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Dal sogno di Muggiani a Suning, dov’è finita l’Internazionale? Buon supercentenario Benamata

Centodieci anni di storia fatta di alti e bassi alla ricerca dell’orizzonte di cui parlava Eduardo Galeano e figlia di un esistenzialismo che ha portato i tifosi a definire la loro squadra ‘pazza’. “Fratelli del mondo” tra gioie e dolori, il futuro è ancora da scrivere.
A cura di Vito Lamorte
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Alle ore 23.30 del 9 marzo 1908 Giorgio Muggiani, pittore cartellonista ed ex segretario del Milan Foot-ball Club and Cricket, insieme ad una quarantina di ragazzi brindava alla nascita di una nuova squadra di calcio: "Si chiamerà Internazionale, perché siamo fratelli del mondo" e qualche giorno dopo La Gazzetta dello Sport diede la notizia scrivendo che lo "scopo precipuo del nuovo club è quello di facilitare l'esercizio del calcio agli stranieri residenti a Milano e diffondere la passione nella gioventù Milanese […]". A distanza di anni fa sorridere questo nobile intento, soprattutto se si pensa che quella nerazzurra è una delle tifoserie più a destra d'Italia, ma l'indole della società non è mai cambiata: da Paramithiotti ai Moratti, padre e figlio, passando per Fraizzoli e Pellegrini la società meneghina ha sempre rispettato i principi dei suoi fondatori tranne durante il periodo fascista quando gli è stato imposto di cambiare il nome in "Ambrosiana Inter" perché "Internazionale" era un po' "troppo socialista".

L'Inter nacque da una scissione del Milan… Ecco la dimostrazione che si può fare qualcosa di importante partendo da niente! (Peppino Prisco)

Una storia fatta di tanti alti e bassi, da sempre appesa ad un filo o lanciata sulle montagne russe a 100 km/h, in perenne ricerca dell'orizzonte a cui faceva riferimento Eduardo Galeano e figlia di un esistenzialismo che ha portato i tifosi a definire la loro squadra "pazza". Un viaggio che era iniziato da italiani, scozzesi e svizzeri poi è passato per l'Indonesia e ora sta continuando grazie ai cinesi, intorno a cui ruotano molte incertezze e tanti sogni.

Da Moratti a Moratti e le ‘filastrocche' della storia

Nella storia di questo club i due periodi d'oro sono associati ad una famiglia molto importante della borghesia milanese, quella dei Moratti. Prima è stato papà Angelo a portare l'Inter sul tetto del mondo (la prima a vincere la Coppa Intercontinentale nel 1964) e poi è stata la volta del figlio Massimo che ha realizzato il primo Triplete da parte di una squadra italiana nel 2010 dopo aver buttato per la finestra una montagna di miliardi per inseguire le rivali di sempre, Juventus e Milan. A distanza di quasi cinquant'anni tifosi della Beneamta e osservatori di calcio hanno dovuto imparare una nuova filastrocca e da "Sarti, Burgnich, Facchetti, Bedin, Guarneri, Picchi, Jair, Mazzola, Domenghini, Suárez, Corso" si è passati a "Julio Cesar; Maicon, Lucio, Samuel, Chivu; Zanetti, Cambiasso; Pandev, Sneijder, Eto'o; Milito".

Da Lisbona al 5 maggio 2002: le delusioni nerazzurre

Un "supercentenario" fatto di tante gioie e di grandi dolori: dalla sconfitta con il Celtic a Lisbona in finale di Coppa dei Campioni e quella di Mantova del '66/'67  fino alla doppia semifinale di Champions con il Milan passando per il 5 maggio del 2002 e il 26 aprile del 1998, giorno del big match dello scudetto con la Juve. Una rincorsa contro il tempo che ha da sempre qualcosa di "irrazionale" e va contro qualsiasi un processo logico anche quando tutto sembra pronto per un finale lieto, non lo è mai. Dal primo derby perso per 6-3 nel 1911 alla sconfitta europea già dolorosa di sempre (9-0) arrivata per mano dello Slavia Praga  nel 1938: tutto e il suo contrario. Nulla di razionale.

Qualcuno era interista perché…

Parafrasando il noto cantante milanese e tifoso nerazzurro Giorgio Gaber, "qualcuno era interista perché" si è avvicinato per la prima volta al calcio dopo aver visto correre su un prato verde atleti come Angelillo, Matthaus, Mazzola, Vieri, Lorenzi, Milito, Nyers, Boninsegna, Cevenini, Cambiasso, Corso, Altobelli, Stankovic, Beccalossi, Baggio, Meazza, Pagliuca, Icardi, Simeone, Skoglund, Eto'o, Rummenigge, Bergomi, Oriali, Ibrahimovic, Zenga, Materazzi, Zanetti, Sosa, Bini, Figo, Brehme, Djorkaeff, Adriano, Candiani e tantissimi altri ma fanno da contraltare una miriade di "mezzi calciatori" come i vari Gresko, M'Vila, Caio, Macellari, Belfodil, Gilberto, Pacheco, Jonathan, Domoraud, Pancev, Vampeta, Centofanti, Vivas, Cirillo, Sorondo, Rambert, Coco, Pacheco, Hakan Sukur, Wome, etc etc. Nonostante ciò, a San Siro ci vanno sempre in 50.000 perché, come diceva l'eterno Giacinto Facchetti "ci sono giorni in cui essere interista è facile, altri in cui è doveroso e giorni in cui esserlo è un onore".

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Dov'è finita l'Internazionale?

Dall'ultimo trofeo dell'era più vincente della storia nerazzurra, la Coppa Italia del 2011 con Leonardo, sono arrivate solo profonde delusioni. Dopo aver visto vincere la squadra nerazzurra in tutte le decadi da quando è stata fondata, questa verrà ricordata per il record in negativo di allenatori cambiati: 12 compreso Luciano Spalletti. La mancanza di competizioni europee sta togliendo l'appeal ad una squadra che è sempre stata preceduta dal suo blasone e se non dovesse arrivare la Champions nemmeno quest'anno il clima intorno al club diventerebbe poco gradevole. Il cambio ai vertici della società, con Thohir che ha acquistato la maggioranza da Moratti per poi rivenderla al gruppo cinese Sunning, ha portato un gran caos sotto quel cielo di stelle nero e azzurro di cui parlava Muggiani al ristorante "L'Orologio" in via Mengoni ma l'essere "fratelli del mondo" lascerà sempre una porta aperta e un briciolo di speranza all'esistenzialismo nerazzurro. Inter is Coming? Intanto auguri Inter, il futuro è ancora da scrivere.

[…] Credo che un'Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più, ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa […] (dal film Radiofreccia, 1998)

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