FIGC: Tavecchio sempre più debole e sempre più solo. Ma sempre in vantaggio
La situazione attorno al nuovo presidente federale che verrà definitivamente sgarbugliata il prossimo 11 agosto, rimane ad oggi un problema aperto. Non tanto per Demetrio Albertini la cui figura professionale è tutelata da quanto di buono ha fatto in questi anni all'interno della Federcalcio, malgrado nell'ombra di Giancarlo Abete, quanto per Carlo Tavecchio, il candidato ‘forte' che sta perdendo di settimana in settimana consensi e appoggi. Si sa, solo qualche giorno fa, tutta la Lega Pro, gran parte della cadetteria e quasi l'intera Serie A erano con lui. Poi ci furono una serie di situazioni a dir poco imbarazzanti tra frasi razziste e epiteti fuori luogo che hanno scandalizzato il mondo del calcio e non solo. Tanto che alcuni sostenitori di primo piano hanno abbandonato Tavecchio considerato indifendibile e un alleato ‘scomodo'. Tra questi, la Sampdoria del neo presidente Ferrero e la Fiorentina dei Della Valle. Oltre ai rivali storici, di Roma e Juventus che hanno subito dato risalto alle parole di Tavecchio, incandidabile e indifendibile. Ma ciò non sembra essere bastato, tanto che lo stesso presidente dei Dilettanti ha continuato, malgrado tutto, a guardare avanti sostenendo le proprie idee e la propria linea programmatica.
Anche il Coni in difficoltà nel giustificare le dichiarazioni di Tavecchio
L'ultimo atto pre elettorale si è consumato ieri. Giovanni Malagò, presidente del CONI, non potendo commissariare la Figc nè potendo obbligare Carlo Tavecchio a fare un passo indietro ha comunque espresso il proprio parere attorno alle ultime vicende e con molto tatto e tanta diplomazia ha bacchettato l'attuale Presidente dei Dilettanti, spiegando tra le righe che non è di certo il suo candidato ideale: "Tavecchio deve rispondere alla sua coscienza. Mi auguro che non debba nemmeno non pagare cambiali a nessuno". Due frecciatine che hanno evidenziato la posizione del Coni ma che probabilmente non lasceranno il segno.
Macalli, Lega Pro, scarica il collega presidente
Tavecchio ad oggi ha ancora circa il 60% dell'elettorato e se anche è vero che qualcuno conta più di altri (i club di serie A per intenderci) è anche vero che i numeri non mentono. Sta però giocando col fuoco. Dopo le parole sibilline di Malagò si devono registrare anche quelle di altri esponenti del mondo del calcio che conta. Macalli, presidente della Lega Pro, ad esempio h a calcato la mano sulla delicata situazione attuale: "Con questo clima sarà difficile governare". Parole che lasciano intendere come Tavecchio sia divenuto ad un tratto – per colpe proprie – un eventuale presidente scomodo che potrebbe attirare su di sè più dissensi e lotte intestine che soluzioni.
Gli attacchi di Elkann, Ulivieri e Tommasi
Perché gli attacchi continuano incessanti: anche John Elkann, il presidente della Fiat e proprietario della Juventus, parla di "parole di assoluta inadeguatezza". Un altro macigno sulle spalle di Tavecchio al quale Abete, come suo solito, si rivolge senza prendere posizione ferrea alcuna: "Ho il dovere di mantenere la terzietà". Ma si sa anche in questo caso che il dimissionario firmerebbe per vedere al potere il proprio ‘delfino' Albertini. Renzo Ulivieri (presidente della Associazione allenatori) e Damiano Tommasi (presidente dell'Assocalciatori) si sono esposti invece da tempo e sostengono Demetrio Albertini: "Sono possibili cambiamenti".
La parola all'11 agosto
Adesso però il tempo stringe: i programmi sono stati depositati, le dichiarazioni sono state fatte e le differenze sono evidenti. Il calcio italiano sembra coeso verso una direzione, che però sembra essere quella sbagliata. La risposta si avrà il prossimo 11 agosto. Sempre che Tavecchio non abbia la malaugurata idea di intrattenere le platee con altre esternazioni. A quel punto non solo sarebbe ineleggibile ma diverrebbe un personaggio scomodo anche se perdesse la presidenza federale.