Euro 1984: Rui Jordao e il Piccolo Genio fanno sognare il Portogallo
C'è un'aria strana a tavola. Gli otto giocatori del Benfica si mettono tutti da una parte, parlano solo fra di loro. I nove del Porto sono vicini, ma non potrebbero sembrare più lontani. Eppure, quella dovrebbe essere un'occasione per costruire lo spirito di squadra. Perché quei giocatori sono lì, in Francia, per rappresentare il Portogallo all'Europeo del 1984. È una nazionale decisamente atipica. In campo l'alchimia sembra funzionare, ma fuori le barriere si alzano presto, la rivalità fra i due club è troppo sentita e troppo antica. A guidarla è Fernando Cabrita, che però è solo il capo di una commissione tecnica. Quel Portogallo, infatti è la nazionale dei due blocchi e dei quattro allenatori: Toni, Antonio Morais e José Augusto aiutano Cabrita a fare in modo che i due blocchi siano rappresentati, nell'undici titolare, nella maniera più bilanciata possibile. Non hanno difficoltà, però, a decidere sui tre giocatori che non giocano con il Porto o con il Benfica. Jorge Martins e Viktor Damas, i due portieri di riserva, sono fuori dai giochi. E Rui Jordao, quinto miglior marcatore di sempre dello Sporting Lisbona, il centravanti con la maglia numero 3, perché i numeri sono stati assegnati per sorteggio, è troppo importante per essere messo in discussione. In fondo, se il Portogallo è in Francia è anche grazie al suo gol-qualificazione, su rigore, nel match decisivo contro l'Unione Sovietica.
Rui Jordao, il bomber… – Jordao è un attaccante veloce e insieme tecnico, che conosce bene l'ambiente del Benfica. È la prima squadra che l'ha scoperto a Benguela, in Angola, dove da ragazzino già lo chiamavano il nuovo Eusebio. L'erede incontra il maestro, la Perla, che sta chiudendo la carriera con le Aquile. In panchina è arrivato un allenatore inglese sulla cinquantina che li fa salire per i gradoni dell'Estadio da Luz, Jimmy Hagan. Qualche giocatore si lamenta, ma Hagan corre e suda con loro. E i risultati arrivano. Nel 1973 il Benfica diventa la prima squadra portoghese nella storia a chiudere una stagione senza perdere mai: su 30 partite le Aquile ne vincono 28 segnando 101 gol, e 43 portano la firma di Eusebio. Al Benfica, Rui Jordao vince quattro titoli nazionali e tre coppe di Portogallo, chiude da capocannoniere del campionato nel 1976 ma conosce anche il dolore, i dubbi, la paura. Durante un derby contro il Porto del 1973, si rompe menisco e legamenti in un contrasto con Gabriel. Aspetta invano più di un anno, perché i medici portoghesi sbagliano la diagnosi e deve farsi visitare in Belgio.
… e il traditore – Così, quando nell'estate del 1976 passa al Zaragoza, il medico dei Blanquillos, Pelegrini, esprime un parere negativo all'acquisto di Jordao. Un parere che però non arriverà mai al presidente. Ma l'esperienza spagnola dell'erede di Eusebio, che aveva attirato l'attenzione anche del Bayern Monaco e del Paris Saint-Germain, dura appena un anno. Segna 14 gol ma i contrasti con la stella della squadra, il paraguayano Arrúa, lo convincono a tornare in patria. E sceglie l'altra grande rivale del Benfica, lo Sporting Lisbona. Fino al 1987 vince due campionati, due coppe di Portogallo, una Supercoppa e il titolo di capocannoniere nel 1980. Segna 214 gol in prima divisione, 57 solo nelle due stagioni in cui vince il titolo (1980 e 1982), ma conosce di nuovo anche il dolore. Prima Alberto, in un infuocato derby contro il Porto all'Estadio da Luz, gli entra durissimo sul piede d'appoggio e gli frattura la tibia destra. Al rientro, contro il Famalicão, l'ex Jose Eduardo, gli rompe il perone della gamba sinistra. Recupera, comunque, per l'Europeo del 1984. Nella semifinale contro la Francia, il Portogallo soffre per la punizione all'incrocio di Domergue e la brillantezza di Platini.
Chalana, il Piccolo Genio – “Platini era la stella di quell'Europeo” ha ricordato il giornalista portoghese Rui Catalao. “Ma Fernando Chalana non gli era affatto lontano”. È la prima ala portoghese di fama mondiale, prima di Cristiano Ronaldo che si vanta di aver scoperto quando lavorava per il settore giovanile del Benfica e di aver proposto invano alle Aquile. Lo chiamano Il Piccolo Genio o Asterix per i baffoni che non abbandona mai e viaggia in direzione ostinata e contraria. Nel suo caso è lo Sporting Lisbona che lo rifiuta e Chalana finisce al Benfica per 750 mila escudos. L'hanno notato alla Barreirense. Allora si divideva ancora fra il calcio e l'atletica, è arrivato quinto ai campionati nazionali a Lisbona. Ma il passato non si cancella, e sei piccolo di statura e di stazza, ma squaderni il disordine del genio, il pensiero veloce e lo scatto dello sprinter diventi Asterix e vinci cinque campionati e tre coppe di Portogallo prima dei 25 anni. Poi, dirà Eriksson che per un anno l'ha allenato al Benfica, “ha incontrato la donna sbagliata”. “Come se lui potesse parlare di certe cose” gli risponderà il Piccolo Genio dopo lo scandalo che travolgerà la fine della sua carriera. Però, spiega Fernando Eurico, giornalista della radio Antena 1, “quella donna ha speso tutti i suoi soldi. Fernando non è più stato lo stesso”.
Anabela, moglie ribelle – A Euro 1984, però quegli stessi giornalisti, parlano più con lei che con i giocatori. Tutti la vogliono, tutti la cercano, Anabela, la donna ribelle del piccolo genio. Ribelle lo è sempre stata, per quello l'hanno espulsa da un collegio di suore a Abrantes, dove suo nonno aveva fondato la prima casa del Benfica, la squadra giovanile affiliata alle Aquile. Ha continuato la sua carriera accademica di contestatrice a Barreiro e poi su fino alla Cambridge School e al matrimonio con il suo Fernando, nel 1980. Lo accompagna ovunque, è una presenza fissa e nient'affatto silenziosa. “Anabela, una donna che è già un mito” titola la rivista che dedica alla coppia un reportage, decisamente più su di lei, che sul marito calciatore. All'Europeo la scena che racconta João Marcelino, inviato speciale di "Record" è quasi surreale. “Anabela era il centro dell'attenzione della stampa estera. Le tv spagnole, francesi, i giornali inglesi, tedeschi, volevano parlare con lei più che con i giocatori”. Perché Anabela parla senza freni, di tattica, di soldi, di contratti, parla male dello staff medico e dell'allenatore della nazionale. Basta una frase a far vendere più.
Verso un sogno – Basta una frase ad accendere l'attenzione su una Nazionale che non andava così bene dai tempi di Eusebio , della lezione al Brasile e della rimonta sulla Corea del Nord al Mondiale inglese del '66. Basta una luce per iniziare un sogno. Basta un cross al bacio di Asterix per la testa di Rui Jordao per spingere la semifinale ai supplementari e iniziare un'altra storia. Sembra cambiare anche il finale. “Chalana disegna un altro cross che taglia fuori tutta la difesa” commenta John Motson, telecronista della BBC. Rui Jordao è sempre lì, sul secondo palo, schiaccia un diagonale sporco e per questo letale. Francia 1 – Portogallo 2. Il Velodrome di Marsiglia si incupisce. La sera francese sembra farsi più fredda. Sere che conoscerà bene, negli anni a Bordeaux, e non basterà il Médoc a consolarlo di una stagione fuori posto, di una vita senza vista. Giocherà 10 partite, ma resterà un po' girondino nel cuore. Passa più tempo a occuparsi dei suoi uccelli e dei suoi infortuni, prima che la società decida di strappare il contratto. Ma fa in tempo a segnare un rigore che nessuno ha dimenticato, di destro, lui che è mancino naturale, contro il Dniepropetrovsk: il penalty che porta il Bordeaux in semifinale di Coppa dei Campioni.
Finale triste – Quella sera a Marsiglia c'è tutto Chalana, il meglio e il peggio del Piccolo Genio che a un minuto dalla fine, sul 2-2 e con i rigori a un passo, tenta un passaggio al centro. Fernandez intercetta e Chalana batte le mani per la frustrazione. Quel passaggio chiuderà la sua carriera in nazionale, giocherà solo un'altra amichevole. Fernandez vede Tigaa, che quel giorno festeggia il 20 compleanno. Tigana vola e appoggia dietro per Platini. Le jour de gloire est arrivé.