ha conosciuto la sua Ilenia. Florenzi che finalmente con Totti gioca, e a Totti gliela passa anche di piede. Finché, alla seconda giornata, è il capitano a passarla a lui, o meglio a crossarla, e il ventenne Alessandro da Vitinia c'è, perché c'è sempre, perché è ovunque, e segna di testa, con la personalità dei predestinati. Il resto è storia di una stagione, quella zemaniana, mai davvero cominciata e finita col gol di Lulic il 26 maggio.

Un uomo per tutti i ruoli – Si autodefinisce un “tappabuchi”, e con Garcia la sia indole da uomo per tutte le stagioni e per tutte le posizioni raggiunge vette inesplorate. La navetta a destra tra terzino è andata avanti quasi al limite del mal di testa, ma la versatilità di Florenzi è senza fine: ricopre sei dei dieci ruoli di movimento nel 4-3-3: ha giocato ovunque in attacco, anche da falso centravanti, e da intermedio di centrocampo, a destra e a sinistra. Perché Florenzi è così, "è fulmine, torpedine, miccia, scintillante bellezza, fosforo e fantasia". È pistone e rabbia, è guerra lampo e poesia. È sempre lo stesso ragazzo che a Crotone ha paura a dormire a casa da solo, una sera che Ilenia e i genitori non ci sono. È il ragazzo che a Zeman deve molto e a Zeman darà un dispiacere nel pomeriggio in cui l'Italia si innamora di lui. Il boemo guida il Cagliari che incassa il gran gol al volo di Florenzi. E Alessandro torna bambino e corre, corre a perdifiato verso la tribuna, verso nonna Aurora, 82 anni, che l'abbraccia e si commuove pensando al marito ex calciatore. “Non mi aveva mai visto giocare, non lo aveva mai fatto nemmeno quando ero bambino e poteva farlo più facilmente – ha raccontato-. Le avevo promesso che sarei andato da lei se avessi fatto gol”.

La playstation – È il ragazzo che convince l'addetto stampa della nazionale, nel ritiro prima del play off contro la Svezia per l'Europeo under-21, ad andare a comprare un televisore. Perché in albergo ce n'è solo uno a cui si possa attaccare la Playstation, ma è nella camera di Sacchi. E senza la partita d'ordinanza della vigilia con Viviani, l'Italia, dice, avrebbe perso il giorno dopo. La tv arriva, l'Italia vince 3-2 e Florenzi, per giunta, segna. Del legame causale fra il 36 pollici, la sfida con Viviani e il risultato finale è lecito dubitare.

Gol da sogno – È solo uno dei presentimenti, delle premonizioni, dei sogni avverati e regalati che hanno scritto la storia di un ragazzo fortunato. Un ragazzo che la sua fortuna l'ha costruita, cercata, meritata. Come ha cercato quel pallone respinto male dalla difesa di Pioli, con una Roma in ansia per un derby a lungo controllato e riaperto dall'uscita avventurosa di Szczesny e dal gol di Parolo. È in momenti come questo che si vedono i capitani, quelli che arrivano e scacciano i fantasmi, le ombre di una rimonta, e poi vanno a cercare gli occhi della fidanzata, di Ilenia col pancione.

Istinto e fortuna – Quelli che, in un'altra notte da brividi, arrivano e scacciano le paure da cinquanta metri. Quelli che incantano il Barcellona con una parabola beffarda che ha scomodato i paragoni più arditi. Quelli come Florenzi, che giocano il calcio più difficile, un calcio semplice. E che segnano i gol più difficili per cui serve una ricetta semplice, che ha svelato da Alessandro Cattelan: “Ci vuole istinto e culo”, quel fattore c che aiuta gli audaci. Istinto e fortuna, i binari di un capitano romano e romanista che nella lista dopo Di Bartolomei, Giannini, Totti e De Rossi, ci sta con merito e non per caso. Il futuro è una palla di cannone accesa e Florenzi la sta quasi raggiungendo. Con l'istinto, la fortuna e la fascia. E tutti a guardare i muscoli del capitano.

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