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Copa America 2001: quando l’Honduras umiliò il Brasile

Nei quarti di finale della Copa America 2001, l’Honduras vince 2-0 e apre la crisi del Brasile di Scolari. La Bicolor chiuderà terza e il capitano Amado Guevara sarà eletto miglior giocatore della manifestazione. Oggi “Il calcio fa bene alle ossa” vi racconta la storia di quella grande impresa.
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“Esiste al mondo una nazionale peggiore dell’Honduras? Sì il Brasile”. Così parlava un celebre giornalista dopo aver visto i verdeoro di Scolari naufragare contro la Bicolor ai quarti della Copa America 2001. Un’edizione cui nemmeno avrebbe dovuto partecipare.

Le guerre e il futbol – È entrato nella storia del futbol dalla porta sbagliata, l’Honduras, per la guerra contro El Salvador del 1967. È servito il contesto di un’altra guerra per portarli al centro della geografia calcistica del sub-continente americano. La Copa America 2001, infatti, è assegnata alla Colombia ma è sempre più a rischio con l’avvicinarsi la cerimonia di inaugurazione. La violenza delle Farc aumenta e la crisi esplode quando, a due settimane dal torneo, viene rapito il vicepresidente della federazione colombiana, Hernán Mejía Campuzano. Il presidente della CONMEBOL, Nicolás Leoz Almirón, tra i sette dirigenti FIFA arrestati in Svizzera nell’ambito del processo Usa che ha portato alle dimissioni di Blatter, minaccia di cancellare la Copa e spostarla in un’altra nazione. Dopo 72 ore, le Farc liberano Almiron, unico ostaggio rimasto prigioniero per così poco tempo. “I guerriglieri volevano vedere la Copa America” ha spiegato Leoz in un’intervista all’agenzia France Presse, “quando ho minacciato di trasferire la manifestazione si sono preoccupati, credo abbiano pensato che questo li avrebbe messi in cattiva luce con i colombiani”. La Copa resta dov’è, ma si comincia a parlare di un piccolo rinvio. Le nazionali rimangono come color che son sospesi finché, a una settimana dall’inizio, la CONMEBOL conferma le date. E l’Argentina, come il Canada, rinuncia perché non è in grado di garantire una squadra, anche se all’ultimo, il giorno prima, il presidente federale Julio Grondona tenta di iscrivere comunque la Selecciòn in extremis. Al posto dell’Argentina, viene chiamato l’Honduras. Anche la Bicolor, che viaggia su un aereo militare delle forze armate colombiane, arriva senza molti titolari, su tutti Nunez, che a settembre segnerà due gol nel 3-2 in casa degli Stati Uniti, in un match giocato alle 10 di mattina perché unico orario disponibile per la diretta su ESPN, ingolfata dal primo sabato di college football: è l’ultima sconfitta interna della nazionale yankee in un match di qualificazioni mondiali. E un altro, Lagos, lo perderanno in corso d’opera perché trovato positivo a un controllo antidoping.

Il viaggio dell’Honduras – Il ct Maradiaga, il “Primitivo” capitano della nazionale al Mundial 1982 finito con un’onorevole eliminazione al primo turno dopo i pareggi con Spagna e Irlanda del Nord, porta solo quattri giocatori che non militano nel campionato dell’Honduras. Ci sono gli attaccanti Saul Martinez, del Nacional Montevideo, David Suazo, già a Cagliari, che però si fa male dopo 14’ della prima partita contro la Costa Rica. C’è il difensore centrale Jorge Samuel Caballero, che adesso fa il procuratore, e in quell’estate del 2001 ha appena firmato un contratto quinquennale con l’Udinese ma era stato bloccato a un prezzo stracciato da Franco Sensi per la Roma grazie ai buoni uffici con il presidente dell' Olimpia Tegucigalpa. Capello, però, ha fatto saltare l’affare. “Non lo conosco e non lo voglio nemmeno vedere”, dirà, e Sam firma per Pozzo insieme a Carlos Pavòn, l’attaccante che ha segnato più gol con la maglia dell’Honduras in ogni epoca. C’è soprattutto Amado Guevara, il capitano, El Lobo, il Lupo, che gioca in Messico, e arriva in Colombia a torneo già iniziato: sarà il miglior giocatore della manifestazione.

Verso il Brasile – Guevara non sfigura nel primo match contro la Costa Rica, ma Paulo Wanchope decide l’incontro a mezz’ora dalla fine. Cambia tutto nel secondo match, contro la Bolivia: la sua doppietta nella ripresa vale il 2-0 che gli honduregni celebrano come se avessero vinto la coppa. Ma non è ancora finita. È sempre Guevara che allo stadio Atansio Girardot a scandire un momento storico. La sfida contro l’Uruguay decide il passaggio ai quarti di finale. La Celeste resta in nove, vengono espulsi prima Bizera, poi Eguren. In mezzo, però, sfiora il vantaggio con Morales, frustrato dall’eccellente riflesso del portiere Valladares. A 10’ dalla fine il punteggio è ancora fermo sullo 0-0. Ma all’85’ Carlos Diaz lancia in profondità Guevara che la mette dove Berbia non può arrivare. È il gol che porta l’Honduras davanti al Brasile.

Crisi Brasile – Se il calcio fosse solo questione di logica, non ci dovrebbe essere partita. Il Brasile ha battuto l’Honduras 8-2 prima di Usa ’94 e 5-0 nell’ultimo confronto diretto, alla Gold Cup di cinque anni prima a Los Angeles. Ma la Seleçao verdeoro è in crisi, ha perso nelle qualificazioni mondiali contro l’Ecuador (è la prima volta che cede a una nazionale che non ha ancora mai raggiunto le fasi finali della Coppa del Mondo) e contro l’Australia nella finale per il terzo posto in Confederations Cup. Il ct Scolari è squalificato, e ha architettato una cervellotica catena di Sant’Antonio per fare arrivare ai giocatori le istruzioni dalla cabina della radio in cui guarda la partita. Comunica con un walkie-talkie con il suo secondo Flavio Murtosa (squalificato pure lui), nascosto dietro la panchina, che le fa arrivare al coordinatore tecnico Antonio Lopes attraverso l’allenatore dei portieri, Carlos Pracidelli. Più confuso di così…

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L’impresa – è il segno di una squadra e di un Paese che, come si legge in un editoriale dell’epoca del quotidiano Lance, sta “percorrendo la strada della storia nel senso sbagliato”. A una settimana dall’inizio, infatti, non è ancora chiaro quali squadre potranno prendere parte al campionato. “Il calcio brasiliano è più incompetente che mai” prosegue l’editoriale, “incapace di organizzare una competizione, incapace di pianificare, di pagare gli stipendi e trattenere i migliori giocatori”. Incapace, come la nazionale, di contenere l’incursione sulla destra di Julio Leon, Rambo, che poi vedremo in Italia con le maglie, tra le altre, di Genoa e Reggina. Sul suo cross Martinez gira di testa, la palla tocca la traversa, supera la testa di Belletti (futuro campione d'Europa a Barcellona) che invano cerca di salvare sulla linea, e fa impazzire una nazione. L’arbitro paraguayano Ubaldo Aquino aiuta il Brasile, annulla il gol regolarissimo Leon, ma non evita, rimanda soltanto, il 2-0 della Bicolor. Dopo le espulsioni di Emerson, e del difensore honduregno David Carcamo, al quarto minuto di recupero Martinez chiude la partita e apre la crisi verdeoro. “Vergogna”, “In fondo al pozzo”, “Anche dall’Honduras?” titolano i giornali. A Tegucigalpa l’atmosfera è decisamente diversa. “La vittoria nasce dalla nostra forza mentale” spiega il ct Maradiaga. “Si gioca 11 contro 11, sapevamo che il Brasile non era imbattibile e l’abbiamo provato”. Chiuderanno al terzo posto, battuti in semifinale dalla Colombia ma comunque capaci di superare di nuovo l’Uruguay, ai rigori, nella finale di consolazione. Dalla sconfitta, Scolari estrae una nuova consapevolezza. “Io, Big Phil, passerò alla storia come il ct del Brasile che ha perso con l' Honduras. È colpa mia, ma cedere a loro si può: scientificamente siamo uguali agli altri, la maglia e la tradizione non bastano più a vincere le partite” dice. È anche da questa convinzione che matura il titolo mondiale in Giappone e Corea.

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