Dopo i diritti tv, la poltrona di ad della Lega: il calcio italiano si consegna a Tebas
Prima i diritti tv della Serie A per il trienno 2018/2021 poi la Lega Calcio. Javier Tebas – l'uomo che con la MediaPro di Jaume Roures, col quale ha interessi comuni, ha fatto ricca la Liga – è pronto a fare propria anche la poltrona di amministratore delegato che buona parte dei club, quelli della cordata Lotito-Cairo, vorrebbero affidargli per riprendersi un po' di potere e smarcarsi dal commissariamento di Giovanni Malagò.
Questione economica e questione di potere/peso politico s'intrecciano. I presidenti vogliono contare di più e per farlo provano a forzare i tempi bypassando ogni cosa: conflitto d'interesse latente, sia perché dal 2013 Tebas è presidente della Liga professionale di Spagna (decisa a rinnovargli il contratto) sia perché suo figlio opera nel ramo della compravendita dei diritti tivvù; non è visto di buon occhio da Fifa e Uefa; è stato proprio Tebas a battersi perché l'Italia non avesse 4 squadre in Champions League dalla prossima edizione. A fargli cambiare idea potrebbe essere stata la generosità della cifra – come raccontato su Repubblica – che andrebbe a guadagnare: 1 milione e 200 mila euro per sé e il suo braccio destro.
Tutto fatto? Così sembrerebbe. I club che si oppongono al progetto del presidente della Lazio e del Torino sono soprattutto Juventus, Roma, Inter e altre 4 società che non vedono di buon grado la possibilità che il prossimo 14 febbraio venga indetta un'assemblea elettiva così da definire, in assenza di Malagò (in Corea per i Giochi), i nuovi assetti potendo contare su almeno 14 consensi necessari (quelli dell'accordo Cairo-Lotito) per la nuova governance. L'alternativa a Tebas per la carica di amministratore delegato della Lega Calcio è Luigi De Siervo, ora a Infront Italia, ma la sua influenza potrebbe non bastare a spezzare il patto di ferro tra il numero uno granata e quello capitolino che prevede anche Vegas, ex Consob, alla presidenza della Federcalcio.
Strategia. In questo periodo di riposizionamento all'interno delle istituzioni calcistiche c'è ancora una questione sul tavolo. Nei giorni scorsi il commissario della Figc, Fabbricini, ha avanzato la possibilità che il numero di squadre attualmente in A scenda da 20 a 18. Ipotesi che a molti club, soprattutto quelli medio piccoli, non è affatto piaciuta considerati i soldi dei diritti tv e del paracadute per le retrocesse in B. Morale della favola: la Lega di A pretende di avere un maggiore peso politico che per adesso è al 12% a fronte del 34% dei Dilettanti e del 17% della Lega Pro.