Dopo un’attesa lunga sei anni, Calciopoli è alla resa dei conti (VIDEO)

Il processo Calciopoli arriva finalmente all'ultimo capitolo. Oggi, infatti, è previsto il verdetto finale. L'aula 216 si è riempita sin dalle prime luci dell'alba, con una ressa tra giornalisti e telecamere degna di una finalissima internazionale. Mediaset, Sky e Rai presenti, con annesse coperture in diretta, insieme ad altre televisioni di tutto il mondo, mentre in aula c'era già l'avvocato Trofino, il difensore di Luciano Moggi, pronto ad aprire l'ultima udienza del processo con la conclusione della sua arringa. L'attesa e la fibrillazione erano soprattutto per quanto riguardava i tempi con i quali si sarebbe conclusa l'udienza, al termine della quale i tre giudici sarebbero entrati in aula di consiglio per annunciare poi il verdetto. Non ci sono stati ritardi: la sentenza dovrebbe arrivare per ora di cena.
Da Trofino, l'ultima arringa
Proprio con la prosecuzione dell'arringa dell'avvocato di Luciano Moggi, Paolo Trofino, ha preso il via nell'aula 216 del tribunale di Napoli l'udienza del processo a Calciopoli che porterà, concluse le controrepliche, alla sentenza di primo grado, attesa per le 20. Trofino ha attaccato la sentenza con rito abbreviato del gup De Gregorio ai danni dell'ex direttore generale della Juventus Giraudo definita "preistorica e sbagliata". "Quella sentenza – ha sottolineato Trofino – non tiene conto che quel mondo non era perfetto e che Moggi non era un diavolo in un mondo di angeli". Il legale di Moggi ha duramente contestato l'impianto accusatorio: "In questo processo – ha detto – sono state commesse nefandezze straordinarie con telefonate che sono state occultate. La Juve – ha sottolineato il legale dell'ex direttore generale bianconero – è l'unica squadra per la quale c'è la prova in questo processo che è stata danneggiata in una partita per l'intervento dell'allora presidente della Figc".
"Quello del calcio non era un mondo perfetto in cui Moggi era l'unico imperfetto. È stato individuato in lui il capro espiatorio, il terminale di tutte le nefandezze da parte di un calcio che voleva attraverso lui lavarsi la coscienza. Moggi ha sopportato per sei lunghi anni una gogna mediatica per questo motivo non chiediamo una semplice assoluzione ma una sentenza risarcitoria".
In aula erano presenti diversi imputati tra cui l'ex designatore degli arbitri Paolo Bergamo e le ex "giacchette nere" De Santis e Bertini, oltre ovviamente allo stesso Luciano Moggi seduto in prima fila accanto ai suoi legali. Tutti, ovviamente, con il dente avvelenato per poter strappare dai giudici una sentenza più favorevole rispetto ai verdetti del 2006 con richieste di radiazioni e pene severissime. Non solo, c'è chi – come Massimo De Santis – chiede un risarcimento plurimilionario all'Inter.

2006-2011, il momento del verdetto
Adesso si attende il verdetto, un verdetto che farà tremare ancora il mondo del pallone, qualunque esso sia. Quando arriverà la sentenza, le conseguenze sull’aspetto più strettamente sportivo della vicenda saranno tante e complesse, perché non va dimenticato che i procedimenti sportivi sfociati nei processi del 2006 affondano le loro radici nell’indagine alla base del processo penale. La stessa indagine che durante il processo napoletano è stata smontata, smentita e in certi casi ridicolizzata dal dibattimento da parte di una difesa che ha messo in evidenza come ci fosse una diffuso ‘modus operandi' fatto di carteggi, telefonate, controlli e favori. Nessuno escluso. Insomma le prove, apparse di cemento armato durante la torrida estate 2006, nel corso del dibattimento si sono per lo più sbriciolate nei successivi cinque anni, ridimensionando non Calciopoli ma almeno l'accusa iniziale che voleva nella Juventus l'unica colpevole di reato.

La speranza della Juve: ricelebrazione del processo
Questo aspetto porta alla prima scontata conseguenza a livello sportivo. Ci sarà l'immediato ricorso all’articolo 39 del codice di giustizia sportiva, quello per il quale qualsiasi sentenza può essere rivista alla luce di "nuovi fatti" o "prove che all’epoca del giudizio non erano disponibili". Siamo in questa situazione, perché le nuove telefonate e le testimonianze rese in aula si configurano come nuovi fatti o prove non disponibili nel 2006. Al di là del contenuto delle stesse – come quando Moggi aveva ipotizzato una telefonata-shock che avrebbe scosso l'intero mondo del calcio, fatto puntualmente smentito dal contenuto delle nuove intercettazioni. All’articolo 39 può fare appello lo stesso Luciano Moggi, che l’ha già annunciato nelle giornate precedenti all'attuale, contro un processo pilotato e senza prove , ma anche la Juventus medesima, prima grande imputata che richiede da anni equità di giudizio. Ciò che si potrebbe ottenere non p cosa da poco visto che si parla anche di una eventuale ricelebrazione del processo sportivo alla luce del materiale emerso.

Si decide su tutto: radiazioni, scudetti revocati, spionaggi industriali.
Se tutto tornasse a essere ridiscusso alla luce di quanto emerso dal processo napoletano, ci sarebbe un enorme punto interrogativo: l'esito sarebbe difficile poterlo prevedere ora. Quello che è certo è la posizione della Juventus non è certo cambiata in peggio nel corso di questi anni, e questo è un punto tanto fermo quanto evidente. Il discorso cambia per gli altri, Inter in primis – società che ha ‘goduto' dei fatti di Calciopoli – e che si è ritrovata, dati e nuove prove alla mano, in una situazione molto simile a quella delle altre società a suo tempo punite e condannate. Il massimo risultato a cui possono aspirare i bianconeri è anche altro. Oltre a ristabilire l'ordine di una giustizia che a Torino ha ancora il sapore di un ‘regolamento di conti‘, si potrebbe addirittura spingersi verso la restituzione dei due scudetti nel caso di una revisione totale che, ora come ora, appare difficile in seno a questa Figc. Nel frattempo, altre cose verranno discusse alla luce della sentenza di Napoli: le radiazioni di Moggi, Giraudo e Mazzini davanti all’Alta Corte e la questione scudetto 2006 da revocare all’Inter davanti al Tnas. E’ ovvio che il tenore della sentenza finirebbe per declinarsi nel giudizio di queste vicende e sarebbe un interessante segnale in chiave revisione: con una sentenza positiva questa sera, la Juventus si sentirebbe più forte ed appoggiata nel suo cammino nel dimostrare se non la propria innocenza – reati ci furono e per ciò ha già pagato – quanto per un riequilibrio delle pene nei confronti di quelle società che i fatti hanno dimostrato essere comunque a conoscenza e in connivenza con le stesse fraudolente pratiche denunciate nel 2006. Senza dimenticare anche le accuse di ‘spionaggio industriale' che avrebbero serie conseguenze sul piano anche penale. Accuse che sono state avvalorate nel corso degli anni da dichiarazioni e testimonianze che peggiorano la situazione – nella fattispecie – dell'Inter e sarebbero attenuanti sul comportamento d'allora dei dirigenti bianconeri (ad esempio l'uso delle SIM svizzere per non essere intercettati)