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Copa America, la prima volta in Brasile: Friedenreich decise la finale più lunga di sempre

La prima edizione della Copa America in Brasile, quella di quest’anno sarà la quinta volta che il più grande stato dell’America Latina ospita l’evento, verrà ricordata per la finale più lunga del mondo, per la morte del portiere-poeta Roberto Chery e per i calciatori cileni che nel ritorno a casa sfidarono la cordigliera delle Ande sul dorso di 22 muli.
A cura di Vito Lamorte
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Quella di quest’anno sarà la quinta edizione della Copa America che ospita il Brasile: la prima fu nel 1919, ovvero esattamente 100 anni fa, poi 1922, 1949 e l’ultima nel 1989.  Quando il più grande stato dell’America Latina ospitò per la prima volta la manifestazione, che all’epoca era denominata Campeonato Sudamericano de Futbol, il torneo si disputava a cadenza annuale ma, dopo le edizioni del ’16 e del ’17, nell'estate australe del 1918 arrivò nel paese l'influenza spagnola, la più tremenda pandemia dell'era moderna che provocò la morte di quasi 15 persone in tutto lo stato: vista l’emergenza  il torneo venne posticipato all'anno seguente.

La terza edizione di questa competizione riservata alle squadre dell’America del Sud si giocò dall'11 al 26 maggio 1919 ed erano presenti le quattro squadre del continente già affiliate alla confederazione: si trattava di Brasile, Argentina, Uruguay e Cile. Il torneo prevedeva un girone all'italiana di sola andata da giocare interamente allo stadio Das Laranjeiras di Rio de Janeiro, casa del Fluminense.

La finale più lunga del mondo

Questa edizione della Copa America, la prima giocata in Brasile, verrà ricordata perché venne disputata la finale più lunga del mondo. Il 29 maggio al Laranjeiras c’erano 35.000 spettatori, il doppio della capienza ufficiale dell'impianto, e con il pareggio per 0-0 che persisteva anche dopo i supplementari l'arbitro l'argentino Juan Pedro Barbera, che sostituì l’inglese Todd (aveva già diretto l'ultima gara del girone e  aveva la nave prenotata per rientrare in Europa), propose di disputare altri due tempi supplementari: le squadre accettarono.

Al secondo minuto del terzo tempo supplementare Arthur Friedenreich, fenomeno del calcio brasiliano di quegli anni e denominato ‘il re prima di Pelé’, regalò la vittoria ai brasiliani sull’Uruguay e il primo trofeo continentale alla selezione carioca. Si dice che questo signore di San Paolo è stato autore in carriera di più di 1.200 gol e nonostante non vi fu mai la possibilità di un reale confronto statistico con O’Rey viene rispettato moltissimo dagli osservatori e dai tifosi della Seleçao. Una storia tramandata di generazione in generazione.

Qualche anno più tardi Friedenreich venne colpito da una legge emanata dal presidente Epitacio Pessoa che escludeva i giocatori di colore dallo sport di vertice, a cominciare proprio dalla nazionale di calcio, e il simbolo della Seleçao dell’epoca, nato da padre commerciante tedesco e madre lavandaia brasiliana, era mulatto e fu la principale vittima di questa assurda volontà razzista del governo di minoranza bianca. Saltò la Copa America del 1921 e in quella del '22 fu convocato, ma non disputò la finale su pressioni del governo: subito Pessoa fu costretto a ritirare questa legge.

La tragedia di Chery

Il giorno dopo la chiusura del torneo un brutto evento ha sconvolto il calcio sudamericano: il portiere dell’Uruguay, Roberto Chery, morì all’ospedale di Rio de Janeiro dopo essere stato ricoverato in seguito alla partita della Celeste col Cile. Il portiere-poeta, molto conosciuto anche per le sue doti stilistiche, nell'effettuare l'ennesima parata si strangolò un'ernia inguinale e dopo 17 giorni di agonia morì a 23 anni. Per ricordarlo le nazionali di Brasile e Argentina disputarono un'amichevole, finita 3-3, in cui indossarono, rispettivamente, le maglie del Penarol (il club di appartenenza del giocatore) e quella dell'Uruguay. La Copa Roberto Chery, in palio quel giorno, fu simbolicamente assegnata al Penarol e l'incasso andò in beneficenza ai familiari del portiere scomparso.

I cileni sfidarono la cordigliera delle Ande

Il viaggio di ritorno a casa per la selezione cilena fu una vera e propria odissea: l’inverno e le copiose nevicate resero impraticabili i tracciati ferroviari andini e i calciatori cileni rimasero bloccati a Mendoza, ultima città argentina prima della cordigliera divenuta inaccessibile. Si trattava di atleti dilettanti, che dovevano tornare a casa e al lavoro il prima possibile, e si erano autofinanziati la trasferta brasiliana: purtroppo i soldi per soggiornare sul territorio argentino in attesa che ripartissero i treni per il Cile non erano abbastanza e così decisero di attraversare la cordigliera sul dorso di 22 muli. Arrivarono a Santiago del Cile sani e salvi ma ci vollero ben 40 giorni dopo la partenza da Rio de Janeiro. Storie di un calcio lontano cento anni.

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