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Conte vince, Sarri incanta: un’estate in bilico, rischiano di restare senza panchina

Si fa concreta la possibilità, per Conte e Sarri, di trascorrere una stagione sabbatica. L’ex tecnico del Napoli, che ha troppo temporeggiato per rinnovare, ora chiede la rescissione consensuale. Il tecnico del Chelsea non si dimette e aspetta una lauta buonuscita. Possibile, ma non così concreta, la strada che porta al Real Madrid.
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L'orizzonte di Maurizio Sarri è un fiume senz'acqua sul quale fermarsi. Come il protagonista di The River, l'ormai ex tecnico del Napoli è in un presente springsteeniano fra ricordi che tornano a perseguitarlo come una maledizione. E una domanda che resta senza risposta: un sogno è una bugia se non diventa realtà?

Sarri, le parole pesano, la clausola di più

Ma è qualcosa di peggio che lo tiene al bordo di un fiume ormai secco. Come rivelava il Sun qualche giorno fa, è il ricordo del “frocio” dato a Roberto Mancini in un momento di rabbia ad aver fatto dubitare la dirigenza del Cheslea. Chissà se sanno delle sue uscite in conferenza stampa, della giornalista che segue il Napoli tutto l'anno che non ha “mandato a f…” solo perché carina, ipse dixit.

Possibile che questi comportamenti sian stati presi a pretesto, pur in una società che si è data una linea guida di tolleranza zero, scrive sempre il Sun, “verso ogni forma di razzismo, sessismo e omofobia negli ultimi anni”. E che in fondo a pesare sia la clausola fissata dal Napoli, combinata con lo stipendio di Sarri.

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Una clausola da otto milioni che rimane a galleggiare come retaggio amaro, come il finale di una storia da corrispondenza di amorosi sensi finita con un tempo e in un modo sbagliati. Un finale che Dries Mertens non ha capito. Sarri l'ha reso un attaccante da oltre 20 gol a stagione, con cui ha stretto un legame che va oltre il campo. "Per me anche Sarri andava bene, io guardo la squadra, abbiamo una squadra forte e non è un allenatore che la cambierà" ha detto, come riporta Sky Sport. "Vediamo come è la storia, non ho capito cosa sia successo con Sarri sinceramente". Anche la sua di clausola è bassa, e si abbasserà ancora. Ma questa è un'altra storia. E anche della sua, in una Napoli in cui come in tutte le città d'Italia si svuotano gli stadi, nell'Italia che da nazione di commissari tecnici si trasforma in un popolo di amministratori delegati, si parlerà prima, durante e dopo il Mondiale.

Conte-Sarri, la staffetta di Arezzo

Ormai però l'idea della staffetta Conte-Sarri sembra definitivamente tramontata. Era già successo che si alternassero su una panchina, ad Arezzo in Serie B, nella stagione 2006-2007. Conte venne esonerato dopo nove giornate, Sarri rimase fino alla ventottesima, pareggiando peraltro da 0-2 a 2-2 in casa della Juventus, poi Conte tornò fino a fine stagione. Sarri, ricordano i giocatori di quell'Arezzo, era un'enciclopedia. Sapeva tutto, nei minimi dettagli, dei propri giocatori e soprattutto degli avversari. Ma guai a portare scarpini colorate o fasce nei capelli.

Sarri tra azzurro e "blue"

Le luci e le ombre di un personaggio che divide c'erano già tutte. A Napoli ha provato a prendersi un ruolo che non era il suo, in maniera sempre meno sottesa col diminuire delle chances di scudetto, con l'aumentare della consapevolezza del finale di partita che si andava profilando. Si inchina sotto la curva ma va in televisione a spiegare che il Napoli vuole ridimensionarsi. Annuncia che sarebbe rimasto solo se messo nelle condizioni di rendere felici i napoletani. Di fatto ingaggia una danza, tesse una tela che assume i colori dell'azzurro e del “blue”. Ha giocato su due tavoli, con un presidente che l'ha aspettato ma quando ha capito il gioco ha guardato oltre.

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Ha temporeggiato, ma non ha imparato la lezione di quell'antico generale romano, Quinto Fabio Massimo che passerà alla storia proprio come il Temporeggiatore. “Non è solo il successo che insegna” diceva, “perché il successo è il maestro degli stolti, ma anche la strategia razionale”. Quel che in campo costituiva la forza, la luce della sua affascinante visione di calcio, fuori dal campo è diventata la sua condanna.

Conte ha vinto ma non si è confermato

Un discorso che vale per certi versi anche per Conte. Il tecnico del Chelsea aspetta una buonuscita da 11 milioni di euro. Come Mourinho, Conte è un tecnico da cicli brevi. Totalizzante e ossessivo, sa come capitalizzare il talento, come esaltare il potenziale dei giocatori. Ma li consuma nella ricerca della perfezione, nell'assorbimento di istruzioni che non consentono troppo pensiero laterale. Certo, la sua è una visione diversa dalla ricerca filosofica del calcio come estetica dell'ultimo Sarri.

Dopo le esperienze di Pisa, Bari, in cui il 4-2-4 era sinonimo di impostazione brasiliana e spettacolo, al crescere del valore delle sue squadre l'estetica ha lasciato il posto all'ambizione, alla necessità del risultato. Conta la sostanza, la grinta, l'applicazione, l'appartenenza. Tutto quello che fino al rigore di Pellè ha fatto innamorare l'Italia della nazionale all'Europeo di due anni fa. A Londra, ha chiuso la stagione con la conquista dell'FA Cup, anche se Willian l'ha "sbianchettato" dalla foto. Una coppa alzata come una rivincita.

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Conte ha vinto e non si è confermato. Sarri ha costruito un capolavoro ma non ha saputo portare il progetto ancora più in là. Percorsi diversi, finali simili. E destini che possono ulteriormente avvicinarsi. Certo, è un paradosso che nel valzer di grandi panchine non si trovi posto per due così. Chiuso, almeno per ora, il percorso che porta all'Arsenal (Arteta però è una scommessa dalle molte incertezze), per Conte potrebbe aprirsi la strada del Real Madrid, anche se Allegri sembra favorito.

Ora Sarri cerca la rescissione consensuale

Così, scrive il nostro Marco Beltrami, il Sarri “comandante senza esercito” torna sui suoi passi. Niente più braccio di ferro con De Laurentiis. Vuole tornare in panchina, lui che è stato visto ad assistere al play off di Lega pro tra Sambenedettese e Cosenza. E l'unica strada è provare a convincere De Laurentiis ad accettare “la risoluzione consensuale che gli permetterebbe di essere libero e arruolabile per altri club”. Ma anche De Laurentiis non è uomo che dimentica. E potrebbe tenerlo a stipendio, senza farlo lavorare, fino al 2020. Fermo, come il Raggio di Luna della commedia a palleggiare nel salotto della moglie del presidente. Come un Casanova nella sua personale Desolation Row, avvelenato di parole, punito per un po' troppa fiducia in se stesso.

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