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Da padre in figlio, la storia di Mbaye adottato dal suo agente

Suo padre naturale lo iscrisse alla scuola calcio Etoile Luisiana di Dakar, in Senegal. Segnalato da Accardi, Mourinho gli fece da ‘padre putativo’ dal punto di vista calcistico e convinse l’Inter a fargli un provino. E adesso il suo agente sta per diventare suo padre, completando le pratiche per l’adozione al Tribunale di Modena.
A cura di Maurizio De Santis
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Da padre in figlio. La storia di Ibrahima Mbaye, terzino dell'Inter ora in prestito al Bologna, inizia a Dakar (Senegal). La scuola calcio nel quale muove i primi passi è l'Etoile Luisiana, fondata da José Mourinho. Suo padre lo accompagna lì perché quel ragazzo dal fisico ancora mingherlino riesca a costruirsi un futuro: ha talento e Beppe Accardi – oggi suo agente – se ne accorge. Annota il nome sul taccuino, le referenze sono ottime e chiama l'Inter. A convincere il diesse Ausilio, però, è lo Special One. Sì, proprio lui: suggerisce ai nerazzurri di offrire una chance a quel giovane calciatore. Fategli un provino, dice il tecnico portoghese. Vedete di che pasta è fatto. L'esame è superato: dal padre naturale al padre putativo (il manager lusitano) in ambito calcistico fino al padre adottivo… Per il suo procuratore è molto più di un cliente, di un atleta di cui curare gli interessi. Poco alla volta, entra a far parte della sua famiglia. E adesso, con le pratiche ben avviate al Tribunale di Modena, ne diverrà anche papà.

Mbaye vive da ormai sei anni a casa del suo agente, allevato come fosse suo figlio. "Sapete come si presentò? Con un regalo per ognuno della mia famiglia – raccontò Accardi in un'intervista a TMW magazine -. Nonostante avesse in tasca i primi soldi, piuttosto che spenderli per cose proprie, ne mise un po' da parte per comprare regali". E allora pensi alle fesserie di Opti Poba e quasi ti viene rabbia a pensare che integrazione e opportunità possono essere coniugate anche senza dimenticare la propria identità. Mbaye non ha cancellato le proprie radici: suo padre, quello naturale, lavora in Italia mentre sua madre è in Senegal. "Considera Beppe come un padre perché quello che sta facendo per te non sono riuscito a farlo nemmeno io", gli disse. "Per me Ibra è uno di noi, lo considero il figlio maschio che non ho avuto", ha ammesso al Corsport Accardi.

Da padre in figlio, è approdato alla Pinetina: laterale di sinistra, maglia pesante per chiunque conosca la storia dell'Inter. E' la maglia appartenuta a Giacinto Facchetti, un'icona da calciatore e da dirigente. Una leggenda che alimenta la voglia di Ibra di crescere, migliorare e ritagliarsi un posto nel calcio che conta: Stramaccioni ne resta favorevolmente impressionato per il fisico imponente (alto 188 cm), per le qualità tecniche e per la duttilità tattica che ne fa una pedina preziosa anche se schierato sulla destra oppure al centro del reparto arretrato. Qualche apparizione in nerazzurro, poi il prestito al Livorno in A (2 gol) e il rientro alla casa madre. Adesso è a Bologna. Dall'Africa all'Italia. Da padre in figlio.

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