Euro 2016, la nazionale di De Biasi ha unito l’Albania
“Febbraio 2012, debutto con la Georgia: prima del match ho dato una lettera ai giocatori. C’era scritto che se mi seguivano potevano entrare nella storia albanese”. L'ha detto, l'ha scritto, l'ha fatto, Gianni de Biasi. Ha portato l'Albania per la prima volta alla fase finale di un grande torneo internazionale. Dopo una lunga storia di chiusura, l'Albania si apre al mondo. “Il calcio è un enorme magnete. Questa squadra ha unito tutti gli albanesi” ha detto il premier Rama, che pure non nasconde di essere soprattutto un grande appassionato di basket.
Le origini – È il 1905 quando a Shkodër nasce fondato il Leka i Madh (l'Alessandro Magno). Qui, nella culla della cultura albanese, si giocherà la prima partita internazionale: nell'ottobre 2013 l'Indipendenca Shkodër perde 2-1 contro una rappresentativa della Marina imperiale austro-ungarica. Sei anni più tardi Hilë Mosi fonda il Vllaznia Shkodër che, come ha sottolineato l'esperto Giovanni Armillotta, è la squadra più antica d'Albania. Nel 1930 la FShF (Federata Shqiptare e Futbollit) si iscrive alla FIFA e viene organizzato il primo campionato. Nei primi sette anni, vince sei volte l'allora lo Sportklub Tirana, poi 17 Nëntori (17 novembre la data della liberazione di Tirana nella Seconda guerra mondiale) e FK Tirana, che nel 1937 trionfa dopo che il 2-1 del Vllaznia viene annullato perché l'arbitro scrive di aver assegnato sotto pressione un rigore e i vincitori per protesta boicottano la ripetizione del match.
Arriva Mussolini – “L'Albania è la Boemia dei Balcani” tuona Mussolini nell'aprile 1939. Lo sbarco del venerdì santo è un record di disordine italico. L'esercito occupa Tirana, ma i vantaggi politici sono praticamente nulli. Dall'Albania, però, cominciano ad arrivare in Italia ottimi calciatori. Alla Juventus approda il kosovaro Riza Lushta, nato a Mitrovica, decisivo con la tripletta in finale di Coppa Italia nel 1942 e capocannoniere del campionato l'anno dopo. Roma invece si divide. Kreziu sarà uno dei grandi artefici insieme a fornaretto Amadei del primo scudetto giallorosso e, una volta tornato come osservatore, scoprirà il Principe Giannini. La Lazio scopre il talento di Loro Boriçi, miglior giocatore e miglior allenatore della storia albanese: a lui è dedicato che gli ha dedicato lo stadio di Shkodër.
La nazionale – Fino alla liberazione, re Zog considera il calcio come un pericoloso strumento di aggregazione. Incoraggia solo il tennis e impedisce alla nazionale di giocare qualsiasi incontro. Così la prima partita dell'Albania è la sconfitta per 3-2 al Qemal Stafa Stadium contro la Jugoslavia, nel match d'esordio della Coppa dei Balcani 1946, che comunque le Aquile conquistano per il quoziente reti. E' il miglior risultato nella storia della Kombëtarja prima dell'impresa dei ragazzi di De Biasi.
Calcio e politica – L'Albania finisce inglobata sotto l'influenza sovietica e lo sport diventa elemento chiave di quel che oggi chiameremmo “soft power”. Dal 1955 il governo proibisce il tennis, troppo borghese, e alimenta il calcio. Anche se la nazionale non giocherà nessun match di qualificazione fino al 1962 e passerà il primo turno nel cammino verso Euro 1964, interamente a elimiazione diretta, solo per il boicottaggio della Grecia. Sono anni cruciali per la storia d'Albania. Nel 1960 Hoxha ha criticato "il principio di coesistenza pacifica" proclamato da Krusciov al ventesimo Congresso. Ha spostato l'Albania verso la Cina e nel 1968 uscirà dal Patto di Varsavia per reazione all'invasione della Cecoslovacchia. Inviterà così gli albanesi “a vivere e lavorare come nell'accerchiamento”. Un senso di opprimente chiusura che si trasmette per decenni anche al movimento calcistico.
Ritiri e chiusura – Se da una parte, quelli sono gli anni gloriosi della nazionale di Boriçi, gli anni in cui le Aquile fermano la Germania Ovest vice-campione del mondo e l'Irlanda del Nord di Best, dall'altra inizia un senso di paranoia che accompagnerà l'esperienza dei club in Europa fino agli anni '80. Nel 1964, nella trasferta di Tirana contro il Partizani, scoppia un caso diplomatico perché il Colonia ha portat il suo cibo e il suo cuoco: le materie prime restano, il cuoco torna a casa. L'anno dopo il Kilmarnock sfida il 17 Nentori. Possono arrivare solo in charter, via Londra e Roma, ma non atterrare dopo il tramonto. Possono telefonare solo un'ora la mattina e due ore al pomeriggio e scoprono che nella lista del 17 Nentori c'è anche Panajot Pano, che però gioca nel Partizani. E la storia è solo all'inizio. Nel 1966 il 17 Nentori si ritira dalla Coppa Campioni dopo il sorteggio che l'ha opposta al Valerenga. Quando scendono in campo, impongono regole ai limiti dell'assurdo: nel 1970, prima della trasferta contro il 17 Nentori, ai giocatori dell'Ajax viene fatto sapere che i capelli lunghi, le barbe e le minigonne per le donne sono fuori legge. In trasferta, i giocatori sono sempre accompagnati da membri della sigurimi, la polizia segreta. E i ritiri continuano: fino alla morte di Hoxha, nel 1985, il regime non ha mai permesso che due squadre giocassero contemporaneamente all'estero per timore di defezioni. Quell'anno l'Uefa stava pensando di escludere dalle coppe l'Albania che “si salva” solo perché il ban colpirà le inglesi dopo l'Heysel.
Anni '80 – Ma dall'inizio degli anni 80 si sono fatti notevoli passi in avanti: i successi della "Under 21", che non perderà dal 1978 al 1984, si accompagnano a imprese gloriose quanto estemporanee come il Flamurtari che nel 1986 in Uefa ferma per due volte il Barcellona (i blaugrana passano solo per il gol fuori casa) proprio mentre Tirana e Madrid si accordano per stabilire nuove relazioni diplomatiche. È l'ultima fase del regime, che nell'estate 1988 vede la sua fine per le strade di Città Stalin, come ha scritto Armillotta su Rinascita. Si gioca il playoff fra il Naftëtari, seconda in seconda divisione, e la Dinamo Tirana, la squadra del Ministero degli Interni e della Polizia politica già 14 volte campione d’Albania, quartultima e a rischio retrocessione. L'arbitraggio molto parziale aiuta la Dinamo e per le strade la gente della Stalingrado albanese, ultimo baluardo della nomenklatura filo-sovietica, scendono in piazza col pretesto di criticare l'arbitro: è la prima grande manifestazione di protesta contro il regime di Tirana.
Emigrazione – I grandi cambiamenti iniziano nel 1990. Un anno dopo, il 7 agosto 1991, da Durazzo parte la Vlora, “la nave dolce” che solitamente trasportava zucchero e quel giorno invece porta i primi ventimila albanesi che cercano l'America in Italia. Vengono fatti sbarcare a Bari. Fra loro c'è il piccolo Edgar Cani, che al San Nicola tornerà da centravanti dei Galletti nel 2014. A Durazzo, proprio nel settore alimentare, ha costruito la sua fortuna Armand Duka, il presidente della federcalcio albanese. “Rispetto agli anni '90 è cambiato tanto” ha detto in una recente intervista al Centro. “In Albania fino a poco prima del 2000 abbiamo distrutto tutto, compreso il calcio. Ora ci siamo ripresi come Nazione e stiamo crescendo parecchio": vedere per credere il nuovo stadio di Tirana. Chi è tornato in Albania a distanza di 15 anni non la riconosce più. Una Nazione in espansione, come il calcio. Io sono diventato presidente nel 2002 e credo che ora i risultati siano sotto gli occhi di tutti. Il tasso tecnico del nostro campionato è aumentato”, e lo dimostrano i cinque successi dello Skenderbeu che ha interrotto il dominio di KF, Partizani e Dinamo che si sono spartiti tre quarti dei campionati dal dopoguerra. Resta, però, in un campionato dagli ingaggi bassissimi, la piaga delle partite truccate: la Kategoria Superiore, infatti, è uno dei campionati su cui ora non si può scommettere.
Kosovo – Il riconoscimento del Kosovo da parte di FIFA e Uefa apre adesso un nuovo fronte di preoccupazioni politico-sportive. La bandiera della Grande Albania che ha sorvolato con un drone lo stadio Partizan di Belgrado nell'ottobre 2014 è la plastica rappresentazione di una ferita ancora aperta, di una questione di identità ancora irrisolta.
La creazione della nazionale del Kosovo, ha detto alla BIRN l'ex capitano dell'Albania Rudi Vata, può solo complicare le cose. “Saranno fondamentali le trattative fra le due federazioni, ma purtroppo io già prevedo che saranno dominate dalla politica e dall'egoismo. Dovremmo incoraggiare chi è nato in Kosovo a giocare per l'Albania. Perché quando indossano questa maglia, rappresentano tutta la nazione albanese”. Anche in Kosovo, comunque, la qualificazione dell'Albania a Euro 2016 è stata acconta con grandi festeggiamenti. “Dopo quella partita" ha detto Cana, "abbiamo costruito insieme al tecnico uno spirito patriottico”. Adesso De Biasi ha di fronte la sfida più dura. "Gli albanesi hanno un senso di appartenenza alla nazione pazzesco" ha detto il tecnico ricevendo la laurea honoris causa in scienze sociali per aver influito per aver influito qualitativamente nel cambiamento dell'immagine internazionale degli albanesi. "Ma anche la tendenza a sedersi appena ottengono qualche risultato".