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Come sarà la Nazionale di Roberto Mancini (che non ha la bacchetta magica)

Pregi e difetti, dubbi e speranze del neo commissario tecnico dell’Italia che ha assunto l’incarico più difficile e stimolante della carriera: rifondare gli Azzurri dopo il flop della mancata qualificazione al Mondiale. Dal modulo ai giovani passando per la gestione della ‘vecchia guardia’, Mancio è atteso alla prova del campo. Ma diamogli tempo.
A cura di Jvan Sica
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La scelta definitiva di Roberto Mancini come commissario tecnico della Nazionale è stata lunga ma alla fine è arrivata a conclusione con un accordo più che discreto per tutti. Lui rinuncia ai molti soldi dello Zenit ma avvera una sorta di sogno, dopo aver allenato e vinto in grandi squadre in Europa – e non essere più in cima ai desideri dei top team – arriva in Nazionale dalla porta principale, quella porta che da calciatore molti allenatori gli hanno chiuso in faccia.

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La Figc si porta a casa una figura sicuramente internazionale e spendibile con gli sponsor più che allarmati dopo la debacle mondiale, che soprattutto segna una chiara rottura rispetto a Ventura. Mancini è un allenatore che può mettere su una squadra buona per gli Europei 2020, ‘girovaghi' ma in cui l'Italia vuole essere molto presente (la partita iniziale si giocherà a Roma e in Italia ci sarà un girone iniziale ed un quarto di finale).

Presupponendo che la vera prima scelta di tutti era Ancelotti, su Mancini non si può che sospendere il giudizio, cercando nelle prime uscite solo di intuire come potrebbe essere il suo ciclo perché il ‘marchio' si vedrà molto più avanti. Questa sospensione di giudizio non è frutto di poco coraggio analitico ma perché del Mancini allenatore si possono serenamente evidenziare elementi molto positivi per l’attuale situazione azzurra ed altri invece che è giusto temere.

  • Partendo dai dubbi, il primo enorme guaio è che le squadre di Mancini si sono sempre imperniate su atleti di prorompente fisicità, soprattutto a centrocampo, forse l’elemento principale che manca alla nostra Nazionale attuale. Se andiamo a rivedere le squadre del passato ci fa molta paura pensare che all’Inter dei successi c’era gente come Stankovic e Vieira, al Manchetser City campione d’Inghilterra tutto girava intorno a Yaya Touré e Milner, o semplicemente pensare che nell’estate del suo ritorno all’Inter Mancini chiese e ottenne Kondogbia e Felipe Melo. Nessun nostro centrocampista ad oggi ha una fisicità pari a tutti questi calciatori.
  • Il secondo problema è sempre una questione di risorse a disposizione e riguarda gli esterni. Giocatori di fascia capaci di essere totali e addirittura di fare regia entrando in mezzo al campo, come i suoi Zanetti, Maxwell, Kolarov e la stessa idea che aveva di Santon, purtroppo naufragata, non ci sono. Abbiamo corridori, marcatori, discreti uomini di gamba e anche bravi nel cross ma il laterale competente in mezzo al campo non c’è. L’unica speranza è Emerson Palmieri ma dobbiamo testarne l’efficacia su grandi palcoscenici.
  • Terzo dubbio è la gestione della vecchia guardia. Mancini non è un allenatore che smussa, ma uno che provoca per avere reazioni. Un atteggiamento del genere è perfetto per chi è in fase di costruzione, ma per chi è già un determinato calciatore che effetto può avere? Chiellini, Bonucci, Florenzi, Verratti, Insigne devono costruire un rapporto di piena fiducia con Mancini e farlo vedendosi per cinque giorni al mese.

Ho voluto esprimere subito i dubbi per poi parlare con serenità delle speranze che invece un commissario tecnico come Mancini può far avverare.

  • La prima è senza dubbio la capacità di mettere dentro, senza rete, i giovani, diventando il vero punto di partenza per un’Italia che deve avviare un processo lungo di ricostruzione e non guardare al brevissimo termine. Mancini ama stupire lanciando i giovani e puntando forte su di loro. La classe 1996-2000 si inizi a riscaldare che presto arriverà il suo turno.
  • Nei suoi tanti anni da tecnico ha sempre dimostrato un’ottima capacità nel far giocare i propri calciatori nella posizione di campo migliore per le loro qualità e potenzialità, un dettaglio che sembra secondario ma che da Ventura in poi sappiamo quanto conta. Un esempio di questo tipo potrebbe essere il suo utilizzo di Balotelli. Tanti allenatori hanno sempre visto Mario Balotelli come un centravanti, capace di giocare anche spalle alla porta. Il miglior Balotelli invece è stato quando Mancini gli ha affiancato una prima punta brava nel difendere palla e muoverla in velocità. Il Balo dell’1-6 allo United nel 2011 ha giocato splendidamente alle spalle di Aguero. E quell’anno Balotelli giocò molto bene anche insieme a Dzeko.
  • Un terzo elemento, fra speranza e consapevolezza, riguarda il fatto che in Nazionale spesso oltre ad idee tattiche chiare e di facile apprendimento serve anche l’esempio. Spesso ex grandi calciatori (due esempi semplici: Beckenbauer con la Germania, Zagallo col Brasile) hanno fatto giocare le proprie nazionali in maniera molto simile al loro essere calciatore. La personalità del Mancini calciatore è una delle cose che più manca al calcio italiano di oggi. Se il nuovo ct riuscisse ad infondere lo spirito di quando indossava la 10 della Sampdoria per i giovani calciatori italiani sarebbe una base perfetta per costruire un rilancio.
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