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“Ci toglie la luce”, una famiglia di Chelsea ferma lo stadio da oltre 1 miliardo di euro

L’esposto della famiglia Crosthwaite si fonda sul ‘diritto alla luce’ che verrebbe leso dai lavori di ampliamento dello Stamford Bridge. Finora ha rallentato i lavori per la realizzazione dell’opera, a breve arriverà la decisione nonostante il progetto abbia ricevuto tutte le regolari concessioni dalle autorità.
A cura di Maurizio De Santis
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Diritto alla luce. E' questa la tesi che la famiglia Crosthwaite ha impugnato in tribunale per difendere la proprietà nella quale vive da 50 anni e che adesso rischia, oltre a non godere più d'un raggio di sole, di vedere anche sminuito il valore di mercato nonostante si trovi nel ricco quartiere Chelsea di Londra. In quella zona il patron dei Blues Abramovich ha deciso d'investire 1 miliardo di sterline (1 miliardo, 125 milioni e rotti in euro) per edificare la nuova casa del club ma almeno finora il progetto per l'impianto più costoso al mondo che si ispira al famoso ‘Nido d’uccello' – quello dei Giochi Olimpici di Pechino 2008 – ha subito rallentamenti per la battaglia giudiziaria dei vicini, il cui giardino è il più vicino alla struttura.

Tutto è cominciato a maggio del 2017 quando i signori Crosthwaite hanno presentato un reclamo, convinti che all'aumento di capienza del nuovo stadio comporti una permanente riduzione della luminosità sulla loro casa. A disegnarlo sono stati gli stessi architetti (Herzog & de Meuron) che hanno realizzato l’Allianz Arena di Monaco e la Tate Modern: è a loro che il magnate russo si è affidato per ampliare la capienza fino a 60 mila posti rispetto agli attuali 41 mila, prevedendo a corredo dell'opera anche negozi, un museo e comode hospitality, servizi economici, culturali e sociali, migliore fruibilità delle infrastrutture della zona.

Per realizzare tutto ciò il Chelsea ha ottenuto i permessi dal sindaco della capitale inglese e può contare sul 97.5% del consenso dei 13mila residenti della zona che hanno espresso parere favorevole in una consultazione pubblica. Alla famiglia Crosthwaite, però, tutto questo interessa fino a un certo punto e ha concesso un'apertura a patto che gli architetti apportino una modifica al progetto tale da non viola il ‘diritto alla luce' contestato dai proprietari dell'edificio adiacente.

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