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De Boer, dal ‘5 maggio’ olandese alla panchina dell’Inter

Ha lasciato l’Ajax dopo il 5° titolo perso in extremis, approda all’Inter dove potrà proseguire con l’amato 4-2-3-1 puntando su una migliore fase difensiva.
A cura di Mirko Cafaro
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L'ultima immagine di Frank De Boer da allenatore dell'Ajax sono le sue lacrime sul pullman che riportava la squadra a casa dopo aver perso in extremis il quinto titolo della sua breve carriera da allenatore. E a ben vedere, in quel sorpasso subito al fotofinish dal Psv, c'erano già dei segnali – per chi crede a queste cose – del suo possibile approdo all'Inter (dopo la rottura con Mancini). La sua, infatti, è stata una ferita che forse solo i tifosi nerazzurri possono comprendere sino in fondo, dopo l'ormai famigerato 5 maggio di Ronaldo. Un'annata che ha una sinistra somiglianza con quella vissuta dall'Ajax: dominio con il bel gioco e interpreti di livello apprezzati in tutta Europa per buona parte del campionato, flessione nel finale, recupero dei rivali di Eindhoven e infine l'imprevedibile pareggio nell'ultima giornata contro il poi retrocesso De Graafschap che preclude il sogno-scudetto.

È calato così il sipario sulla sua prima esperienza da tecnico. Un'esperienza che, al di là dell'epilogo, è stata parecchio entusiasmante con la vittoria di quattro titoli nazionali, avvenuta attraverso il lancio di numerosi talenti (da Milik appena approdato al Napoli con una dote di 47 gol in due stagioni, a Eriksen, Vertonghen, Alderweireld solo per citarne alcuni) e con la creazione di una nuova mentalità vincente, anche andando contro – o forse sarebbe meglio dire oltre – i criteri tattici che hanno sempre contraddistinto i lancieri. Il 4-2-3-1 preferito al consueto 4-3-3 e un'attenzione maggiore alla fase difensiva che lo ha portato a svolgere lavori specifici, quasi inediti a certe latitudini.

È un amante del calcio ragionato e del palleggio insistito De Boer; in un calcio che ormai si divide tra cholismo e guardiolismo, lui si posiziona tutta la vita dalla parte di Pep ("E’ stato un maestro, gli devo tutto") e del suo "tiki taka" ("Giocarlo è difficile, ma è il calcio più bello"). Con i giocatori, invece, riesce a mixare un fare paterno, che lo spinge a volerli conoscere a fondo per individuare eventuali problemi o distrazioni extracalcio, a un atteggiamento rigido su regole e comportamenti (di qui l'allontanamento di Kishna, finito poi alla Lazio). All'Inter, Frank potrà proseguire sulla strada del 4-2-3-1 impostato in queste prime settimane da Mancini, insistendo su Banega trequartista, risolvendo una volta per tutte il caso-Icardi e provando a trovare una quadra a una difesa che ha ballato per tutta l'estate (13 gol subiti in tre amichevoli di lusso, compreso il 6-1 dal Tottenham). Resta da capire a chi affiderà il compito di far da schermo davanti alla difesa e se, sin dal suo arrivo, pretenderà di essere seguito da alcuni fedelissimi dell'Ajax.

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