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Da Maradona alla Juve: i 50 anni di Ferrara, il mastino napoletano (in difesa)

L’ex centrale di partenopei, Nazionale e bianconeri festeggia un compleanno speciale. Adesso è in Cina, alla guida dello Wuhan Zall, ma l’immagine del bellissimo abbraccio con Diego dopo il gol in finale di Coppa Uefa è un bellissimo ricordo scolpito nella memoria dei tifosi.
A cura di Jvan Sica
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“Lui se la merita più di tutti, perché ha segnato, perché è napoletano”. Sul prato del Neckarstadion di Stoccarda era inginocchiato, in lacrime, abbracciato da Diego Armando Maradona. Se Ciro Ferrara, oggi 50enne, dovesse sintetizzare la sua carriera molto probabilmente sceglierebbe questo momento indimenticabile per lui e per tutti i tifosi napoletani. In quel momento siamo nel 1989 e la vittoria della Coppa Uefa è un altro tassello di quella grande squadra in cui Ferrara era entrato definitivamente nell’anno dello scudetto, dopo le ottime prove da sostituto di Giuseppe Bruscolotti nei due anni precedenti.

Nell’anno dello scudetto Ciro si era ben districato sia come marcatore di destra, sostituendo la ‘mascella di Sassano', sia alcune volte come terzino sinistro quando c’era da difendere. La vittoria di quello scudetto per lui è stato un momento esaltante, spesso racconta come tutta la sua città in quel momento era completamente azzurra, felice e finalmente vincente dopo tanti e tanti anni di sforzi e tentativi falliti. L’anno successivo la squadra sembrava imbattibile, Ferrara aveva preso definitivamente il posto di titolare a Bruscolotti ma nelle ultime giornate tutto saltò.

Il Milan di Sacchi arrivò al San Paolo e non lasciò scampo alla squadra di Ottavio Bianchi. La sintesi di quella disfatta fu la partita travolgente di Gullit che distrusse Ferrara, superandolo in velocità ogni volta che voleva fornendo assist ai suoi compagni d’attacco. La sua storia con il Napoli però continuò e dopo la vittoria della Coppa Uefa nel 1989, l’anno successivo arrivò un secondo scudetto per il quale molti ancora oggi pensano che ‘il secondo è più bello ancora'. Fu lo scudetto della monetina di Bergamo, della lotta spalla a spalla contro quel Milan di Sacchi che due anni prima aveva scherzato gli azzurri al San Paolo e la rivincita anche di Ferrara che giocò un anno straordinario in una coppia di terzini con Francini di altissimo livello.

Quello che sembrava essere il momento della consacrazione per la squadra ne divenne il canto del cigno. L’anno successivo il Napoli uscì al secondo turno di Coppa dei Campioni contro lo Spartak Mosca, Maradona non riusciva più a tenere a bada i suoi demoni e tutto andò al collasso. Per salvarsi dai debiti degli anni d’oro il Napoli iniziò a cedere i suoi pezzi pregiati e Ciro Ferrara era uno dei più ricercati. Ad accaparrarselo fu la Juventus che dal Napoli aveva già preso uno degli uomini che maggiormente stimava Ferrara anche fuori dal campo, Luciano Moggi, e l’allenatore dell’ultimo grande Napoli, Marcello Lippi.

Lippi volle Ferrara alla Juve impostandolo come centrale a zona, dopo anni di difesa a uomo, facendone il perno della sua difesa. Con la Juve ha vinto altri 6 scudetti, tanto che sull’avambraccio destro ha tatuato il numero romano VIII proprio a sottolineare il suo record (anche se uno è stato revocato e ufficialmente non ha più 8 scudetti) insieme con Giovanni Ferrari, Giuseppe Furino e Virgilio Rosetta e soprattutto la Champions League 1995-96 contro l’Ajax segnando il suo rigore nella finale di Roma. Con la Juve ha giocato 385 partite e in totale ha giocato solo in serie A 500 partite. Insieme a Giancarlo De Sisti e Luciano Catsellini ha un altro record: è riuscito a collezionare almeno 200 presenze in serie A con due differenti squadre, diventando una bandiera di entrambe.

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Lascia l’attività il 15 maggio 2005 contro il Parma al Tardini. Con la Nazionale ha avuto sempre un rapporto complicato e pieno di dubbi da parte dei selezionatori che si sono succeduti durante la sua carriera. Prima Vicini, dopo che lo aveva fatto esordire il 10 giugno 1987 contro l’Argentina di Maradona, lo considerava ancora troppo acerbo per farlo diventare titolare al posto di Bergomi, capitano di quella squadra, poi con Sacchi il fatto che non avesse mai giocato a zona lo condizionò, non venendo più convocato dal 1991 al 1995. Sacchi lo rispolverò per le qualificazioni ad Euro 1996 ma non poté parteciparvi per infortunio, come successe anche per i Mondiali 1998 con Maldini allenatore.

L’ultima avventura con la Nazionale da calciatore fu ad Euro 2000. Zoff lo convocò soprattutto per il suo ruolo di collante nello spogliatoio, facendolo giocare nella partita contro la Svezia. Le lacrime dei suoi compagni di squadra che avevano perso la finale contro la Francia si trasformarono in sorrisi sei anni dopo quando lo volle Lippi come suo assistente ai Mondiali di Germania. Dopo alcune prove in panchina non esaltanti, di cui una alla Juve che ha lasciato strascichi anche con la società, grazie al rapporto con Lippi continuato nel tempo, Ferrara ne ha seguito le orme anche in Cina dove festeggia i 50 anni alla guida dello Wuhan Zall. Chissà se anche lì troverà un babà napoletano su cui mettere le candeline.

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